Ora sono imputati anche per CAMORRA. Regge, nella richiesta di processo, l’accusa sulla mazzetta da 200mila euro da suddividere tra Franco Biondi, Peppe Greco e Carmine Nocera, l’architetto di Michele Zagaria

14 Dicembre 2020 - 12:44

PARCHEGGIO DI VIA SAN CARLO. In calce all’articolo il testo integrale dei capi due e tre in cui l’ipotesi di reato diviene per l’appunto accusa che i pm della Dda sosterranno ad aprile durante l’udienza preliminare che deciderà sul rinvio a giudizio dell’attuale uomo più potente del comune di Caserta

 

CASERTA(g.g.) Al di la dell’uscita dal procedimento (a nostro avviso, non del tutto convincente) del sindaco di Caserta Carlo Marino, i pubblici ministeri della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli hanno confermato e, conseguentemente, consolidato l’idea che s’erano fatti, sin dalle prime battute dell’indagine relativa ai lavori del parcheggio interrato su tre livelli di via San Carlo

a Caserta.

Basta leggere, al riguardo, la riformulazione delle accuse, mosse nei confronti delle 11 persone a cui è stato notificato l’avviso di fissazione dell’udienza preliminare che dunque sancisce la richiesta di rinvio a giudizio, per effetto della quale le gli 11 in questione lasciano lo status di semplici indagati ed assumono per la prima volta quello di imputati che dovranno comparire, nel prossimo aprile, davanti ad un giudice dell’udienza preliminare.

I due personaggi centrali di questa vicenda sono, senza ombra di dubbio, Francesco Biondi, che nonostante tutte queste ombre, ha visto aumentare esponenzialmente, negli ultimissimi anni, il numero di deleghe dirigenziali, garantitegli proprio da quel Carlo Marino che in questa vicenda di via San Carlo, era, all’inizio, a sua volta indagato, salvo poi uscirne nel modo che abbiamo spiegato più di una volta.

L’altro personaggio cardine è Michele Patrizio Sagliocchi, imprenditore di Villa Literno, oggi 71enne e motore della lucrosissima e già citata operazione dei tre piani interrati di parcheggio nel cuore del centro storico della città capoluogo. A Biondi, come abbiamo scritto l’altro giorno, vengono contestati i reati di corruzione e falso ideologico in concorso, aggravati dall’articolo 7, cioè dall’aver, la sua attività, secondo i pm, favorito gli interessi e l’arricchimento del clan dei casalesi, nella fattispecie del gruppo di imprenditori direttamente controllati da Michele Zagaria e dalla sua famiglia.

Come si può leggere dalla formulazione che dà corpo alla richiesta di rinvio a giudizio e che dunque oggi rappresenta la granitica convinzione della Dda, regge, anzi si trasforma da ipotesi di reato ad accusa formale, la vicenda della super mazzetta da 200mila euro che, sempre secondo il pm, sarebbe stata intascata in contanti, suddivisa tra lo stesso Biondi, Peppe Greco che in quel super cantiere avrebbe dovuto svolgere, proprio su indicazione-imposizione di Franco Biondi, la funzione di direttore dei lavori in coppia con un personaggio autenticamente inquietante, cioè a quel Carmine Nocera, ingegnere di Casapesenna, finito in carcere il primo ottobre 2015 insieme a mezza famiglia di Michele Zagaria, sorella Gesualda, nipote Filippo Capaldo eccetera, e che, pur avendo stabilito, manco a dirlo, la sua abitazione di residenza proprio in via San Carlo a Caserta, aveva mantenuto saldi rapporti con Casapesenna, visto e considerato che una delle più pesanti mossa suo carico riguarda la progettazione tecnica, da lui curata personalmente, di uno dei bunker in cui Michele Zagaria aveva trascorso la sua lunga latitanza. Bunker costruito poi materialmente da Gennaro Licenza, così com’è emerso recentemente nell’ultima ordinanza, chiesta ed ottenuta dalla Dda, su 7 persone considerate legate al cartello imprenditoriale di Michele Zagaria.

Carlo Marino era ben a conoscenza dei meccanismi legati a quel progetto visto che Carmine Nocera lo aveva nominato suo avvocato. Avvocato e anche amico, con il quale naturalmente scambiava più di una confidenza, così come si rileva nei documenti di indagine che, a suo tempo, abbiamo lungamente esaminato e su cui decine di articoli abbiamo pubblicato.

Ma andiamo per ordine: Franco Biondi nella veste di presidente della cosiddetta commissione edilizia paesaggistica avrebbe fatto rilasciare, il 22 ottobre 2009, il permesso a costruire attestando, certificando che quel progetto, quei lavori fossero conformi alle previsioni e ai vincoli stabiliti nell’articolo 22 delle Norme Tecniche di Attuazione del piano di recupero di Caserta est, approvato dal consiglio comunale nel 2002, quando, per la cronaca, Carlo Marino era assessore ai lavori pubblici della giunta Falco, in quota Nicola Cosentino e Forza Italia.

Questa attestazione, che materializza il reato di falso ideologico, pure contestato a Biondi, quale strumento per realizzare quello di corruzione attraverso la presunta mazzetta da 200mila euro, avrebbe aperto anche la strada ad una relazione a dir poco taroccata tra i posti auto che in quell’area della città possono essere, norme tecniche di attuazione alla mano, gestiti ad uso privato, il 30% e quelli che devono rimanere ad appannaggio dell’utilizzo pubblico in ragione di una percentuale del 70%. Nel progetto presentato da Sagliocchi quale base costitutiva del permesso di costruire, il rapporto fu rovesciato, dato che i posti auto pubblici erano 131 su 336, cioè il 30 e non il 70%.

Per quanto riguarda l’aggravante dell’articolo 7, i magistrati della Dda, sempre nel documento con cui chiedono il rinvio a giudizio di Biondi, di Nocera, di Sagliocchi ma non di Grecoper il quale si procede separatamente“, confermano l’esistenza di un accordo secondo il quale, nei lavori di via San Carlo sarebbero dovute intervenire, in subappalto, due imprese, la Fontana Trucks srl e la Alba Beton srl, controllate dai fratelli Raffaele e Fabio Fontana, direttamente riconducibili al cartello di aziende in cui Zagaria svolgeva a tutti gli effetti una funzione di socio di fatto, manifestando se stesso in modo da far capire alle amministrazioni pubbliche, partendo dai comuni, che dietro a certe operazioni, c’era lui, c’era la camorra.

Tra le altre cose, i pm, nella loro richiesta formulata al gup del tribunale di Napoli, considerano come realmente accaduto il colloquio tra Sagliocchi ed Antonio Zagaria, fratello minore di Michele Zagaria, ad esito del quale l’imprenditore avrebbe promesso una compartecipazione agli utili di un’iniziativa che dunque era precisamente monitorata in quel di Casapesenna.

 

QUI SOTTO I CAPI DI IMPUTAZIONE CONTESTATI A FRANCO BIONDI