Piero Cappello ‘mo crede di essere diventato Enzo Tortora, ma il Riesame gli ha tolto i domiciliari solo perché non sussistono più motivi cautelari. Ma i gravi indizi di colpevolezza ci sono eccome

1 Dicembre 2023 - 15:54

Il 24 novembre scorso è tornato ad esternare sul suo profilo Facebook, utilizzando la famosa frase di un vero martire della mala giustizia, Enzo Tortora, il quale la pronunciò tornando alla conduzione di Portobello. In quel caso, il grande e popolare presentatore televisivo era stato assolto in via definitiva

CASERTA (g.g.)Piero Cappello ha ricominciato ad esternare, come è nel suo pieno diritto, tramite il suo profilo Facebook.

Se ci permettiamo di segnalare questa cosa è solo perché lui ha utilizzato quella che per noi è una sacra locuzione di un vero e proprio martire della mala giustizia.

Piero Cappello profana – sempre a nostro avviso – la memoria di Enzo Tortora e dandosi delle arie, come ha sempre fatto nella sua vita, inaugura, subito dopo la sua liberazione dagli arresti domiciliari, decisa dal tribunale del Riesame di Napoli, scrivendo: “Dove eravamo rimasti?“.

In pratica copiando di sana pianta la frase che il presentatore pronunciò al cospetto di milioni di italiani quando, avendo conquistato una sentenza definitiva e inappellabile della corte di Cassazione che lo assolveva dalle infamie, dalle accuse di pentiti-jukebox, che intonavano esattamente la canzone richiesta dai pubblici ministeri, Lucio

Di Pietro e Felice di Persia, quest’ultimo inondato di incarichi politici come consulente a tutto in vari enti della provincia di Caserta subito dopo essere andato in pensione, attraversando il disonore di tutti quelli che credevano nella giustizia, nella prima puntata della nuova serie di Portobello, il programma che l’aveva visto trionfare anche con 30 milioni di telespettatori per un solo episodio.

Ora, cosa c’entri Piero Cappello con Enzo Tortora lo può stabilire solo la psicologia di un personaggio che ritiene ancora di poter ostentare una reputazione che ai nostri occhi non ha mai avuto, sin dai tempi in cui era presidente ASI e che men che meno ha oggi, dopo aver letto le intercettazioni in cui, al cospetto di imprenditori collusi con la camorra organizza gare, che tali erano solamente sulla carta, al comune di Calvi Risorta dove al tempo era dirigente nel settore Lavori Pubblici, soprattutto grazie ai buoni uffici del vicesindaco Giuliano Cipro, mega fan di Stefano Graziano, che ha sempre sponsorizzato Cappello anche quando fu nominato nella funzione speculare al comune di Cesa, dove governa un altro sindaco legato a triplo filo con il rosso di Teverola.

Dove eravamo rimasti?” fu una frase che Enzo Tortora si permise di utilizzare dopo che la sua innocenza fu oggetto, sostanza ed essenza di una sentenza della corte di Appello di Napoli e di una sentenza della corte Suprema, non dopo un pronunciamento del tribunale del Riesame di Napoli che ha liberato Piero Cappello (che, giusto per dire, si è fatto togliere una cimice, utilizzando l’esperienza da militare del vicesindaco Cipro) dagli arresti domiciliari, come ha liberato Raffaele Pezzella e Tullio Iorio dal carcere, non perché nella richiesta dei pubblici ministeri della DDA di Napoli, accolta dal gip, mancassero i “gravi indizi di colpevolezza”, ma perché secondo i giudici del citato Riesame non sussistevano più i motivi che giustificano un provvedimento cautelare e cioè una reclusione diversamente motivata da quella frutto di una sentenza passata in giudicato e dell’esecuzione della stessa.

In poche parole, non svolgendo più Piero Cappello la funzione di dirigente dell’Ufficio Tecnico comunale di Calvi, non può né inquinare le prove, né reiterare il reato. Per quanto riguarda il terzo motivo, cioè la fuga, figuriamoci se questo qua lascia la piazza di Caserta dove sguazza da decenni, rappresentandosi come uno degli emblemi della malapolitica di questo territorio.

Tutto questo per amor di verità.