Questo è il CLAN DEI CASALESI e ancora vince. L’elenco delle imprese e dei falsi imprenditori al servizio di Carmine Schiavone. TUTTI gli APPALTI VINTI
6 Dicembre 2019 - 12:21
CASAL DI PRINCIPE – (g.g.) Fino a quando un giudice del tribunale di Napoli e della repubblica italiana non riuscirà a cogliere, in una richiesta di applicazione di misure cautelari, formulata dalla dda partenopea sulla stregua di quella che noi abbiamo definito per semplicità “La contessa” del ristorante di Giugliano dove si svolgevano i summit di camorra, gli elementi per adottarla ed eseguirla realmente, si potrà dire di aver fortemente ridimensionato la struttura militare del clan, ma non si potrà dire, al di la delle centinaia e centinaia di sequestri e di confische effettuate, di aver fermato la camorra imprenditrice, quella in grado di risorgere dalle proprie ceneri e rigenerare, qualora ce ne fosse bisogno, anche un gruppo militare, di nuovi killer, grazie ai tantissimi danari che continua ad incassare, dominando la scena degli appalti pubblici in tutta la provincia di Caserta.
Capite cosa vi diciamo? L’indagine “La contessa” è di gran lunga la più importante compiuta dalla direzione distrettuale antimafia, con il fondamentale ausilio dei carabinieri del nucleo investigativo del comando provinciale di Caserta, degli ultimi anni. Perchè se questa ordinanza non fosse stata, sostanzialmente, depotenziata da un rigetto generale da parte del giudice delle richieste di applicazione delle misure cautelari, oggi potremmo dire veramente che lo stato ha inciso profondamente sulla piovra degli affari, sul controllo di tanti appalti pubblici, realizzato attraverso il sistema fondato sui prestanome, e sulla costituzione di un numero enorme di società, tutte riconducibili al clan, che invadono, monopolizzano letteralmente le procedure di gara in qualsiasi luogo queste vengano attivate.
In questa ordinanza si capisce perchè anche chi racconta e commenta le cose di camorra è, molto spesso, inadeguato. Di solito, stiamo appresso alla nuda cronaca, agli arresti del millesimo fiancheggiatore, dell’ennesimo micro camorrista, al pentimento di questo o di quell’altro boss. Intanto, fuori, la camorra si dimostra viva e vegeta e, come è evidente dagli esiti della richiesta formulata dalla dda sulla indagine la Contessa, difficilmente attaccabile.
Perchè possono stare in galera anche mille camorristi, si può pentire Nicola Schiavone, Sandokan può separarsi legalmente dalla moglie Giuseppina Nappa, ma se Carmine Schiavone, cugino di Vincenzo Schiavone o’petillo e Antonio Schiavone, fratello di Francesco Schiavone Sandokan, rimangono in condizioni di muoversi come si sono mossi, non 10 anni fa, ma nel 2015, nel 2016, cioè nel tempo presente, se a quegli altri due che stanno a Roma, Nicola e Vincenzo Schiavone, il primo persona di famiglia, padrino di cresima, ci sembra, di Nicola Schiavone, figlio del capo dei capi, potranno continuare, nonostante il sequestro dei beni a stare in giro e a mettere in piedi affari con i grandi manager di Rfi, rete ferroviaria italiana, braccio operativo nella attività di costruzioni delle infrastrutture di Trenitalia, fino a quando questi qua potranno tranquillamente collegarsi ad ambienti della massoneria deviata, vecchia piaga, mai completamente rimarginata dell’Italia, dalla P2 in poi, ciò vorrà dire che la camorra del clan dei casalesi è viva e vegeta.
E allora, leggetelo lo stralcio che snocciola una serie di imprese, società di capitali, ma anche semplici ditte individuali, che secondo la dda, Carmine Schiavone muoveva a suo piacimento per vincere le gare a Roccamonfina, a Teano, a Cervino e a Cellole. Gare importanti per milioni e milioni di euro. Oltre ai nomi di queste imprese, leggerete anche i nomi di chi, sulla carta, le rappresentava e che oggi si trova indagato per intestazione fittizia in concorso, per turbativa d’asta, reati aggravati dall’articolo 7 con uno sfondo disegnato con le tinte fosche del riciclaggio del danaro sporco.
Questo lavoro straordinario dei carabinieri e della dda rischia ora di essere vanificato, di affogare in lunghe procedure dibattimentali già in qualche modo condizionate dal fatto che il gip che firmò l’ordinanza, ha ritenuto l’impianto accusatorio fondamentalmente debole, se non addirittura inesistente, partorendo il topolino di due misere sospensioni temporanee dall’attività imprenditoriale imprenditoriale (CLICCA QUI PER LEGGERE IL NOSTRO PRECEDENTE ARTICOLO).
QUI SOTTO LO STRALCIO DELL’ORDINANZA