S.MARIA C.V. “Che retata”: il tribunale sequestra gazebo e dehors di otto noti bar. Ecco i loro NOMI e quelli di TUTTI GLI INDAGATI

5 Febbraio 2021 - 13:32

Si tratta dei locali di cui avevamo scritto tempo fa, colpiti da ordinanza di abbattimento dell’amministrazione comunale, a cui ovviamente non hanno dato mai seguito. Le contestazioni sono 5 e riguardano 3 articoli del codice penale e 2 fondamentali leggi come sono il Testo Unico dell’Edilizia e il codice dei beni culturali e del paesaggio

 

SANTA MARIA CAPUA VETERE(g.g.) E’ trascorso qualche anno dal momento in cui scrivemmo alcuni articoli, corredati da foto che andammo a scattare sul posto, sul fenomeno grave dell’abusivismo dei gazebo e delle altre strutture ricettive, antistanti a bar e locali di Santa Maria Capua Vetere.

Appuntammo la nostra attenzione soprattutto su quelli che costeggiano l’arteria, la strada che conduce all’Anfiteatro, passando di fronte a quello che noi consideriamo l’anti anfiteatro, l’anti cultura, l’anti civiltà per antonomasia, cioè quella vera e propria schifezza di immobile dove insiste un ristorante che ci sembra si chiami Amico Bio. Ieri, su quelle ordinanze dell’amministrazione comunale che a nostro avviso, però, colpivano solo in minima parte questo particolare tipo di abusivismo, si è agganciata una importante iniziativa dell’autorità giudiziaria: il gip del tribunale di Santa Maria Capua Vetere Federica Villano ha firmato un decreto di sequestro preventivo di 8 strutture.

Alcune incardinate nel centro cittadino, due nella zona dell’Anfiteatro.

I reati contestati sono sempre gli stessi e vanno dalla presunta violazione dell’articolo 44 del ben noto (naturalmente a noi) dpr 380/2001, conosciuto come Testo Unico dell’Edilizia, una delle fonti di diritto più violate in Campania e soprattutto in provincia di Caserta, così come abbiamo più volte scritto e spiegato, alla ugualmente presunta violazione degli articolo 633 e 639 bis del codice penale. E ancora, sempre rimanendo al codice penale anche dell’articolo 650. Solamente per i due bar della zona Anfiteatro, viene contestata agli indagati anche la violazione dell’articolo 181 del decreto legislativo 22 gennaio 2004 n.42 meglio noto come codice dei beni culturali e del paesaggio.

Nel dettaglio, l’articolo 44 del Testo Unico sull’Edilizia colpisce chi esegue “dei lavori in totale difformità o assenza del permesso o di prosecuzione degli stessi nonostante l’ordine di sospensione“, con una previsione di pena variabile tra i due anni di reclusione e un’ammenda che può variare da un minimo di 5.164 a un massimo di 51.645 euro. L’articolo 633 del codice penale regola il reato di invasione di edifici e terreni altrui, pubblici o privati.

Siccome nel caso di Santa Maria Capua Vetere, l’invasione contestata riguarda sempre aree pubbliche o volumi di immobili pubblici, occorre applicare anche l’articolo 639 bis che rappresenta una sorta di passe partout per consentire alla procura inquirente di attivare l’azione penale d’ufficio e non collegandola ad una querela di parte come accade ad esempio quando l’invasione riguarda aree private.

Inoltre, l’articolo 650 punisce chi si rende colpevole di inosservanza dei provvedimenti dell’Autorità con una pena detentiva di un massimo di tre mesi che può declinare verso un’ammenda fino a 206 euro.

La quarta contestazione, cioè quella relativa solamente ai locali della zona Anfiteatro riguarda, come già abbiamo scritto prima, l’articolo 181 del decreto legislativo n.42 del 22 gennaio 2004, codice dei beni culturali e del paesaggio, che connette al già citato dpr 380/2001, cioè al Testo Unico dell’Edilizia, un particolare tipo di violazione, illustrato proprio dall’articolo 181 del codice dei beni culturali che punisce con la sanzione del dpr cioè pena detentiva fino a due anni o ammenda da 5.164 a un massimo di 51.645, anche chi “senza la prescritta autorizzazione o in difformità di essa, esegue lavori di qualsiasi genere su beni paesaggistici“.

In poche parole due bar dell’Anfiteatro ricevono una contestazione legata al Testo Unico dell’Edilizia sia per quanto riguarda la violazione di carattere generale, relativa alla costruzione sine titulo, sia alla contestazione, distinta dalla prima, di carattere specifico che collega alla struttura sanzionatoria dell’articolo 44 del dpr del 2001, alla specifica procedura da applicare per i beni culturali, con l’obiettivo di ricevere le dovute autorizzazioni.

Fin qui la struttura giuridica del provvedimento. Per questi reati risultano indagati Raffaele Fabozzi, Antonella Viglione e Anna Caruso alternatisi nel tempo nella titolarità della Santeria Cafè di Piazza Massini; Emilio Agrillo titolare della Alma Cafè sas via Mazzocchi, Anna Vastano, Bar Tazza d’oro, piazza Mazzini, Justyna Halabis di Halabis Cafè srl di Corso Garibaldi, Vittorio Piccirillo di V. e F. srl e Angelo Cepparuto di “Nuova Appia srl”. Infine i due titolari dei locali di zona Anfiteatro, Pasquale Romano della Yepnope srls e Vincenzo Sciammarella della Te.Sa srls, su cui grava, come abbiamo già scritto anche la quarta contestazione.

Le ordinanze di abbattimento e di ripristino del vecchio status quo hanno riguardato solitamente “struttura in alluminio chiusa a tutt’altezza con elementi fissi trasparenti nella parte bassa e mobili in quella alta” o “dehors in aderenza ad un fabbricato, senza lasciare una zona pedonale, a fronte dell’autorizzato dehors dalle dimensione di 23.10 mq con tavolini e sedie a corredo.

Sempre in una condizione in cui i titolari avevano titolo a impiantare questi dispositivi di accoglienza, ma di queste autorizzazioni hanno vanificato la conseguenza, andando sempre al di la con gli spazi occupati.