7 ARRESTI. Frode fiscale da 133 milioni di euro. Perquisizioni e sequestri nel Casertano

22 Novembre 2022 - 12:14

CASERTA – Sette arresti (uno in carcere e sei ai domiciliari) più una misura interdittiva: è l’esito di un’operazione svolta questa mattina dai finanzieri del Comando provinciale di Lecce, con il supporto tecnico del Servizio centrale investigazione criminalità organizzata, nell’ambito di un’indagine con epicentro a Racale e diramatasi anche in altre città italiane. Le misure sono state firmate dal giudice per le indagini preliminari di Lecce, su proposta della locale Procura.

Agli indagati, nelle diverse vesti di promotori, organizzatori, amministratori, prestanome e liberi professionisti, sono contestati i reati di associazione per delinquere, emissione e/o utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, riciclaggio, autoriciclaggio, sottrazione al pagamento delle imposte e bancarotta fraudolenta.

L’attività riguarda, in particolare, un “operatore professionale” del commercio di oro, metalli preziosi ed oro da investimento, iscritto nell’apposito elenco della Banca d’Italia, la cui sede principale è a Racale, con diramazioni a Catanzaro, Roma, Arezzo e Marcianise. Secondo gli investigatori delle “fiamme gialle”, l’operatore sarebbe al centro di una fitta rete di società cartiere (italiane ed estere) e di un complesso sistema di frode fiscale e riciclaggio internazionale di denaro.

Nei confronti delle società di capitali coinvolte e delle persone fisiche aventi ruoli di responsabilità all’interno, il gip del Tribunale di Lecce ha disposto il sequestro preventivo – anche nella forma dell’equivalente di valori e risorse finanziarie per oltre 133 milioni di euro, quale profitto dei diversi reati contestati. Sotto sequestro anche tre fabbricati per uso commerciale e artigianale, un intero ramo d’azienda, del valore di circa 1 milione e 400mila euro, in relazione ai reati fallimentari contestati.

Le indagini, avviate sulla base di autonome attività ispettive, tributarie e bancarie, condotte nei confronti del suddetto “operatore professionale” dal Nucleo di polizia economico-finanziaria di Lecce e successivamente coordinate dalla Procura della Repubblica di Lecce, avrebbero disvelato un complesso sistema di frode fiscale, sistematicamente esteso in ambito intra ed extra europeo, ovvero fra Portogallo, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia, Ungheria, Gran Bretagna, Albania, Australia e Svizzera.

Le investigazioni, sviluppate da specialisti verificatori e, parallelamente, dai militari del Gruppo d’investigazione criminalità organizzata, avrebbero fatto emergere che i titolari della società salentina, con il concorso di alcuni professionisti, facendo ricorso a un’articolata rete di prestanome, molti dei quali partecipanti nell’associazione per delinquere, dal 2016 al 2020, avrebbero utilizzato diverse società “cartiere”, al di fuori dell’Italia,  verso le quali sarebbero state bonificate ingenti somme di denaro giustificate con l’emissione di fatture per operazioni inesistenti, idonee a simulare l’acquisto di “partite” d’oro dall’estero.

Quasi contestualmente, le ingenti liquidità bonificate dalla società salentina presso banche per lo più estere, attraverso rilevanti prelevamenti di denaro contante, sarebbero state ritirate e reintrodotte sul territorio nazionale, in parte anche utilizzate per ulteriori transazioni finanziarie “estero su estero”, innalzando la complessità degli accertamenti e facendone perdere ogni tracciabilità con l’originaria provvista. Si è calcolato che in un solo triennio, sarebbero stati ritirati per contante, all’estero, 120 milioni di euro, suscitando conseguente allarme anche presso le autorità estere.

Il presunto sodalizio criminoso, per impedire all’erario di incassare le ingenti imposte non pagate, con una serie di atti dispositivi fraudolenti si sarebbe liberato in modo fittizio degli asset patrimoniali della società – destinata a una irreversibile situazione di dissesto e poi fallita – trasferendoli a un’altra società, che esercita nel medesimo campo e riconducibile di fatto alla stessa governance. Di conseguenza, secondo un preordinato schema illecito, la sede sarebbe stata trasferita fittiziamente in Bulgaria nel tentativo di evitare o sottrarsi ad eventuali conseguenze giudiziarie civili poste in essere dai creditori (in primo luogo l’erario). L’operazione ha interessato diverse province italiane (Roma, Bari, Catanzaro, Arezzo, Barletta e Caserta), anche per perquisizioni e sequestri.