L’EDITORIALE. Stavolta “chi ride fott’ a chi chiagn'”. Ve l’abbiamo raccontata noi la storia degli ospedaletti da 20 milioni targati De Luca. Da soli a combattere mentre altri giornali e le tv tacevano
7 Agosto 2020 - 12:27
Almeno 60 articoli e la testardaggine di scriverne ogni giorno un altro, nonostante il fatto ch quelle ragioni esposte da CasertaCe e NapoliCe erano ignorate e circondate da un cordone sanitario, in modo che potesse risaltare il cabaret di De Luca. La figura inquietante di Luca Cascone
di Gianluigi Guarino
Negli ultimi giorni, ci siamo seduti in poltrona e ci siamo goduti lo spettacolo. Lo spettacolo di quei giornali (escluso Repubblica, il resto è stato solo genuflessione) che nei giorni del covid hanno fatto sì che il governatore della Campania Vincenzo De Luca un personaggio internazionale, uno showman della politica, la cui voce non a caso è stata scelta dalla Ceres, assieme a quella di Berlusconi, nello spot in onda su tutte le reti pubbliche e private in questi giorni. Ora, siccome si è mossa la Procura di Napoli, dunque un potere influente che si contrappone nella circostanza ad un altro potere pure influente, questi giornali, ovviamente Il
Oggi, ritorniamo a scrivere di un argomento “nostro”, dato che per dirla alla PippoBaudo e alla CrozzaDeLuca, “quegli ospedaletti li abbiamo inventati noi”. E lo facciamo per i lettori di CasertaCe e NapoliCe, fortunatamente tanti, primi, unici e incontestabili testimoni di quanto questo giornale si sia speso, sia nella sua versione casertana, sia in quella napoletana, per raccontare la storia dei cosiddetti ospedaletti covid. Che poi bisogna chiarire bene, perché anche in questi giorni lo stanno spiegando male, non sono altro che i tre impianti voluti dal governatore De Luca a Napoli, zona Ospedale del Mare, a salerno e qui da noi, con la sola funzione di insediarvi terapie intensive.
Cinquanta, probabilmente sessanta articoli in cui carte alla mano abbiamo dimostrato l’assurdità di quella spesa di 20 milioni di euro per mettere in piedi baracche, poco più o poco meno, dei capannoni somiglianti a quelli industriali, senza collegare l’iniziativa ad un effettivo controllo dei flussi epidemiologici della Campania. Ci siamo concessi anche qualche battuta in quel periodo, utilizzando il registro dell’umorismo nero, che appartiene alla nostra cultura (perché di cultura con la C maiuscola si tratta) di goliardi e liberali. Quando De Luca, nelle sue esibizioni dense di cretinerie dialettiche insulse ed inutili, faceva riferimento ai cosiddetti portaseccia, noi gli ribaltammo il concetto e gli dicemmo che i menagramo non andavano allontanati, ma lui, il governatore, li doveva arruolare, perché quella cifra dei ricoverati in terapia intensiva, in discesa stabile, avrebbe messo a nudo la vergogna e le ombre legate alla costruzione dei cosiddetti ospedaletti. Tra cui anche quello di Caserta, visitato in pompa magna e in pieno lockdown da De Luca assieme a quel sindaco frescone che ci ritroviamo. Occorreva una bella seccia per invertire la tendenza e far arrivare la cifra in rianimazione molto al di là di quel numero di 160/17 che si riusciva a gestire con i reparti già esistenti nelle strutture sanitarie della Campania e che, a più di un anno dell’approvazione del Piano ospedaliero, che ne prevedeva il raddoppio, non avevano goduto di un solo interfento da parte della Regione, rimanendo i posti letto bloccati agli stessi numeri di prima nonostante gli annunci eclatanti con cui nel novembre 2018 con cui De luca aveva annunciato alle folle il suo new deal della sanità, tutto scritto nel citato piano ospedaliero, largamente disatteso e non solo per quel che riguarda i posti letto di rianimazione.
Ma purtroppo per De Luca, i portaseccia si sono tenuti lontani e anche in questi giorni di recrudescenza, il covid-19 sembra essersi un po’ rammollito, se è vero come è vero che di fronte all’impennata di nuovi positivi, il numero dei deceduti resta fortunatamente molto basso e quello delle terapie intensive invariato, a livelli di 41 su dato nazionale. Insomma, l’indagine della Procura della repubblica di Napoli potrà essere annacquata solamente da un altro colpo di culo che si affianchi all’avvento di questa pandemia, la quale ha letteralmente cambiato in senso favorevole il destino politico di Vincenzo De Luca. Occorrerà che il virus si re-incazzi e attacchi duramente gli apparati respiratori, determinando la necessità di un’integrazione dei posti letti in terapia intensiva. Quindi portaseccia cercasi ancora (e anche piuttosto disperatamente).
E attenzione, quando il fresconissimo fratacchione salernitano affermò che in una situazione di emergenza e di epidemia montante, quegli insediamenti erano fondamentali, dato che non si poteva telefonare al virus per chiedergli se, come e quando si sarebbe ulteriormente prorogato. Noi, che ameremmo ingaggiare a singolar tensone in un bel faccia a faccia con il governatore di cui non temiamo sicuramente la verve dialettica, scrivemmo che un modo ci sarebbe stato per mettere insieme le due seguenti ragioni. Quella di non buttare via milioni e milioni di euro proponendo procedure di appalto affidate, chissà perché, trattandosi di Sanità, al presidente della commissione Trasporti Luca Cascone (ma forse il perché si capisce fin troppo bene, essendo il suddetto un soldato fedelissimo del governatore, uno che non tradirà mai); e quella di essere vigili e pronti qualora il covid si fosse propagato ancor di più in Campania, il ché non era da escludere, in considerazione del numero vergognosamente basso che De Luca e i suoi hanno fatto fare ai corregionali.
La soluzione si trovava già lì, a portata di mano: c’erano gli ospedali zonali dell’Asl vuoti, quello di Capua e di Teano, ma allo stesso tempo reduci da recentissimi e profondissimi lavori di ristrutturazione che li abilitavano ad organizzare reparti covid di terapia intensiva in pochissimi giorni, come dimostrammo con tanto di testimonianze e documentazioni, evitando in questo modo anche di andare a crear problemi all’ospedale di Maddaloni, il quale, con la scusa del covid, è stato in pratica accoppato da De Luca.
Sarebbe stata un’operazione a costo zero o quasi. Invece, il fresconissimo salernitano da questo orecchio non ci ha proprio voluto sentire. Per cui, ai nostri occhi e alle nostre orecchie, in quelle giornate di marzo e di aprile sopratutto, è risultato chiarissimo che l’obiettivo vero non era rappresentato dalla volontà di metter in sicurezza il territorio, di garantire, attraverso un’azione di prevenzione strutturale, la possibilità ad ogni campano di essere validamente curato nella propria regione, qualora fosse stato colpito da una forma complicata di covid, ma era, invece, collegato alla sola volontà di muovere soldi, di utilizzare la solita Soresa per realizzare appalti che poi hanno fatto il bene e hanno arricchito alcune e forse ben definite imprese, che giustamente e legittimamente voteranno e soprattutto faranno votare De Luca alle prossime elezioni del 20 e 21 settembre.
In un processo sul quale De Luca, giusto per convincerci ancora di più di quella che era già un’evidenza, ha voluto sempre direttamente porre il suo controllo, visto e considerato che Cascone è presidente di una commissione consiliare che nulla c’azzecca con la sanità e nonostante questo, grazie solo al requisito della fedeltà e ad una sorta di giuramento del sangue che lo lega al governatore, è stato messo a presidio di quell’impressionante traffico di quattrini che si è sviluppato dalle parti di Soresa in quei tragici giorni in cui tantissimi piangevano e in cui pochissimi ridevano, anzi sghignazzavano, essendosi arricchiti su questa disgrazia mondiale.