L’EDITORIALE. L’ omicidio di via Vico, I “cazzi suoi” di Carlo Marino e i “cazzi amari” dei casertani
30 Agosto 2021 - 09:23
Gianluigi Guarino
Non possiamo affrontare convenzionalmente le fasi dell’approfondimento e della riflessione sull’episodio consumatosi nella tarda serata di sabato , in via Giovanbattista Vico, risoltosi con la tragica morte del giovanissimo diciottenne di San Marco Evangelista Gennaro Leone, ucciso, a quanto pare, da un giovane di Caivano, con una coltellata letale, che gli ha reciso l’arteria femorale, causandone la tremenda fine per dissanguamento .
Non possiamo essere canonici, latori; di un messaggio di sola maniera. Non possiamo, insomma, essere minimalisti, ponendoci il problema di coscienza, tale da indurci a non sviluppare valutazioni politiche con il corpo di un ragazzo morto ancora caldo.
Casertac’è non si può estraniare da quello che ritiene un proprio dovere. Non può e non lo farà, per il semplice motivo, peraltro arci – conosciuto dai nostri tanti lettori, che sul tema della sicurezza nelle strade del centro della città capoluogo, soprattutto durante le serate dei fine settimana, abbiamo speso tantissime energie, mettendolo al centro della nostra proposta editoriale, spingendo costantemente in avanti un discorso mai demagogico, in quanto costantemente, inesaustamente argomentato e documentato.
Un’attività costruita sui principi della nostra professione e che, in ogni suo capitolo, in ognuno dei cento e più articoli da noi dedicati al tema, ha sempre sottolineato la relazione tra il nostro sforzo giornalistico e il connotato delicatissimo di una questione di assoluta, cardinale importanza, considerato che la sicurezza e la tranquillità con cui si vive nel centro della città, dove insiste anche il cuore delle attività produttive del terziario commerciale e dov’ è situato il corridoio che conduce all’ingresso della Reggia vanvitelliana è, ripeto, è condizione necessaria , fatto propedeutico a tante altre cose che dovrebbero svilupparsi positivamente, costituendo l’architrave di un’ inversione di rotta nei processi di convivenza civile e , di conseguenza e in successione, una organizzazione decente, rispetto all’indecenza del presente, di una vita ordinata, rasserenata, grazie alla quale le attività produttive possano svilupparsi, creando reddito e, dunque,; posti di lavoro e occupandosi, finalmente, con serietà e quindi anche con spirito autocritico da parte dei commercianti, dei processi di modernizzazione della loro offerta, ancora ancorata a strumenti che altrove già riempiono gli scaffali dei musei dell’archeo marketing. Nessuno, ripetiamo, nessuno può, dunque, consentirsi, in questa tragica giornata, di affermare che Casertac’è stia cavalcando l’onda dell’emotività, scatenata da questo orrendo omicidio . Nessuno può permettersi perché noi avevamo avvertito più volte le autorità, perché noi da anni sostenevamo che da un momento all’altro ci sarebbe scappato il morto. Andate nel nostro archivio e vi renderete conto di quanti titoli e di quanti articoli sono sono stati pregnati di questa inquietudine sempre basata su ragionamenti pensanti e pensosi e su uno sforzo argomentativo, che non abbiamo mai fatto mancare. Non siamo delle Cassandre, non siamo dei veggenti .
Quello che è successo sabato sera, è capitato, tutto sommato, anche tardi rispetto a una condizione di nuce che esiste da tempo, grazie alle limitazioni del Covid. Ed il Covid ha ritardato l’evento ferale , neutralizzando, con una sorta di moratoria, queste condizioni di assoluta (s)governo della città di Caserta, che somiglia – in questo stato è stata ridotta da chi l’amministra- a quella “Povera Patria”, del cui degrado materiale e morale cantò il grande e compianto Franco Battiato, in una delle sue canzoni più belle, più dolorose e anche più rabbio ose.
Credeteci; oggi facciamo veramente fatica a commentare ciò che il sindaco di Caserta Carlo Marino ha scritto e pubblicato, commentando l’omicidio di via Vico. Farsescamente e, visti i precedenti, con supremo sprezzo del ridicolo, annuncia una stretta sul fronte dell’ ordine pubblico. Quello che fa paura di quest’uomo , sì, proprio così, di quest’uomo, prim’ ancora che di questo politico, è il suo ineffabile cinismo, chiaramente esposto nel suo ghigno, in quel suo sorrisetto (così lo definirebbe il governatore De Luca), perennemente stampato sul suo volto. Un cinismo insediato sulla sua anaffettività, che lo ha sempre portato, sin dai tempi in cui faceva l’assessore ai Lavori Pubblici ed era il numero due, massimo tre, di Forza Italia, in provincia di Caserta, a considerare la città uno strumento da utilizzare per la propria carriera politica e professionale, non lasciando, al netto del ritualismo parolaio, nessuno spazio autentico ad un’applicazione di sé, a una finalità, poggiata sull’affetto per i suoi concittadini e su un reale sentire identitario.
Lui per primo sa quante volte è stato chiamato in causa sulle questioni della cosiddetta movida selvaggia; lui sa bene quante volte il nostro giornale, ma anche altre agenzie della democrazia e del libero pensiero, hanno dimostrato con i fatti che la città era ormai completamente abbandonata a se stessa, preda delle peggiori bande di micro criminali, degne di quelle della Harlem pre anni Ottanta, pre Rudolph Giuliani, e di quelle della suburra paulista del Brasile Lo sa, eppure, come se niente fosse, scrive, annunciando una riunione del comitato di coordinamento e sicurezza dell’ordine pubblico, esattamente come ha fatto lo scorso 22 giugno quando, all’ indomani di un altro, gravissimo episodio, che solo per miracolo non è sfociato nello stesso epilogo di sabato, espose esattamente lo stesso post, con le medesime parole e col medesimo annuncio.
Una dichiarazione che, per noi, fu un gioco da ragazzi demolire, bollando, come potete rendervi conto dall’immagine che pubblichiamo in alto e in evidenza, quell’ ennesima frase buttata lì, giusto per “far vedere” e per coglionare per l’ennesima volta i casertani, era solamente una supercazzola alla Ugo Tognazzi e alla Mario Monicelli e che, essendo tale, sarebbe rimasta assolutamente, ineluttabilmente lettera morta, l’ ennesimo annuncio sull’avvento dell’inutilità.
Questo qui considera veramente, e, credetemi, non lo dico per dire, una perdita di tempo, nell’economia della sua vita, l’ occuparsi delle buche, del decoro urbano, del traffico impazzito del caos imperante, delle auto parcheggiate in seconda , terza e anche quarta fila, che ogni mattina dipingono Caserta come un girone dantesco, come una città della peggiore specie, che somiglia a certe città delle antiche repubbliche delle banane centro – americane o ad altre del Sud America, in cui, l’unica vera eccellenza era costituita dalla corruzione. Essere casertano e poter indossare la fascia tricolore sono, infatti, posizioni che gli consentono di dedicare, ogni giorno, il cento per cento dei propri pensieri e delle proprie azioni agli “affari suoi”, anzi ai cazzi suoi, regalando ai casertani, che però un po’, anzi, un bel po’ se lo meritano, una fornitura monumentale di cazzi amari.