L’ecologismo di facciata, il peggiore dei mali

20 Ottobre 2021 - 09:30

Scommettiamo che esiste qualcosa di ben peggiore del fenomeno dei cambiamenti climatici dovuto al surriscaldamento globale del pianeta Terra tramite incontrollata emissione di gas serra? Se non ci credete, molto probabilmente è perché non avete ancora familiarità con il termine greenwashing

. Per greenwashing si intende quell’ecologismo di facciata tipico di imprese e aziende che presentano le loro attività come ecosostenibili, nonostante non lo sono per nulla! Si tratta di un escamotage messo in piedi da parte di alcune società per poter spingere l’acceleratore sui profitti, dando ai consumatori un’immagine virtuosa di sé per nulla veritiera. Detto altrimenti, il consumatore è attratto, molto spesso inconsapevolmente, da quelle sofisticate pratiche/strategie di marketing che da un lato promuovono solo a parole il rispetto per l’ambiente e dall’altro lato cercano di nascondere azioni il cui impatto ambientale negativo risulterà col tempo ben visibile. La lista è lunga, e include aziende come Coca Cola, Walmart, Levissima e Sant’Anna, tanto per citarne alcune. Fare i nomi in questo caso specifico è d’obbligo, perché nel nostro piccolo siamo convinti che maggiore sarà la consapevolezza del fenomeno chiamato greenwashing e maggiore sarà l’attenzione del consumatore che sceglierà con cura se relazionarsi o meno con determinati produttori. Non è nostra intenzione fare i nomi per instillare nel lettore velleità di boicottaggio ma lo facciamo perché in generale crediamo sia ora di aprire gli occhi; ne va del futuro del nostro amato pianeta, anche se tale affermazione potrebbe apparire a molti esageratamente catastrofista. Se tutti noi sovrintendessimo il comportamento delle aziende con cui ci relazioniamo nel quotidiano, la Terra ne trarrebbe sicuramente beneficio! D’altronde attraverso piccoli gesti si può fare tanto, e tale affermazione in questo caso specifico è più di una semplice frase fatta. Detto questo, cercheremo dal prossimo paragrafo in poi di capire meglio cosa sia il greenwashing, e perché dobbiamo schierarci compatti per sconfiggere questo che risulta essere il peggiore dei mali dopo il fenomeno dei cambiamenti climatici.

Esempi da non imitare. Mai.

Aziende che promuovono i loro prodotti definendoli sostenibili, e dunque rispettosi della natura, o che creano siti ad hoc per trasformare i loro brand in brand virtuosi sono solo alcuni esempi di greenwashing, che nulla ha a che fare con le vere pratiche green, come possono esserlo quelle relative alla raccolta della plastica, come la Giornata Nazionale di ‘Plastic Free’ tenutasi il giorno 26 settembre in tutta Italia e in particolare presso la Valle di Maddaloni. Questa bella iniziativa è una delle tante belle iniziative che promuovono quella responsabilità eco-solidale che vede nella Giornata della Terra l’evento più conosciuto. Tuttavia celebrare l’evento più conosciuto il 22 aprile di ogni anno risulta essere un esercizio sterile se non accompagnato da azioni concrete, perché l’emergenza ambientale è presente un po’ ovunque da nord a sud dello Stivale, e il caso Terra dei Fuochi in questo senso è esemplare. Un’azione concreta potrebbe essere quella di condannare tutte le pratiche di greenwashing, non acquistando quei prodotti che inquinano o che comunque incidono sull’aspetto sociale, visto che ogni filiera produttiva è “fatta di persone”. Come consumatori abbiamo dunque un grande potere, un potere da esercitare assolutamente, così da offrire il nostro piccolo contributo per un mondo migliore, mondo migliore che lasceremo alle generazioni che verranno dopo di noi.

Il caso Boohoo

Non potevamo concludere questo articolo senza entrare nello specifico di una di quelle pratiche di greenwashing che dobbiamo tutti insieme condannare. Qui vi proponiamo il caso Boohoo. Boohoo è un’azienda che opera nel settore dell’e-retailing, e che si occupa di vestire a basso costo donne e uomini grazie a capi pensati e realizzati per rispettare il pianeta, o almeno così era quello che cercava di farci credere attraverso l’hashtag #forthefuture utilizzato per condividere post sulla carta estremamente virtuosi. Ben presto si è scoperto però che l’abbigliamento proposto conteneva piccole quantità di poliestere riciclato, materiale che non rispetta affatto il pianeta, obiettivo sostenuto a più riprese da parte di Boohoo. Ecco a voi uno dei tanti volti che può assumere quel fenomeno chiamato greenwashing.