CONSORZIO DI BONIFICA. Il sopruso del forte contro il debole: a otto mesi da una semplice richiesta di accesso agli atti, mister Camillo Mastracchio, quello di Claudio Schiavone, risponde che è una istanza che spreca danaro pubblico

21 Novembre 2023 - 13:28

Di solito, da quando ci occupiamo delle vergogne di questo ennesimo carrozzone clientelare, e clientelare è dire poco, passiamo da un argomento all’altro velocemente. Ma stavolta ci siamo appassionati non tanto per il fatto in sé, visto che non dobbiamo convincerci che questo qua delle leggi se ne frega, ma perché un consorziato che combatte una battaglia impari contro il mandarino rotto a tutte le esperienze amministrative, ha un tratto di emblematicità che spiega tante cose. Naturalmente questo articolo lo leggeranno in 15 e puntualmente sarà snobbato, come succede da decenni, da chi dovrebbe garantire il rispetto delle leggi. Il consorziato ha spedito per conoscenza questi atti all’assessore regionale casertano Nicola Caputo e al presidente De Luca. Non sappiamo se per esaudire la sua coscienza o perché, per inguaribile speranza da arginare con un Tso immediato, crede veramente che questi qua, complici del sistema, possano realmente intervenire

CASERTA (Gianluigi Guarino) – Scrive Camillo Mastracchio, direttore generale del Consorzio di Bonifica, nonché responsabile della Prevenzione della Corruzione e della Trasparenza, ma anche l’uomo che – aggiungiamo noi – qualche anno fa, da capo dell’ufficio tecnico, ha firmato decine e decine di determine che, con procedure di affidamento a dir poco discutibili, allegre anzi allegrissime, ha permesso a gente come Claudio Schiavone, ospitato per diverso tempo nelle patrie galere, considerato il braccio operativo del clan dei Casalesi in molti uffici delle amministrazioni pubbliche a partire da quelli del Consorzio di Bonifica del Basso Volturno, a cui poi si è aggiunto in fusione quello Aurunco, per non parlare poi di altri affidamenti alle ditte di D’Aniello di Casapesenna:

“L’ultima diffida del tutto fuori luogo, come evidenziato, ha comportato e comporta un inevitabile dispendio di risorse dei contribuenti”.

Noi non vogliamo sputare sentenze su Mastracchio.

Vorremmo, però, confrontarci con lui e al riguardo chiediamo al commissario Francesco Todisco, di un ente ormai commissariato a vita, di autorizzarlo.

Vorremmo confrontarci con Camillo Mastracchio sulla sua biografia professionale, portando i nostri documenti e ascoltando le sue tesi, in contraddizione con le nostre. Vorremmo che a questo confronto presenziasse un arbitro, magari un giudice di pace della Val Pusteria, del Tirolo del Sud il quale, dopo aver introitato le nostre tesi, i nostri atti amministrativi che le sostengono, i nostri articoli e le tesi in contraddittorio di Camillo Mastracchio, formulasse una valutazione su quelle che sono state le modalità con cui il suddetto ha servito la Repubblica Italiana nella trasparenza e nella stabile tensione verso il bene comune, tutelando prima di tutto la corretta e morigerata questione dei soldi che gli ormai stremati contribuenti del Consorzio di Bonifica versano nelle casse di questo ente.

Ha visto, commissario Todisco? Non abbiamo usato un solo aggettivo roboante, che esprimesse un giudizio di valore pesante. Noi vogliamo confrontarci con il signor Camillo Mastracchio. Le chiediamo solo questo.

Lei in passato ci ha voluto incontrare e sulla base di quella disponibilità che lei, a parole, ci ha dato, riscontri almeno con un sì o un no questa nostra richiesta.

Autorizzi Mastracchio e poi ce la vedremo noi per cercare di convincerlo a partecipare a questo confronto.

Perché se uno scrive che una semplice richiesta formulata da uno o più cittadini, nel caso specifico da un consorziato ai sensi della legge 241/90, cioè dell’abc di una democrazia che vuole solo affermare se stessa attraverso la possibilità data ad un anello debole di conoscere quello che fa l’anello forte, allora lo deve spiegare pubblicamente Mastracchio, perché lui, quello degli affidamenti di milioni e milioni di euro accumulati nelle casse di famiglia di Claudio Schiavone, D’Aniello e tanti altri, sostiene a otto mesi di distanza, avete letto bene otto, che questa richiesta di accessi agli atti rappresenta uno spreco di danaro pubblico.

La verità, commissario, è che voi del Consorzio non volete far uscire le carte perché avete evidentemente migliaia e migliaia di scheletri nell’armadio.

Ora diciamo pure che la nostra affermazione è apodittica, almeno nel contesto di questo articolo, basata su una verità a priori, ma che noi abbiamo maturato in 10 anni di articoli su questo orrendo carrozzone.

Diciamo pure che è apodittica, ma non è invece tale l’affermazione che con questo vostro comportamento ostruzionistico, stabilmente ostruzionistico, voi date l’idea di avere migliaia di scheletri nell’armadio.

Il problema è che questo articolo, come altra centinaia scritti negli anni, sarà snobbato dalla magistratura e letto solo da pochi addetti ai lavori in una provincia di autentici ignoranti che fanno fatica anche a leggere il Televideo.

Un’ignoranza che vi ha prodotti e che vi mantiene in salute con la vostra mentalità, la vostra incultura di governo, le vostre mani in pasta costantemente impiastricciate.

Di articoli del genere ne abbiamo scritto a tonnellate. Se a Caserta ci fosse stato il 10% della cultura media che c’è a Siena, a Firenze, a Sondrio, a Venezia, a Trento, non sappiamo dove voi stareste, ma sicuramente lei, Todisco, non sarebbe il commissario del Consorzio di Bonifico, che peraltro non sarebbe più commissariato come è da 8 anni, e lei, Mastracchio, starebbe a meditare forse a casa sua.

Ci tocca per coscienza, ma non perché abbiamo speranza che voi ve ne “fottiate” di questo nostro intervento e soprattutto senza nutrire la speranza più che se ne “fottano” le istituzioni preposte (ma poi preposte a che?) questa vicenda incredibile.

Nel febbraio scorso un consorziato presenta una richiesta di accesso agli atti per acquisire “le deliberazioni poste in essere dal commissario straordinario (Francesco Todisco, ndd)”.

Da febbraio ad aprile la richiesta è rimasta inevasa. Ma il povero consorziato che in provincia di Caserta è una sorta di milite ignoto al contrario, considerando i milioni di persone che inneggiarono e si inchinarono al treno che portava quella bara dalla Venezia Giulia a Roma, da noi non lo caga invece nessuno, non trova in dispregio ad ogni norma sulla trasparenza, decreto legislativo 33, regolamenti comunitari, 97 del 2016 che elabora il decreto 33, ecc., un solo atto amministrativo pubblicato nel sito del Consorzio di Bonifica.

Che cavolo (ci siamo autolimitato. raggiungendo già il massimo delle parolacce consentite) deve fare il consorziato per poter consultare un atto amministrativo?

Questo è il sopruso che diventa archetipo di una società fondata sull’arroganza, sulla legge del più forte e del più furbo.

Ma il Consorziato ha pazienza. Uno su mille non si arrende, sul “ce la fa”, è un ottimismo emiliano del Morandi che da queste parti non funziona più di tanto.

Per cui il tapino, per dirla alla Paperone de’ Paperoni, il 28 aprile non va ad arrabbiarsi, a dar calci alle porte o a incatenarsi tra la sede del Consorzio, come avrebbe pur potuto fare di fronte alla protervia del forte contro il debole che non ha strumenti per farsi ascoltare. No, educatamente, presenta una ulteriore richiesta di riesame dell’istanza precedente, basandola non su una sua paturnia, ma basandola sulla norma e che regola il rapporto di democrazia più alto di una legge che fu approvata durante la vituperata Prima Repubblica, quando presidente del Consiglio era Giulio Andreotti.

L’istanza viene inoltrata con termini ancora più educati di quelli che illustrano l’intenzione al signor Camillo Mastracchio, stavolta ortodossamente investito in quanto responsabile della Prevenzione della Corruzione e della Trasparenza.

Nessuna risposta, e capiamo anche il perché, tutto sommato. È del tutto evidente che il Mastracchio, quando gli hanno portato la richiesta formalizzata, avrà così commentato: “Questo scrive che l’ha mandato al responsabile della Prevenzione della Corruzione e della Trasparenza. Ah, vabbè, sicuramente non posso essere io”.

Poi qualcuno dell’ufficio, delicatamente per non provocargli uno shock, gli ha detto: “Guarda Camillo, sembra strano ma sei proprio tu”.

“Azz, sono proprio io?” – gli ha replicato il nostro. Incredibile ma vero.

“A pensarci bene qualcosa abbiamo mandato a questo scassambrella”, e sogghignando il suo collaboratore conferma: “Si, glielo abbiamo mandato a via Vaticale a San Cipriano”.

“Perfetto – risponde il superiore – in un posto dove lui non abita. Ora si che mi sento responsabile della Prevenzione della Corruzione e della Trasparenza”.

Il consorziato, a cui non è arrivato un bel nulla, fa una ricerca all’ufficio postale e trova traccia. Però, siccome lui quella risposta non l’ha mai letta in quanto residente a Casal di Principe, reitera l’istanza.

Lo fa il 19 settembre di quest’anno. Stavolta con un atto di diffida da adempiere ai sensi dell’art.328 del C.P. che, a suo tempo, ha riformato la struttura del reato di omissione degli atti d’ufficio rendendola più precisa.

E figuriamoci se uno come Camillo Mastracchio si fa impressionare da una diffida per omissione di atti d’ufficio.

Da vecchio bucaniere di ogni procedura milionaria, legge la cosa e la considera un fastidio come quella di una mosca molesta, e se ne esce con la frase con cui è iniziato questo articolo.

Sapendo bene che quelle 15 persone che lo leggeranno si riducono a una o zero a questo punto dell’articolo, ci diciamo noi stessi, solo per ristorare la nostra anima, che questa è una vergogna superata solo dalla vergogna di chi garantisce a queste cose impunità vita natural durante.