CAPUA. Secondo Iocco tutti i bar e i ristoranti non applicano la legge per tavolini e sedie esterne. Ma se lo fa la vice sindaca vale 10 volte in più e degenera la città. Il giallo del progettino allegato
3 Aprile 2024 - 09:30
Non ci stupisce che l’ingegnere che ha provato, purtroppo per lui, di sbeffeggiare i nostri articoli, se ne esca con questa cosa tipica di una condizione sub culturale e sub civile che fa del sud Italia, della Campania, della nostra provincia e di Capua posti più arretrati di quelli abitati da tribù che adorano ancora il Dio Sole. Piuttosto, cerchiamo di capire per quale motivo la Giacobone ha ottenuto un’autorizzazione a dir poco raffazzonata in 24 ore, mentre ci sono ristoranti e locali che impiegano 9 mesi per ottenere il via libera dall’ufficio di Raffaella Esposito
CAPUA – (g.g.) Amedeo Iocco ci invita alla parafrasi del famoso libretto scritto da Lorenzo Da Ponte e musicato da Mozart: mentre in quel caso era “così fan tutte” e non aggiungiamo altro perché anche questo soggetto andrebbe a pennello per la Capua attuale, le affermazioni dello Iocco sulla nota di commento che abbiamo dedicato lui ma soprattutto alla fulgida memoria di suo padre
A parte il fatto che a furia di andare avanti in questo modo, questo porcaio, che risponde al nome di Italia Meridionale arriverà ad un grado di arretratezza addirittura superiore a quella delle tribù che vivono allo stato brado dentro o attorno alle savane. Almeno quelle hanno delle regole, magari mutate dalla superstizione ma che non osano violare. Anzi chiunque di essi li violi o provi a farlo gli tagliano le mani, i piedi e anche qualche altra cosa.
Nel caso specifico che noi trattiamo, si tratta del bar della vice sindaca cioè della numero due di tutta la cittadinanza capuana. Per cui, esimio ingegnere Iocco se lo fa la numero due di Capua si chiami essa Giacobone, Farina o Vattellapesca, la violazione vale 10 volte di più. In pratica, un’amministrazione comunale in carica afferma la legge della giungla quella del far west ossia io sono qui al comune a garantire che i miei concittadini non abbiano il dovere di rispettare alcuna legge. Ognuno può fare i cazzi propri.
Noi non la pensiamo così e continuiamo a denunciare il fatto. Il giorno 27 febbraio la Giacobone presenta una richiesta per ottenere l’autorizzazione per i tavolini e le sedie allo sportello unico per le attività produttive, o Suap che dir si voglia. Questo chiude la partita in nemmeno 24 ore, attribuendo il suo placet con un documento leggerissimo, assolutamente contestabile e provocatoriamente generico nel momento in cui mete nero su bianco che quel via libera è correlato al rispetto delle leggi vigenti. Di quali leggi non si sa
Quella richiesta di autorizzazione presentata il giorno prima conteneva sicuramente, ammenochè a Capua non abbiano eliminato anche questa legge una sorta di progettino attraverso cui il Suap sarebbe riuscito ad avere la configurazione della forma strutturale che quei tavolini e che quelle sedie assumevano in relazione e in funzione dal marciapiede pubblico su cui insistevano.
Domanda: chi ha firmato questo progettino? Il medesimo è firmato oppure magari l’ingegnere, l’architetto, il geometra che lo ha disegnato e redatto se n’è scordato? Perché scordandoselo, il Suap non avrebbe potuto dare il via libera visto che documenti di questo genere devono, per la legge italiana, non sappiamo però se vale lo stesso per quella capuana, contenere la firma in calce di un progettista- asseveratore che è tale solo se si tratta di un tecnico professionista iscritto agli elenchi degli ordini professionali degli ingegneri, degli architetti e dei geometri. Ammesso e non concesso, ripetiamo, ammesso e non concesso che questa firma ci sia, il progettista-asseveratore ha redatto il tutto alla luce della legislazione vigente, a partire da quella del codice della strada o ha applicato una sua personalissima legge? Beh chi può effettuare una richiesta di accesso agli atti farebbe molto bene usare il suo potere
Ci son arrivati sulla nostra scrivania alcuni documenti, Da questi abbiamo effettuato una media. Tra il moneto in cui un’attività commerciale, di somministrazione capuana presenta istanza al Suap e il moneto in cui questo produce l’autorizzazione trascorrono in media 4 o 5 mesi, in un caso specifico di un ristorante pizzeria ne sono trascorsi addirittura 9.
Le 24 ore a anche meno occorse alla vice sindaca Giacobone per ottenere dalla facente funzioni Raffaella Esposito abbassa drasticamente questa media. A nostro avviso si tratta di un record assoluto della tempistica veloce e solerte, per quel che riguarda la città di Capua. Manco negli stati uniti, la patria della deregulation per antonomasia nemmeno nelle efficientissime pubbliche amministrazioni della Svizzera, della Svezia, della Germania sarebbero riuscita a far meglio.
PS. Nessuno ci ha ancora risposto su un punto che rappresenta sicuramente una notizia di reato: l’assistente capo Patrizia De Ruvo ha eseguito l’ordine di servizio, impartitogli il 16 febbraio dal suo comandante, al tempo totalmente in carica, Carlo Ventriglia, di produrre un rapporto per verificare se il bar Giacobone avesse violato o meno il numero 3 del comma 3 dell’articolo 20 del CDS oppure no?
Da questo dipende un fatto importantissimo: l’indagabilità e l’accusabilità della De Ruvo per il reato, previsto dall’ articolo 328 del codice penale di omissione di atti d0uffficio. Da questo dipende la trasmissibilità di questa presunta reità dell’indagabilità, dell’accusabilità di altri uffici e di altre potestà amministrative per lo stesso reato.
Quel che è certo, invece, è che a Capua non sono scattati i termini previsto alla legge per la eventuale sospensione dell’attività commerciale esterna del bar Giacobone. E togliamoci anche l’eventuale, perché se la vice sindaca il 27 febbraio ha presentato quella richiesta vuol dire che prima non c’era, vuol dire che prima stava violando la legge, così come la continua a violare anche oggi, non osservando le norme del citato articolo 20 comma 3 numero 3 nel moneto in cui occupa l’intero spazio di larghezza del marciapiede, nel moneto in cui costringe il suo personale ad attraversare una strada aperta al traffico veicolare per servire ai tavolini di fronte al bar, nel moneto in cui crea un ostacolo, un indiscutibile barriera architettonica al passaggio dei disabili, così come abbiamo spiegato minuziosamente nelle ormai decine e decine di articoli da noi dedicati a questo fatto