L’EDITORIALE. Commissione d’accesso: Carlo Marino la butta in politica. Ma a chi la racconta? Qui non c’entra la destra e la sinistra. CASERTA con lui al culmine del malaffare. E Piantedosi va da noi bacchettato

9 Agosto 2024 - 19:08

Il ministro degli Interni avrebbe dovuto nominarla prima una commissione d’accesso. Vi spieghiamo perché il post di Carlo Marino, che pubblichiamo in calce all’articolo, è pieno di falsi storici. E perché abbiamo deciso da qui a sei mesi di pubblicare 140/150 nostri articoli in cui questo malaffare e le infiltrazioni non le hanno visto solamente le autorità preposte

di Gianluigi Guarino

Il lavoro della commissione d’accesso, già insediatasi o in procinto di insediarsi al comune di Caserta, durerà tra i 90 e i 180 giorni.

In poche parole, i tre componenti, Maurizio Masciopinto, prefetto, Laura Mattiucci, viceprefetto aggiunto, e Gianfranco Mozzillo, maggiore della Guardia di Finanza, avranno a disposizione tre mesi per stendere la loro relazione da inviare poi al ministero degli Interni, in modo tale che questi la valuti e decida se archiviare la pratica o proporre al Consiglio dei ministri lo scioglimento dell’amministrazione comunale di Caserta per infiltrazioni malavitose.

Qualora i 90 giorni non dovessero essere sufficienti all’attività di indagine ed ispezione della commissione d’accesso, questa potrà scegliere la proroga per altri tre mesi. Insomma, al massimo per la prima quindicina di febbraio l’incartamento arriverà al Viminale, entro marzo, massimo aprile, si conoscerà la decisione del ministero degli Interni che quasi sempre trova pieno avallo nel Consiglio dei ministri, il quale attiva la procedura di scioglimento che è un dpr,

ovvero a firma del presidente della Repubblica in persona.

Secondo i nostri calcoli, CasertaCe ha scritto negli ultimi tre anni tra i 450 e i 500 articoli di denuncia su quello che ha definito il malaffare della gestione del sindaco Carlo Marino che, particolare ovviamente troppo trascurato, è sempre imputato per aver truccato una gara per i rifiuti da 116 milioni di euro.

Riproporli tutti, come invece sarebbe giusto ed utile fare, è, dunque, impossibile.

Se CasertaCe ha spinto sulla nomina della commissione d’accesso non è perché gli stia antipatico Carlo Marino o gli stiano antipatici i vari Marzo, Casale ed altri della maggioranza.

CasertaCe lo ha fatto perché da studi analitici che hanno occupato ore e ore di ogni nostra santa giornata è venuto fuori un sistema affaristico che non c’azzecca proprio nulla con la discriminante politica che in queste ore il furbetto di Puccianiello prova a spacciare come ragione del provvedimento di nomina della commissione d’accesso, spalleggiato purtroppo – seppur parzialmente – dai massimi vertici regionali, Antonio Misiani, e provinciali, Susanna Camusso, del Partito Democratico.

I due si affidano ad una prosa surgelata, a parole d’ordine che dimostrano una loro assoluta ignoranza su fatti gravissimi che non c’azzeccano nulla con il discrimine dell’appartenenza politica da parte di un Carlo Marino che, dell’appartenenza politica, se n’è sempre infischiato, ritenendola un mero strumento al servizio del potere personale, sia ai tempi in cui in Forza Italia svolgeva la funzione di cavalier servente di Nicola Cosentino, sia dopo, quando ha cominciato ad applaudire Matteo Renzi e il suo slogan sulla rottamazione, confermando la sua natura di sfrontato uomo del vecchio che più vecchio non si può nella politica locale, che giocò in contropiede e da rottamabile da rottamare immediatamente si trovò a dire che lui era un rottamatore e di ciò si accreditò anche fuori da Caserta.

E allora saremo tutto sommato lieti di compiere uno sforzo che altri sedicenti organi di informazione non devono fare, dato che i loro archivi sono totalmente privi di articoli che denunciano il malaffare, mentre sono pieni di veline e comunicati stampa con cui hanno leccato il culo a Carlo Marino e ai suoi, come lo hanno fatto con ogni potente che ha governato le sorti di questa città o che governa qualsiasi altro comune casertano.

Insomma, tra 400 e 500 articoli, dovremmo selezionarne un 130 o 140. Non sarà facile perché sono tutti interessanti, raccontano tutti una significativa e allo stesso tempo originale trastola, intesa come imbroglio, come sistematico e poi sistemico aggiramento delle leggi dello Stato.

Partiamo oggi con uno che ha divertito noi, che ad un certo punto abbiamo cominciato a combattere l’indignazione e i travasi di bile con il potere della sardonica ironia, ma che ha divertito e interessato anche tanti casertani, segnando un numero di lettori molto, ma proprio molto alto, ben superiore alla media di coloro che entrano a dare un’occhiata, oppure decidono di leggere i nostri articoli riguardanti la gestione (pardon, la mala gestio) del comune capoluogo (clicca qui e leggi).

La storia è quella dei Dresia e delle incredibili vicende relative al parcheggio che questa famiglia storicamente cara a Carlo Marino, di cui è stata sempre gagliarda elettrice, ha gestito per anni e per anni con modalità in pratica gratuite, accumulando debiti nei confronti del comune, che poi non sono stati pagati o pagati in minima parte.

E ci abbiamo dovuto ridere con la foto della prestanome estetista di famiglia, la signora o signorina Katia Cicatiello, perché eravamo già reduci da anni e anni in cui clamorose e circostanziate denunce di questo giornale erano state totalmente ignorate dall’autorità giudiziaria, da quella penale ma anche da quella che dovrebbe tutelare i conti dello Stato dagli sprechi della pubblica amministrazione e degli enti locali in particolare.

Eh già, i Dresia. Famiglia borderline, famiglia divenuta potente all’interno dei rioni. Famiglia scesa in campo direttamente con Marino alle elezioni comunali del 2016, quando il giorno dopo lo spoglio il loro candidato, Gaetano Scarpato, marito di Adelina Dresia, subì il devastante incendio della sua auto.

Nell’occasione noi affermammo che quelle fiamme scaturivano dalla campagna elettorale già pesantemente inquinata dalle attività dei clan locali, tutti più o meno legati a quello principale, ossia ai Mazzacane, ancor meglio conosciuto come clan Belforte dei Marcianise.

Ora qualcuno mette in mezzo il nome del clan Mazzara di Cesa parlando dei parcheggi. Ma i parcheggi a Caserta hanno vissuto per più di vent’anni sul rapporto tra Carlo Marino e la famiglia Dresia, costruito ai tempi in cui l’attuale sindaco era l’enfant prodige di Forza Italia, il delfino di Nicola Cosentino, l’uomo che proprio Cosentino aveva premiato anche grazie al fatto che Marino aveva sposato la figlia dell’avvocato di Casal di Principe, Delio Iorio, per anni e anni difensore di tutti i boss, fino al tempo in cui non scampò per miracolo ad un agguato, nonostante il proiettile che l’aveva colpito non ledendo per pochi millimetri un organo vitale.

Questa nostra iniziativa è mossa anche dal contenuto del lungo post, pubblicato dal sindaco Carlo Marino nella sua pagina Facebook e che vi riportiamo integralmente in calce a questo articolo. Ciò perché uno può utilizzare ogni argomento a sua difesa, ma egual diritto ha il giornalista, nel momento in cui afferma e denuncia nel perimetro di sua competenza, ossia in un giornale, che quelle affermazioni rappresentano una falso storico.

Carlo Marino scrive a commento della nomina della commissione d’accesso che questa è frutto di una pressione politica fatta da Gianpiero Zinzi nei confronti del ministro Matteo Piantedosi. Non li nomina, ma eventualmente possiamo confrontare questa nostra interpretazione in qualsiasi luogo che Marino ritenga utile ed efficace.

Lui la butta in politica. Ma qui la politica non c’entra nulla. Se un fatto grave è successo, questo consiste nell’inazione trascinatasi per anni e anni, fino all’ordinanza di giugno, da parte dell’autorità giudiziaria e da parte dell’autorità prefettizia.

Tra i 150 articoli che selezioneremo, leggerete decine e decine di nomi di società, di aziende, tutte incardinate nell’agro Aversano, anzi, tutte incardinate in quel quadrilatero della dannazione formato da Casal di Principe, Casapesenna, da San Cipriano e da Villa di Briano, dove tonnellate di atti giudiziari (se sarà necessario, quella di Dante Apicella, di Nicola Schiavone Monaciello, ve le riproproniamo in un nostro personalissimo Techetechetè) hanno messo nero su bianco una relazione strutturale e strutturata tra i boss e imprese apparentemente insospettabili.

Qui a Caserta la commissione d’accesso doveva arrivare già da anni. Altro che elogio, al contrario noi imputiamo al ministro degli Interni Piantedosi, insediatosi nel 2022, di aver perso anche troppo tempo.

E sapete perché questo è avvenuto? Perché Gianpiero Zinzi, che di professione fa il politico, che in sé racchiude anche molti difetti tipici di questa categoria, non è una canaglia, non è un rettile a sangue freddo.

E dopo aver subito una sconfitta frutto dell’indubitabile intervento della camorra casertana in quelle elezioni del 2021, plasticizzata dal gimme five tra Carlo Marino e Raffaele Capone e dall’accordo tra Emiliano Casale e i Rondinone e, conseguentemente, tante altre derivate dalla macro e della microcriminalità locale, Zinzi non si è messo sotto al Viminale con il video dei festeggiamenti, con gli abbracci e baci scambiati da Marino con Capone, il quale pochi giorni prima aveva accoltellato Gennaro Rondinone, considerato dai magistrati uno dei “grandi elettori” di Emiliano Casale, il quale pareggia nell’inquietante scontro delle preferenze (886 a 886) il proprio risultato a quello di Massimiliano Marzo, che dai Capone è stato sostenuto e anche un po’ dai Dresia, che forse, però, qualcosa a Emiliano Casale in termini di voti hanno dato, divenuto un loro difensore nella vicenda del parcheggio, come lo è stato nel buffo messaggio di condoglianze pubblicato in rete dopo la morte di Antonio Rondinone, fatto passare come una sorta di campione della genialità commerciale di questa città.

Eh già, i commercianti: Marino dice che Marzo e Casale sono stati amici di Zinzi e non suoi.

Ma Zinzi, quando Paolo e Massimiliano Marzo gli hanno chiesto come condizione irrinunciabile per il loro appoggio l’assessorato ai Lavori Pubblici, ha pronunciato un no senza se e senza ma.

Al contrario di Carlo Marino che nella sua risposta, nel suo riscontro di disponibilità, che sapeva benissimo quanto fosse rischiosa, ha pescato propellente motivazionale nella sua genetica, la quale non colloca la sua origine (a differenza di quanto sostiene nel post che, ripeto, pubblichiamo integralmente in calce all’articolo) nei ceti popolari di questa città, ma nella media borghesia commerciale, rappresentata da una madre descrittaci da tanti come donna di grande intelligenza, di grande capacità e grande abilità nel far fruttare molto bene, ma proprio molto bene, i ricavi del suo bel negozio di generi alimentari, di quel bel negozio come ce n’erano una volta e che oggi non ci sono più, essendo rimasto di loro la definizione romantica e nostalgica di esercizio di prossimità.

Per cui, quando Carlo Marino, commentando la nomina della commissione d’accesso, la “butta in politica” può abbindolare qualche sprovveduto, qualcuno che non conosce la sua storia, la sua etica, il modo con cui si è sempre atteggiato rispetto alla politica, considerandola in ogni circostanza una variabile dipendente delle proprie ambizioni, dei propri tornaconto.

Non può certamente fregare gente come noi che ne segue i passi dal 1999, ossia dal secolo scorso.

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