L’INTERVISTA. Il Preside del Diaz Luigi Suppa: “L’intelligenza artificiale sia intelligente altrimenti non serve. Insostituibili le attività formative tradizionali”

30 Agosto 2024 - 10:57

Il dirigente di uno dei più prestigiosi istituti di Caserta fa il punto della situazione ad un paio di settimane dall’inizio dell’anno scolastico, ponendo l’accento sull’ inflazione di attività spesso inutili per le quali vengono spesi tantissimi soldi che vanno a finanziare attrezzature molto poco utilizzate. I problemi della scuola soprattutto di quella meridionale rimangono insoluti a partire dalle classi troppo numerose e dalla retribuzione del personale scolastico tra le più basse d’Europa

CASERTA – È tempo di riapertura delle scuole, si discute sull’uso delle tecnologie e sulle dotazioni degli istituti scolastici. Numerosi gli investimenti, ma per vederci chiaro abbiamo chiesto al Dirigente Scolastico del Liceo scientifico Diaz Luigi

Suppa di fare il punto della situazione anche sulle ricadute del PNRR.

PNRR: un’occasione mancata

Si riapre l’anno scolastico con i vecchi problemi irrisolti e la scuola italiana, di grandi tradizioni e considerata un tempo ormai lontano all’avanguardia nel panorama scolastico mondiale, ancora una volta non riesce ad invertire la rotta che da anni la sta portando sempre più in basso.

La scuola dell’autonomia, che doveva servirsi delle attività extracurriculari e dei progetti per fare quel salto di qualità tanto auspicato, è diventata ormai la “scuola dei progetti”, spesso inutili, dalla scarsa efficacia formativa e talvolta disorientanti per docenti e discenti

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“Una quantità considerevole di risorse finanziarie – continua il preside Suppa – viene destinata ad una serie di attività didatticamente poco produttive o all’acquisto di attrezzature spesso inutili e scarsamente utilizzate, seguendo le varie mode del momento, come quella attuale tutta  proiettata verso il digitale.

“Ben vengano – prosegue il dirigente – le nuove tecnologie ma solo quelle che davvero migliorano le attività didattiche e, in ogni caso, non si può oggi considerare tutto ciò che viene da oltre-oceano come la panacea dei mali della scuola italiana tanto da anteporre le intelligenze artificiali a quelle degli studenti, penalizzando le tradizionali e insostituibili attività didattiche di qualità e maggiormente formative.”

 “Si dimostra ancora una volta di non conoscere le vere esigenze della scuola italiana: le strutture, specie al sud, rimangono  fatiscenti, le classi numerose e le retribuzioni del personale sempre agli ultimi posti in Europa, con i docenti che sono inoltre costretti a dimenarsi tra un corso di formazione, un PCTO o una nuova attività  che spesso più che orientare è del tutto disorientante sia per la comunità educante che per gli studenti; il tutto – conclude il preside- condito da pratiche burocratiche sempre più gravose che bloccano segreterie e personale scolastico e che proprio le nuove tecnologie paradossalmente avrebbero dovuto contribuire a snellire e a ridurre.”