CAPUA. Ora è ufficiale. Il giudice ha deciso di rinviare a giudizio Carmine Zenga. Ci sono ragionevoli previsioni di condanna per la violenza e le minacce contro i vigili urbani
13 Settembre 2024 - 12:53
Questo l’esito dell’udienza predibattimentale, svoltasi l’altro ieri, 10 settembre davanti al giudice del dibattimento Patrizia Iorio. Ad ottobre inizierà il processo vero e proprio
CAPUA (Gianluigi Guarino) Come avevamo promesso di fare ai nostri lettori, uno degli eventi della cronaca giudiziaria che seguiremo dettagliatamente nel prossimo autunno-inverno sarà il processo a carico di Carmine Zenga, imprenditore capuano ma soprattutto marito della vice sindaca Marisa Giacobone
Riteniamo che, stavolta, sia veramente superfluo entrare nei dettagli dei motivi per cui Carmine Zenga sia rimasto impigliato in questo procedimento visto che lo abbiamo raccontato almeno una mezza dozzina di volte
Diciamo che ha quasi messo le mani addosso a due vigili urbani di Capua reiterando una “nobile” usanza, tradizione familiare che ha visto in passato anche colei che successivamente è divenuta vice sindaca, ossia Marisa Giacobone, fare pressappoco la stessa cosa che ha fatto il marito mettendo però realmente le mani addosso ad una vigilessa come questa scrisse in una dettagliata nota di servizio che francamente non riusciamo a comprendere perché sai finita in una sorta di binario morto della funzione requirente e, conseguentemente della funzione giudicante.
Al contrario, forse si arrivò ad un aggiustamento di fronte al semi strascino subito dalle vivacissime sorelle Giacobone da una vicina di casa, anzi da una vicina di bar.
Eh si, perché quel bar rappresenta la benedizione, allo stesso tempo la maledizione di questa famiglia.
Giacobone, Buglione (è il cognome della madre nonché legale rappresentante della società esercente, il Bar Giacobone) e Zenga non riescono, vogliamo usare un’espressione dialettale così ci capiamo meglio, “a farsi capaci” che loro secondo la Costituzione della Repubblica Italiana, sono cittadini come tutti gli altri e per questo sono sottoposti al primato della legge.
Non gli entra in testa e dunque se qualche vigile urbano, nell’indiscutibile esercizio delle proprie funzioni, si avvicina al bar Giacobone e osa solamente guardare la disposizione, che come vi abbiamo raccontato 100 volte, è illegale in quanto viola le norme del codice della strada di sedie tavolini e altri ammennicoli, perdono letteralmente la testa. Non sia mai poi se capita che un vigile fischi ad un’auto parcheggiata in sosta vietata davanti al bar. Peggio che andar di notte.
Questo non lo diciamo noi ma lo raccontano i fatti, i documenti giudiziari e il procedimento a cui oggi è sottoposto Carmine Zenga.
Ed è questo il motivo per il quale noi scriviamo e continueremo a scrivere che il signor Adolfo Villani ha portato al potere della civiltà capuana l’inciviltà della protervia e dell’ignoranza. Lo scriveremo sempre perché abbiamo poggiato questa nostra valutazione su elementi di ragionamento attivi, documentati e densi di logica. Il sindaco Villani nulla ha mai detto e replicato, al di la di qualche battuta stupida, banale che dimostra chiaramente che lui non ha argomenti da opporre quando gli contestiamo tutto ciò.
Il 10 settembre, puntualmente, Carmine Zenga ha dovuto comparire davanti al giudice del predibattimento del tribunale di Santa Maria Capua Vetere Patrizia Iorio. Vi è comparso insieme alle altre parti processuali ossia al pubblico ministero e all’unico dei due vigili urbani, rappresentato dall’avvocato Claudio Fusco, oggetto delle ire di Carmine Zenga costituitosi parte civile.
Quella che si è solta è la cosiddetta udienza predibattimentale, istituto della procedura penale nuovo di zecca, uscito dalla legge Cartabia. L’udienza predibattimentale somiglia per molti aspetti all’ormai antica e consolidata udienza preliminare, non presieduta però da un giudice del dibattimento, bensì da un gip nella veste di giudice per l’udienza preliminare o gup che dir si voglia.
L’udienza predibattimentale compare nell’ordinamento con l’obiettivo di evitare l’ingolfamento di troppi processi, frutto per anni e anni della possibilità che i pubblici ministeri hanno avuto, per certi tipi di reato di entità minore di citare direttamente in giudizio l’imputato o gli imputati, passando dunque senza alcun filtro dalla fase requirente, quella dell’indagine, quella dell’esercizio dell’azione penale, alla fase dibattimentale
Questo ha creato decine e decine di migliaia di processi privi di effettivi fondamento perché, oberati da un lavoro enorme, i pm non sono riusciti a compiere un’indagine completa, esaustiva e hanno scelto poi di rinviare alla celebrazione dibattimentale una sorta di resa dei conti tra l’imputato e le sue eventuali molto spesso eventualissime responsabilità
Fermo restando che per i reati più gravi resta in piedi la procedura classica, ossia indagine, chiusura indagine, raccolta di altri eventuali elementi di difesa, richiesta di rinvio a giudizio o di proscioglimento e, nel primo caso, celebrazione dell’udienza preliminare con proscioglimento o rinvio a giudizio nel dibattimento, il legislatore offre la possibilità per i reati di più piccola entità di un primo confronto esterno al processo ma che è già una sorta di processo visto che a guidarlo è un giudice del dibattimento.
Il pubblico ministero può scegliere lo stesso la strada della citazione diretta in giudizio ma può scegliere anche quella del predibattimento affidando a un giudice l’analisi degli elementi di accusa e di difesa che lo condurranno a decidere. Se esiste quella che il legislatore definisce una “ragionevole previsione” di ottenere la condanna dell’imputato allora il giudice dispone il vero rinvio a giudizio stabilendo la data del processo che si svolgerà, naturalmente davanti ad un altro giudice; se invece il giudice ritiene che dagli elementi posti sul tavolo dalle parti durante l’udienza predibattimentale non ricorra una ragionevole possibilità di condanna dell’imputato dispone il non luogo a procedere.
Evidentemente, l’altro ieri gli elementi dell’udienza predibattimentale a carico di Carmine Zenga ha prodotto questi elementi funzionali alla “ragionevole previsione” di una sua condanna per i reati di violenza o minaccia a pubblico ufficiale ai sensi dell’articolo 336 del codice penale, punito in caso di colpevolezza punibile con una pena variabile tra i 6 mesi e i 5 anni e per il reato di resistenza a pubblico ufficiale, ai sensi dell‘articolo 337 del codice penale, allo scopo di impedire a questi, con l’uso della violenza o delle minacce, di svolgere i propri dovere d’ufficio. Reato punito in caso di sentenza di colpevolezza con una pena che va ugualmente dai 6 mesi ai 5 anni di reclusione.
Il processo si svolgerà nella prima decade di ottobre al cospetto del giudice onorario di tribunale Anna Lisa Simone.