LE FOLLI INTERCETTAZIONI. Lusini diceva: “a me non mi arresteranno mai” e, tutto sommato, non si sbagliava. Il voto a Ellen Di Martino, il ruolo di Giuseppe Colella, gli affari sui capannoni e…

2 Ottobre 2024 - 14:27

Occorrerebbe una task force del giornale di almeno 5 articoli al giorno per sintetizzare il putridume che emerge dalla richiesta di arresto per lui e altri. Oggi vi spighiamo anche perché è importante la data del 24 giugno, giorno della richiesta di arresto, e perché è impossibile escludere dalla valutazione complessiva della posizione di Lusini il pericolo di reiterazione del reato. Le dimissioni di De Floris e di Tommaso Barbato rassegante solo per tentare di evitare di essere arrestati

TEVEROLA (g.g.) Per il significativo e originalissimo peso criminale delle intercettazioni, contenute nella richiesta di arresto, formulata dai pubblici ministeri Patrizia Dongiacomo e Cesare Sirignano della Procura della Repubblica di Aversa Napoli nord a capo degli ex sindaci di Teverola, Biagio

Lusini e Tommaso Barbato, nonché per l’assessore di ieri e di oggi, Biagio Pezzella detto Gino, dell’imprenditore Angelo Morra, del consigliere comunale De Floris, di Pasquale Schiavone titolare dei terreni dell’omonima lottizzazione, con contestuale iscrizione nel registro degli indagati di altre 9 persone, tra cui buona parte della famiglia attuale dell’ingegnere Gennaro Pitocchi, necessiterebbe  l’argomento un lavoro ancora più approfondito rispetto a quello che stiamo realizzando in questi giorni.

Ma quella di Caserta è un’area culturalmente banale dove il provincialismo la fa da padrone. Per cui anche se si tratta l’argomento di uno stupratore seriale di minorenni conta più dove il fatto sia accaduto che l’entità gravissima dello stesso. Nel senso che se è accaduto a Roccamonfina, giusto per fare un esempio, non interessa a nessuno o comunque non interessa a quelli di Caserta, Aversa, Marcianise, Maddaloni etc. Questione di ignoranza. Ma questo è un discorso che abbiamo fatto centinaia di volte ed è inutile ribadire. Per cui, siccome noi il pane ce lo guadagniamo non come se lo è guadagnato Biagio Lusini e dovendo mettere il piatto a tavola, possiamo dedicare al caso clamoroso di Teverola solamente una piccola porzione della nostra giornata, dato che noi questo sito lo mandiamo avanti in 3 o 4 e quindi siamo costretti a fare di necessità virtù.

In estrema sintesi, Biagio Lusini, nei suoi monologhi e in qualche conversazione con interlocutori in carne ed ossa dice senza mezzi termini “che a lui non lo arresteranno mai” Parliamoci chiaro, fatti alla mano, aveva perfettamente ragione. Nessuno si è dedicato ai suoi rapporti con il clan dei casalesi dopo le dichiarazioni che uno dei capi di questo clan, ossia Antonio Iovine, detto o’ ninno” ha rilasciato finanche in aule di tribunale durante gli interrogatori a cui si è sottoposto come imputato e come testimone, indicando in Biagio Lusini un interlocutore stabile del clan per Teverola e dintorni; nessuno ha indagato Lusini per decine e decine di appalti a dir poco opachi e per le tante cose che sono capitate nei suo ufficio tecnico che a un certo punto della giostra fu distrutto addirittura dalle fiamme; nessuno ha fatto mente locale su quello che Lusini minacciosamente ha detto e ha scritto sull’imprenditore Roberto Vitale, titolare della pubblica illuminazione e oggetto di gravissimi attentati, a partire dalla distruzione dei sepolcri di famiglia nella cappella in cui riposano il padre e la madre fino ad arrivare all’incendio doloso della sede della sua impresa; nessuno si è occupato di certe compravendite che Lusini ha realizzato nell’isola di Ischia. Guardate, potremmo continuare per ore, ma è inutile farlo. Siamo ricorsi a qualche esempio solo per validare il concetto espresso da questo inquietantissimo personaggio il quale, quando diceva ai suoi compari “che a lui non lo avrebbero ami arrestato” evidentemente sapeva il fatto suo e manco per la lottizzazione Schiavone il pericolo dell’arresto lo avrebbe sfiorato, nonostante le precisissime, puntigliosissime indagini, condotte dai carabinieri del nucleo investigativo del gruppo di Caserta, se in una botta estrema di megalomania e sicurissimo della sua impunità, Lusini non avesse deciso di andare a braccetto con la pazzia, diventando il dominus delle ultime elezioni comunali.

D’altronde, è lui stesso ad ammetterlo senza mezzi termini nel momento in cui parla, intercettato da una cimice con Pasquale Di Martino, meccanico fratello del boss Nicola Di Martino e papà di Ellen Di Martino, eletta al consiglio comunale con quasi 500 voti di preferenza.

Lusini dice a Pasquale Buonpane che Tommaso Barbato, al tempo sindaco, è un incapace, che andrebbe rimosso dalla sua carica ma che lui (loro) non hanno ancora trovato un sostituto, uno che possa fare da testa di legno così come lo faceva in quel momento Barbato a cui Lusini passava le bustarelle di Pasquale Schiavone da 15mila euro cadauna così come le passava all’allora assessore ai lavori pubblici Pasquale Buonpane. Queste cose Lusini le diceva esplicitamente e nel momento in cui ha trovato in Gennaro Caserta una persona disponibile a fare quello che aveva fatto fino ad allora Barbato, ha chiuso l’accordo ovviamente blindando la maggioranza, formata da consiglieri comunali di sua strettissima osservanza così come noi abbiamo scritto in tempi non sospetti, cioè durante la campagna elettorale.

Oggi pubblichiamo una fotografia che raffigura il Lusini insieme all’imprenditore Giuseppe Colella, già attivo nel settore dei capannoni industriali, e insieme a Liberato Petti o Pezzi, il cognome non è di fondamentale importanza mentre importante è la circostanza che si tratti del cognato del boss di Nicola Di Martino. Giuseppe Colella ha contribuito così come ha contribuito il reggente del clan Salvatore De Santis, il quale ha presidiato fisicamente i seggi elettorali, al risultato di Ellen Di Martino sapendo bene che la vittoria di quella lista avrebbe incoronato come sindaco di fatto Biagio Lusini che a loro avrebbe dato tutte le garanzie essendo uno che si incontrava costantemente con membri della famiglia Di Martino a partire dal già citato Pasquale Di Martino, padre di Ellen e fratello del capozona del clan dei casalesi

Ieri, nel nostro sommario che ah accompagnato l’articolo sulle intercettazioni in formato monologo di Lusini (CLIKKA E LEGGI) abbiamo scritto che la data della richiesta di emissione di un’ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari è di fondamentale importanza. Il 24 giugno ossia una data successiva di due settimane all’esito elettorale quando sulle scrivanie dei pm era arrivato di tutto e di più su come quelle elezioni si erano svolte e sul grado di ingerenza della camorra locale, messo nero su bianco dalla Dda nell’ordinanza dei 42 arresti.

I pm di Aversa hanno ritenuto, non a torto, che solo un atto giuridicamente ingiustificato potrebbe escludere il pericolo di una reiterazione del reato da parte di Biagio Lusini in pieno controllo dell’amministrazione comunale di Gennaro Caserta, che dovrebbe dimettersi ma non ha la dignità per farlo, salutando come un atto di volontà per ripristino della legalità le dimissioni del vice sindaco, nonché ex sindaco, Tommaso Barbato e del consigliere comunale De Floris

Falso, falsissimo: Barbato e De Floris si sono dimessi per eliminare la ragione del pericolo di reiterazione del reato e non certo per fare un favore a Caserta o per dare un’immagine di ripristino della legalità. Si sono dimessi solo per non essere arrestati. Ci sono centinaia di pagine di questa indagine oltre che a centinaia di nostri articoli i quali dimostrano che Biagio Lusini ha condotto queste elezioni con l’obiettivo di essere il sindaco e il dominus di fatto della politica teverolese. Tenerlo a piede libero significa offrire il fianco al pericolo lapalissiano di reiterazione dei reati come continueremo a spiegare nei prossimi giorni