ARRESTO DI MASSIMILIANO MARZO. Finalmente le motivazioni: ecco perché il tribunale del Riesame ha preso fischi per fiaschi e perché secondo noi l’accordo corruttivo c’è
14 Ottobre 2024 - 19:33
Evanescenti, molto deludenti e anche poco rispettosi del lavoro della Procura e del Gip perché, come leggerete domani, le valutazioni dei giudici della libertà danno l’impressione di una lettura superficiale e non certo attenta dell’ordinanza
CASERTA – Finalmente abbiamo potuto cominciare a leggere le motivazione addotte dal tribunale del Riesame di Napoli che ha sancito la liberazione dell’ex assessore Massimiliano Marzo dagli arresti domiciliari per assenza di gravi indizi di colpevolezza.
Francamente, eravamo molto curiosi proprio perché se c’era qualcosa di palmare in quell’ordinanza era proprio l’atteggiamento costituito da mezze parole, frutto ovviamente del timore di essere intercettati che però venivano valorizzate come indizio di colpevolezza dalle effettive dazioni di danaro che gli imprenditori, a partire da Gioacchino Rivetti della Corim (e della Rima), passando per Raffaele Nunziante (Gesim e non solo), versano nelle casse dell’impresa Edil Marzo, società che, lo ripetiamo ancora, non conteneva solo il cognome dell’assessore nella sua denominazione sociale, ma era una società in diretto e pieno controllo del politico che ne era amministratore unico e socio a metà con il fratello (che non è Paolo, ma l’altro, altrimenti dobbiamo chiarirlo di nuovo).
Leggendo la prima delle motivazione attraverso cui il Riesame di Napoli ritiene di aver smontato la consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, ci rendiamo conto che purtroppo i giudici del Riesame non hanno posto la dovuta attenzione alla lettura integrale doviziosa, integrale e letterale dell’ordinanza.
Da domattina inizieremo a trattare l’argomento. Quando il Riesame afferma che da parte di Massimiliano Marzo si sarebbe registrato un palmare rifiuto alla proposta formulatagli da Rivetti, prende, infatti, secondo noi fischi per fiaschi.
Un’analisi letterale dell’ordinanza, fa capire che quel “no e che c’entra, non sono d’accordo” era un elemento di contesto riguardante un ordine generale che Rivetti avrebbe dovuto assumere rispetto all’attività di fornitura del materiale edile.
E allora, se è vero che quella conversazione può lasciare anche qualche dubbio per le parole solamente smozzicate dagli interlocutori, questo dubbio secondo noi si orienta e si dipana chiaramente nella direzione dell’accordo corruttivo nel momento in cui Rivetti, che ha ricevuto l’affidamento grazie a Massimiliano Marzo, come è chiaro dalla frase dell’imprenditore: “che se vado al ristorante e mi porto la bottiglia di vino faccio una figura da quattro soldi”, lascia il Massimiliano Marzo e va al cospetto del Massimiliano Marzo imprenditore e titolare del negozio nel quale lui fa la spesa del materiale occorrente del lavoro pubblico.
Ripetiamo, domani avremo più tempo e più modo per spiegare la nostra posizione.