CASERTA. Il palazzo abbandonato di via Acquaviva che si chiede di abbattere. Si abbatta. Sarebbe l’occasione per dare un parco alberato ad un quartiere tutto cemento

3 Febbraio 2025 - 17:51

Cambiare finalmente le scelte urbanistiche affaristiche che hanno reso invivibile la città

Caserta (p.m.) – Un cinquantennio di speculazione edilizia della città – che tuttavia non era stata spinta al punto di mettere le mani sul centro storico sfigurandolo come sta avvenendo adesso – ha indotto nei casertani una sorta di riflesso condizionato. Non appena un palazzo, lasciato di proposito o  colpevolmente in stato di abbandono, appare cadente per il distacco di calcinacci, intonaci o coppi per vetustà o scarsa manutenzione, se ne invoca subito l’abbattimento. Non si chiede la messa in mora della proprietà perché intervenga per porre in sicurezza l’edificio. Non si compulsa il comune perché ingiunga i lavori necessari eseguendoli in danno in caso di omissione. Gli organi di controllo, al più, dopo aver notificato un eventuale provvedimento di diffida ai possessori ad adottare le cautele necessarie, si disinteressano della esecuzione, nella logica che, messe le carte a posto, perché impelagarsi più di tanto?.  No! La prima idea che viene  alla mente, che scatta automaticamente nei cittadini e, molto più colpevolmente,  negli stessi amministratori comunali, è quella dell’abbattimento. Solo e soltanto quella d’abbattimento. Ne abbiamo prove quasi quotidiane e ne faremo subito un esempio.

Prima diciamo, però, che in materia bisogna essere cauti, in una realtà in cui non pochi edifici persino storici, sopravvissuti saldi al tempo ed ai terremoti,  sono stati fatti crollare di proposito minandone le strutture portanti. Ciò all’evidente scopo dello sfruttamento economico  possibile dalla sostituzione del vecchio palazzo con uno nuovo dai volumi maggiorati.

O in cui l’attestazione di rovina e di degrado di un edificio, presupposta all’abbattimento di esso, proviene da un tecnico privato di parte ed è praticamente solo documentale, tutto un giro di carte.  Nel senso – incredibile, se ci si pensa , per lo spazio che lascia a falsi o mistificazioni –  che nessuna verifica di fatto, concreta pare essere svolta  dagli uffici urbanistici competenti. E qui il confine, come tutti possono capire, tra l’indolenza degli uffici e gli altri interessi ipotizzabili è molto sottile.

Dicevamo dell’esempio. E dunque, eccolo. Nel nostro archivio abbiamo rinvenuto un articolo dell’agosto 2023 a proposito del palazzo abbandonato di via Acquaviva ad angolo con via Vivaldi e via della Resistenza e a ridosso del passaggio a livello (CLICCA QUI PER LEGGERE L’ARTICOLO). All’epoca il comitato cittadino COASCA chiedeva all’amministrazione di intervenire a causa del degrado e della fatiscenza dello stabile, indecorosi per il quartiere.

UNA GRAFICA DEGLI EFFETI MITIGATORI DEGLI ALBERI SUL SURRISCALDAMENTO CITTADINO. QUESTA EVIDENZA E’ ORMAI AMPIAMENTE ACQUISTA DALLE SCIENZE AMBIENTALI

Ovviamente, campa cavallo e l’altro giorno la questione è tornata in argomento e portata, a seguito di un ferimento tra stranieri verificatosi nell’edificio che è rifugio degli sbandati del quartiere, all’esame della commissione consigliare Lavori Pubblici. E qui, dato quello che dicevamo, come ti puoi sbagliare: ne è stato chiesto l’abbattimento.  

Solo che non è emerso se l’abbattimento, nelle intenzioni dei consiglieri comunali, preluda alla realizzazione di un nuovo condominio con cubature accresciute e dall’altezza aumentata, come si sta facendo  dappertutto o a che cos’altro.

Certo è indicativo che non vedano altra strada più confacente all’interesse pubblico e più ovvia, come sarebbe quella della demolizione per il recupero di un’area verde in favore di un quartiere saturo di costruzioni. I principi più attuali ed accolti di urbanistica sostenibile vogliono  la riduzione e la diradazione dell’edificato mediante l’eliminazione delle vecchie costruzioni, il  divieto di realizzane delle nuove e la riqualificazione del patrimonio edilizio già esistente. Misure a cui viene associata una generalizzata azione di rimboschimento della città e di “depaving”, tecnica, questa, che consiste nel liberare quanto più possibile il suolo urbano, rimuovendo lo strato superficiale artificiale di cemento e asfalto e facendo riconquistare spazio al verde. Com’è noto ogni corpo o elemento cementizio costituisce fattore di irraggiamento dei raggi solari e contribuisce in maniera notevole all’innalzamento della temperatura ambientale formando le c.d. isole di calore ed al surriscaldamento estivo.

Tutto questo è fin troppo noto e conosciuto anche a Caserta, ovviamente. Come è arcinoto il fatto che l’unico rimedio al momento spendibile è la decisa diffusione di alberi e di superfici boscate, a cominciare dal Macrico, che, sebbene ultimo polmone di verde naturale della città, si vuole al contrario urbanizzare.  Evidentemente, se la politica urbanistica cittadina non approda alle debite ed ovvie conseguenze che da ciò bisognerebbe trarre, è perché prevale l’affarismo. Che altro, se no?