MARCIANISE. Clamorosa marcia indietro della sovrintendenza: niente esposizione del crocifisso
25 Agosto 2018 - 11:46
MARCIANISE (g.g.) – Non sarà un simpaticone, non sarà mai un don Matteo, un don Camillo o un padre Brown, ma rispetto al sindaco Velardi, in quanto a simpatia, appare come il terzo componente apocrifo dei Blues Brothers.
Solamente che queste caratteristiche un po’ plumbee dei due, unite ad una personalità che non coincide più di tanto (ed è un eufemismo) col carattere dell’umiltà hanno fatto sì che i nostri arrivassero quasi naturalmente allo scontro, ad un contatto quasi fisico tanto da generar scintille.
Ma questa non è, rimanendo nel tema delle similitudini, la riproduzione di Peppone e don Camillo. I personaggi di Giovannino Guareschi diventarono delle icone anche perché quello che doveva essere l’elemento in controluce, e cioè la bonarietà di fondo che li portava, sotto sotto, a volersi bene, diventava alla fine l’elemento cruciale, fondante dell’opera letteraria e del suo adattamento cinematografico, di una storia di pacificazione sociale e politica nell’Italia del dopoguerra, nell’Italia dei rossi contro i bianchi, dell’attentato a Togliatti e della provvidenziale vittoria del pio Gino Bartali al tour de France.
Questa di Marcianise è una storia diversa. Ai protagonisti cioè a don Paolo Dello Stritto parroco della chiesa del Crocifisso e ad Antonello Velardi manca il respiro dell’interiorità dei personaggi, magistralmente interpretati da Gino Cervi e Fernandel. Però, come si suol dire, questo passa il convento e questo commentiamo.
Voi pensate che il saggio, paziente, savio intervento del pubblico ministero della Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere, Gerardina Cozzolino, affinché la corona del crocifisso fatta “rapire” dal sindaco e poi ritornata al suo posto dopo un vero e proprio rodeo dell’autoscontro, abbia chiuso le ostilità tra don Paolo Dello Stritto e Antonello Velardi? No, non le ha chiuse. Il sacerdote, tra le altre cose, e anche laureato in architettura e dunque possiede competenze specifiche in materia di conservazione dei beni artistici. Com’è noto a Marcianise, periodicamente, affiorano polemiche sullo stato di salute dell’icona raffigurante il Cristo morto. L’anno scorso, la sovrintendenza andò a vi
sitarlo, fotografandolo nei minimi particolari e concluse che non c’erano urgenze tali da giustificare un intervento. Sappiamo bene che un anno solare, dentro ad un corso temporale di vita semi eterna di un bene culturale, proveniente dal passato, rappresenta un’inerzia, il mini granello di un’enorme clessidra. Nulla. E allora ci si chiede per quale motivo oggi, quello stesso sovrintendente Salvatore Buonomo, accogliendo a quanto pare una petizione con 200 firme (speriamo che non siano le stesse messe sotto alla lista Orgoglio Marcianisano) ha cambiato idea. Il crocifisso è in condizioni disperate e, questo è il dato più importante, a Settembre non potrà essere esposto alla fede e alla devozione dei marcianisani, così come avviene ogni anno, con il lustro quinquennale che si completa con la solenne processione che, per l’appunto si svolge una volta ogni 5 anni.
Ovviamente, don Paolo che ripetiamo è anche un architetto e abitualmente frequenta le stanze della sovrintendenza, ha capito bene che questa posizione non ha nulla a che vedere con un’effettiva valutazione sul degrado e sulla consuzione dell’opera d’arte cara a tutti i marcianisani. Se d’altronde decidere ora di togliere dalla sua nicchia il crocifisso e condurlo in un’officina di restauro, rappresenta solo un dispetto, compiuto nei confronti dei credenti di Marcianise e anche nei confronti di chi magari non crede, ma resta affezionato al significato di quella che comunque è una grande tradizione popolare.
Una decisione senza senso perché come è noto ai non addetti ai lavori, la traslazione di un quadro, di una scultura, in questo caso del crocifisso ligneo, viene preceduta dalla fase obbligatoria, irrinunciabile, giuridicamente cogente, della messa in sicurezza della stessa opera. In poche parole si pongono tutte le condizioni affinché le parti, in questo caso le parti del crocifisso che risulterebbero in pericolo, vengano protette. E allora non si capisce perché l’anno scorso il crocifisso poteva essere esposto senza alcuna restrizione e quest’anno la sovrintendenza non faccia la cosa più logica, ovvia e semplice, cioè quella di mettere in sicurezza l’opera e consentirne l’esposizione. A nostro avviso, il Governo italiano, perché la sovrintendenza è il Governo italiano entro ad un territorio, ha operato, per i motivi appena illustrati, a partire da quello della maxi clessidra e del mini granello di sabbia, una marcia indietro molto sospetta in relazione a ciò che aveva messo nero su bianco 365 giorni fa.
Non si capisce. O si capisce troppo bene. Avendo, infatti, compreso il carattere di Antonello Velardi anche di più, molto di più di quanto già non lo conoscessimo prima del suo avvento alla carica di sindaco, non ha mai digerito il fatto di dover restituire quella corona. Ma quel giorno don Paolo Dello Stritto è divenuto nemico giurato, come tutti quelli che “osano” contestarlo o che semplicemente lo guardano di traverso.
Ma questi sono atteggiamenti, comportamenti che ci riconducono alle psicologie dei dittatori, anzi di certi dittatori.
Marcianise assiste a tutto questo e non riesce a comprendere che deve riappropriarsi al più presto del proprio destino, cominciando ad esprimersi orizzontalmente, come popolo, come associazioni in grado di valutare fatti e circostanze in base ad una propria intelligenza che ormai da troppo tempo è stata relegata in un gelido frigorifero.