LE MAZZETTE DELLA MONNEZZA. Parla il pentito: “Così truccammo la gara ad ARIENZO con Ferraro e il sindaco Peppe Guida e a PIEDIMONTE MATESE con un noto politico locale

26 Maggio 2025 - 13:45

Abbiamo capito, a questo punto, per quale motivo Domenico Romano che ha deciso di collaborare con la Dda subito dopo aver subito perquisizione nell’ottobre 2023 resta indagato ma non è stato oggetto di una richiesta di arresto e di nessun’altra misura cautelare limitativa della libertà personale. L’intervento di Nicola Ferraro con Peppe Guida ancora oggi sindaco di Arienzo e coordinatore provinciale di Forza Italia e l’irruzione sulla scena di Piedimonte di “zio Vincenzo” che sta per Vincenzo Agizza. Sullo sfondo le carriere criminali vissute dentro e/o attorno al clan dei casalesi, al clan Nuvoletta e al clan Alfieri

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CASERTA (g.g.) Domenico Romano è un nome “eccellente” della camorra napoletana, di quella camorra, però, perfettamente inserita nel tessuto casertano. Si professa, ed effettivamente è, grande amico di

Nicola Ferraro la cui breve biografia non presentiamo più, perché lo abbiamo già fatto 300 volte, portando con se una matrice criminale di famiglia, quella risalente al suo papà Luigi Romano riferimento stabile nell’imprenditoria strettamente connessa agli appalti pubblici, del clan Nuvoletta di Marano

Esperienze di conoscenza che ha fatto anche il figlio Domenico Romano il quale ha an che allargato il suo orizzonte allo storico clan Alfieri, egemone nel nolano, manco a dirlo due strutture camorristiche potentissime che rappresentarono la spina dorsale, insieme al Sanciprianese Antonio Bardellino, forse il più potente di tutti, di quella uova famiglia che si oppose, in una delle guerre di camorra più sanguinose della storia, seconda forse solo a quella tra i Di Lauro e gli scissionisti capitanati dal boss Marino scoppiata per il controllo delle centinaia e centinaia di milioni di euro, forse addirittura dei miliardi di euro, di un discount, anzi di un enorme  centro commerciale della droga, secondo solamente a quelli dei grandi cartelli colombiano e messicano.

La novità importante dell’indagine, condotta sin dal 2022 dalla Dda di Napoli, attraverso il pubblico ministero Maurizio Giordano, è rappresentata dalla decisione di Domenico Romano presunto fulcro di tutti gli appalti truccati sia nei comuni casertani che in quelli del nord napoletano in tema di rifiuti sia di altri appalti, stavolta a potestà Asl di Caserta, concernenti nelle attività di sanificazione.

Il 4 ottobre 2023 Domenico Romano, 61 anni, residente a Casoria ha ricevuto un decreto di perquisizione che ha fatto balenare davanti ai suoi occhi l’ipotesi di tornare in carcere, dov’era stato già qualche anno prima nel 1988 con l’accusa di associazione a delinquere di stampo camorristico risoltasi, fortunatamente per lui, con assoluzione

Ed è così che il 31 ottobre successivo ossia 25 giorni dopo circa la perquisizione subita Romano si presenta – viene scritto nella richiesta di misure cautelari presentata dalla Dda a un gip del tribunale di Napoli, volontariamente – al cospetto dei magistrati inquirenti con l’intento di collaborare con la giustizia. La motivazione è precisa: non ho alcuna voglia di tornare in carcere.

Quello del 31 ottobre è solamente un incontro interlocutorio, in cui i pm registrano l’asserzione, la disponibilità di Domenico Romano

Il primo interrogatorio vero viene verbalizzato il 24 novembre successivo e qui Romano dice due cose fondamentali, partendo dalla cornice di un rapporto quasi fraterno, che lo unirebbe a Nicola Ferraro: lui è il primo sponsor della società CZeta, quella nata sulle ceneri della Falzarano di Airola. L’obiettivo è infilarla in più comuni possibili. Quello maggiormente a portata di mano è Arienzo dove, sin dalla sindacatura precedente a quella di Peppe Guida, anche lui indagato in questa indagine, la titolarità della raccolta dei rifiuti solidi e urbani è nelle mani di Econova che rappresenta un ostacolo all’avvento di CZeta. Domenico Romano racconta di averne parlato con Nicola Ferraro, il quale gli dice no problem parlo io con l’attuale sindaco Peppe Guida ed effettivamente questi colloqui avvengono come dimostrano le fotografie scattate dai carabinieri del Nucleo Investigativo di Caserta e da noi più volte pubblicate, che ritraggono il sindaco di Arienzo mentre entra nella villa di Nicola Ferraro che proprio in questo comune abita da molti anni

Econova, effettivamente viene avvicendata. Poi vedremo noi di CasertaCe cosa successe realmente e cioè se si trattò di una normale scadenza del contratto con nuovo appalto vinto da CZeta o se Econova saltò prima della scadenza. Fatto sta che l’impresa della famiglia Ilario conquista il titolo nel comune della Valle di Suessola e fino a quando non esplode il caso giudiziario continua a introitare quattrini dal Comune di Arienzo.

Domenico Romano snocciola anche i numeri della tangente pagata da CZeta e anche della spartizione. CZeta pagherebbe 50mila euro. Poi a un certo punto dice 20mila euro e dunque non si capisce dal documento giudiziario se alla fine CZeta paga meno del pattuito o se i 20mila euro erano solamente una rata della citata tangente. L’accordo tra Romano e Ferraro prevede un 50% a testa. In più 4/5 mila euro devono essere versati, probabilmente per un vero e proprio pizzo territoriale, a Minuccio o’pazzaglione al secolo Carmine D’Addio di San Felice a Cancello

L’appalto di Piedimonte Matese

Leggermente più articolato e forse un po’ più complesso l’avvento di CZeta a Piedimonte Matese.

Attenzione piccola premessa storica: questa cittadina è stata storicamente penetrata dal clan dei casalesi come dimostrano i rapporti storici tra il boss Antonio Iovine l’imprenditore Malinconico. In più per molti anni Nicola Ferraro ha dettato legge nella raccolta dei rifiuti in quanto la sua Matese Ambiente è stata nel Consorzio rifiuti C1 quello che Flora Ambiente della famiglia Orsi è stata nel consorzio CE4. In pratica il braccio operativo controllato con una quota di maggioranza da Ferraro mentre l’altro 49% era nelle mani della politica locale espressa dagli organismi del C1

Detto ciò giusto per appresentare la cornice che un giornale del livello di CasertaCe non può ignorare il nome fatto da Domenico Romano ai magistrati è quello di colui che Romano definisce Nicola l’assessore” che poi nell’interrogatorio con i carabinieri del nucleo investigativo diventa Nicola De Girolamo, che, badate bene, non è definito da Romano “assessore” ma “già assessore” attribuendogli implicitamente, dunque, un potere reale, un peso specifico nelle scelte dell’amministrazione comunale in tema di rifiuti, al di la del ruolo di governo che non ricopriva più.

Non stiamo parlando certo di uno sconosciuto nella politica di Piedimonte Matese ma intanto oggi non è né assessore né consigliere comunale. Lo è stato in passato e questo va verificato con attenzione relativamente alla collocazione temporale della sua carica. Secondo Domenico Romano il Comune di Piedimonte era in cerca di una impresa dei rifiuti. Già questa affermazione va decriptata nel linguaggio del malaffare, della corruzione perché se un comune cerca un’impresa dei rifiuti fa una gara regolare e la trova. Domenico Romano sembra poter dire che il Comune cercava un’impresa dei rifiuti che mostrasse disponibilità di una collaborazione extra codice penale. In questa dialettica sempre secondo il racconto di Romano, entra un altro nome importante della criminalità collegata agli appalti d’oro della monnezza: trattasi di Vincenzo Agizza, 78 anni residente a Napoli, zio di Domenico Romano di cui De Girolamo era già amico. E’ Agizza che assume a un certo punto direttamente la titolarità del contatto con De Girolamo. Sempre nel racconto del collaboratore viene evidenziato che De Girolamo in maniera non ulteriormente precisata farebbe invitare la CZeta per un affidamento diretto. E ciò da l’impressione a Romano che nell’operazione fosse coinvolto anche un dipendente del Comune. Domenico Romano parla di una tangente, versata da Aniello Ilario, di 4mila euro al mese anche se non c’è una specificazione della durata di questo versamento. Una somma divisa in questa ragione: 1.250 € al mese a Domenico Romano, 1.250 euro a colui che Romano definisce “zio Vincenzo” ossia Vincenzo Agizza e 1.500 euro al politico locale, Nicola De Girolamo. Ora, noi abbiamo spulciato l’elenco dei 34 indagati ma ci pare che De Girolamo non ci sia e questo va scritto a chiare lettere