Carlo Marino al Tar senza l’avvocato amico di Bernardo Mattarella. Ha detto che il clan Belforte non esiste più. Roba da Tso
10 Luglio 2025 - 19:42

Del tutto interlocutoria l’udienza di ieri su una richiesta di sospensiva che lo stesso attore non ha più perseguito. E indovinate un po’ chi si è costituito contro l’interdittiva antimafia, la Prefettura e il Ministero? Ma naturalmente i suoi amiconi della stazione appaltante, chiamiamola così, dell’Asmel. Per quanto riguarda i Belforte, chi si costituirà contro Marino nell’udienza di merito di febbraio prossimo, scriverà almeno tre o quattro pagine con prove inconfutabili che il clan dei mazzacane è vivo e vegeto
CASERTA (g.g.) – E’ chiaro che ci sia stata una fase 1 delle intenzioni di Carlo Marino sul decreto di scioglimento per infiltrazione camorristica del Comune di Caserta. Una fase molto concitata in cui, il sindaco detronizzato riteneva, chissà perché poi dato che si tratta di un avvocato, di poter ottenere qualcosa anche da un’istanza di sospensiva del decreto di sciogliemento del comune per infiltrazione camorristica, da presentare al Tar del Lazio.
Come dimostra il contenuto del provvedimento, liberato dal Tar del Lazio nella giornata di ieri, il cui testo integrale riproponiamo nel link in calce a questo articolo.
Carlo Marino aveva strombazzato, e fatto in modo di far conoscere nella fase 1, le generalità dell’avvocato da lui scelto in prima battuta, Giorgio Fraccastoro (CLICCA E LEGGI). Un atteggiamento forse legato alla stima e alla collaborazione professionali che lega Fraccastoro a Bernardo Mattarella, figlio del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, ma anche altre cose dell’accademia e della professione forense.
Ora, pensare che Fraccastoro potesse reggere ciò che sicuramente noi avremmo pubblicato subito dopo il nostro primo articolo, rispetto al suo rapporto professionale con Bernardo Mattarella, rappresentava una previsione troppo ottimistica per Marino. Naturalmente Fraccastoro ha fatto un passo indietro, e oggi, a difendere la posizione di Carlo Marino e quella dei suoi amiconi dell’Asmel, rappresentato dal presidente Giovanni Caggiano, che non hanno avuto alcun dubbio nell’affiancare ad audiuvandum in contrasto con un decreto firmato dal presidente della repubblica, ci sono altri due avvocati.
Fraccastoro ci ha anticipati, perché noi, ripetiamo, nel nel rispetto sacrale, supremo laicamente, della carica del Capo dello Stato, una battutina non ce la saremmo risparmiata: lo studio, con cui collabora Bernardo, figlio di Sergio Mattarella, avrebbe impugnato un provvedimento di Sergio Mattarella. Surreale.
E così, leggiamo che i due avvocati sono comunque di gran valore e di grande autorevolezza, ma il nome di Giorgio Fraccastoro non compare, sostituito da quelli di Lorenzo Lentini e di Aristide Police.
Esisterà sicuramente una ragione per la quale l’attore, ossia Carlo Marino, e ad adiuvandum, l’Asmel, hanno presentato istanza per ottenere una sospensiva del decreto di Mattarella e di tutti gli atti precedenti, a partire da quelli della Prefettura di Caserta.
Può darsi che il motivo non sia quello da noi ipotizzato e collegato ad una veemenza iniziale di Carlo Marino, fiducioso addirittura nell’applicazione di questo particolare strumento della giurisdizione amministrativa. Può darsi che sia stata una tattica, un pezzo di strategia giudiziaria: l’istanza di sospensiva si propone altri obiettivi e non quello, francamente impossibile, di ottenerla sul serio. Ripetiamo, in questo caso, una sospensiva non era né in cielo, né in terra, abitando un’altra dimensione, rispetto a quelli che sono i due esclusivi requisiti alla base della decisione di un Tar di sospendere gli effetti di un provvedimento amministrativo: il fumus boni iuris, che significa dimostrare di avere coscienza e convinzione che il proprio ricorso abbia almeno qualche possibilità di essere accolto e, ancor di più, il periculum in mora, cioè che il mancato intervento sospensivo del giudice possa determinare un danno immediato e irreparabile, rendendo in questa maniera tardiva la tutela giudiziaria.
Per quanto riguarda il fumus, Carlo Marino aveva zero armi a disposizione per dimostrare giuridicamente che la sua richiesta di sospensiva avesse almeno un minimo di fondatezza. Per quanto concerne il periculum in mora, e beh, come si suol dire, allora l’ex sindaco ci vuole proprio provocare: in effetti un periculum in mora esiste in questa storia, ma va considerato esattamente al contrario. E’ quello gravissimo che correrebbe la città se Marino tornasse a fare il sindaco.
Fatta la battuta, vi diciamo che l’udienza di ieri è stata puramente interlocutoria, perché il Tar ha dato un’occhiata al ricorso degli avvocati di Marino e alle costituzioni dell’avvocatura dello stato, e ha capito che l’obiettivo dell’attore era quello di ottenere la fissazione dell’udienza di merito in tempi ragionevoli. I giudici del Tar del Lazio, hanno stabilito che l’udienza pubblica in cui verrà enunciato il verdetto di merito, che potrà essere appellato al consiglio di stato, si terrà il 25 febbraio del 2026.
Ovviamente il Tar chiede il disvelamento di tutti gli omissis presenti nel decreto e presenti nella documentazione istruttoria, diverse centinaia di pagine di informative, che hanno portato la Prefettura di Caserta a proporre lo scioglimento, il Ministero degli Interni a proporlo al Governo, il Governo a sancirlo e il presidente della Repubblica a firmarlo.
Abbiamo letto da qualche parte che una delle ragioni esposte da Carlo Marino nel suo ricorso sarebbe condensata nella seguente espressione: “il clan Belforte non esiste più”. Ora, sappiamo che nell’udienza del 25 febbraio ci sarà almeno una costituzione ad opponendum, che è esattamente il contrario di quella ad adiuvandum. Un consigliere comunale di Caserta, oggi ex, affiancherà la prefettura e il Ministero degli Interni, a quanto pare portando in udienza un osso durissimo, ossia l’avvocato Luigi Adinolfi. Altro che avvocatura dello Stato, questo è un professionista che conosce la città di Caserta e il territorio come pochissimi. E quando leggerà i documenti del ricorso dell’attore avrà la possibilità di fare un controcampo che se non sarà di mille pagine e solo perché non è consentito.
Il clan Belforte non esiste più? E lei Marino che cosa ne sa? Il clan Belforte, al contrario di questa tesi farneticante, e profondamente disinformata, è vivo e vegeto. Ha solamente cambiato strategia. Se Marino leggesse le cronache marcianisane di questo giornale, saprebbe bene anche in quali settori i Belforte e i belfortini di seconda generazione, stanno investendo i tanti soldi macchiati di sangue e di tritolo, e quali sono gli imprenditori dietro ai quali si nascondono.
Roba da pazzi, ma guardate questo qui che coraggio ha: il clan Belforte non esiste più. Vabbè, controlliamoci. Quando leggeremo le ragioni del ricorso, sarà un’intima soddisfazione per noi confutarli sillaba per sillaba.
Appuntamento a singolar tenzone in zona Carnevale 2026.