L’EDITORIALE. La DDA si sbaglia se pensa che la camorra esiste solo quando spara e semina morte. Quella milionaria di oggi è forte, viva e vegeta

13 Agosto 2025 - 13:52

Interveniamo ancora una volta, a 24 ore di distanza dall’articolo di ieri centrato soprattutto sulla figura del politico casertano Giovanni Zannini e sulle dinamiche a dir poco opache che hanno connotato, fino a qualche tempo fa, l’attività delle “nostre” due procure. Oggi ci occupiamo delle indagini e (soprattutto) delle non indagini dell’Antimafia. A PARTIRE DALLA GRANDE OCCASIONE PERDUTA DELL’INFORMATIVA DEL 2022 e di cui ci siamo ampiamente occupati, pur avendola avuta a disposizione (purtroppo) in ritardo

di Gianluigi Guarino

Riscorrendo le righe del nostro editoriale di ieri – CLICCA QUI PER LEGGERLO – ci siamo accorti di aver dimenticato di esprimere un concetto su cui io, che quell’editoriale ho scritto , ma anche la redazione, abbiamo riflettuto e spesso conversato tra di noi.

Nel 2021 la Direzione investigativa antimafia della Campania, gruppo interforze specializzato in indagini sulla criminalità organizzata, ha messo insieme un’informativa ricca di spunti e anche di elementi documentali più diretti rispetto ad un semplice strumento di lavoro ulteriormente sfruttabile.

Quest’informativa CasertaCe l’ha potuta leggere solo un paio di mesi fa. Purtroppo per noi ma anche per chi riteneva potesse essere utile, stimolante come strumento di ulteriori fasi investigative che avremmo trovato la possibilità di spingere grazie al nostro sterminato archivio storico che abbiamo puntualmente utilizzato per integrare gli articoli dedicati ai passaggi su questo documento.

Non c’è dubbio che nel 2022 l’ottimo materiale raccolto dalla DIA, fondato sulla figura tutt’altro che rilevante di Nicola Schiavone detto O’Russ, imprenditore di primissima fascia del clan dei Casalesi, è finito sulle scrivanie della Direzione distrettuale antimafia di Napoli. Non sappiamo quali fossero i pm a cui in quell’anno erano state assegnate le deleghe sul perimetro territoriale della provincia di Caserta. Ma questo non è importante stabilirlo.

Cioè che, invece, è molto importante è la constatazione che le 180 pagine dell’informativa DIA che hanno riempito negli ultimi sessanta giorni una decina di nostri articoli, sono rimaste lettera morta. Un lavoro sostanzialmente inutile, quand’anche ben fatto e riteniamo molto costoso.

Noi, che siamo di Caserta, che operiamo a Caserta, ci siamo stupiti nel leggere i passi di quell’informativa. Ci siamo stupiti del fatto che la DDA l’abbia considerata in pratica, sostanzialmente carta straccia, poco più, poco meno, costruendoci qualcosa solo relativamente all’ordinanza, molto circoscritta, che ha colpito Schiavone O’Russ. L’ordito tra imprenditori, politici, funzionari, dirigenti che emerge da quelle pagine è esattamente uno spaccato di quello stesso ordito che, ogni giorno, con un’ampiezza maggiore, CasertaCe racconta e cerca di dipanare nei suoi articoli.

E allora c’è sorto un dubbio: ma non è che alla DDA di Napoli sia subentrata, si sia consolidata e poi inveterata l’idea – ci si conceda la licenza – un po’ malsana, che la camorra, nel dettaglio la camorra del clan dei Casalesi, esiste solo quando semina “morti a terra”, quando spara?

Eh sì, perché altrimenti non c’è spiegazione, se non quella di valutare quegli anni (2021, 2022 e anche parte del 2023) della DDA come attraversati da un momento di difficoltà nei rapporti tra i pubblici ministeri e le aree di potestà gerarchica, cioè tra i pubblici ministeri e chi l’ufficio della Procura di Napoli guidava al tempo, ovvero Giovanni Melillo, che nel capoluogo campano dritto dritto è arrivato dall’ufficio di Capo di Gabinetto del ministro della Giustizia del Pd, Andrea Orlando.

Per forza questo dev’essere stato il motivo. Perché ci rifiutiamo di pensare che un magistrato che lavora in un ufficio Antimafia possa ritenere che esistano mafia, camorra, ‘ndrangheta e sacra corona solo quando avvengono degli omicidi. Il meccanismo del riciclo del denaro sporco è fatto a strati, c’è lo strato che la DDA di Napoli ha anche toccato, quando ha chiuso un’indagine, in verità piuttosto datata e risalente ai tempi pre Melillo, sui meccanismi relazionali tra famiglia di Dante Apicella, ritenuto una sorta di Ministro dei Lavori Pubblici del clan dei Casalesi, e tanti imprenditori dell’area imperniata su Casal di Principe.

Ma c’è anche una stratificazione più ampia e più complessa che, proprio grazie alla pax militare della camorra, ha potuto lavorare su se stessa, per arrivare ad un equilibrio perfetto, superando anche il problema delle antiche appartenenze ai vari settori del clan, come abbiamo scritto più volte ultimamente, tra centinaia e centinaia di imprese che ormai si spartiscono gli appalti a tavolino in modo che sia una di loro ad aggiudicarsi la gara, magari incubata in un consorzio e smemoratamente, insieme ad un dirigente comunale, violando la legge, si scordano di scrivere il nome della ditta consorziata che quei lavori milionari eseguirà direttamente o tramite subappalto.

Le altre, invece, le consorelle fanno da comparse, partecipando alla stessa gara e partecipando alla dinamica delle offerte economiche e delle offerte tecniche, in modo che queste poi vadano ad abbracciare, calibrandolo, il target della ditta che deve essere la vincitrice.

Questa dinamica è infallibile e riesce a controllare gli esiti sia delle gare denominate con offerta economicamente più vantaggiosa, ossia quelle contenenti anche le migliorie tecniche da sottoporre a punteggio, ma anche quelle classiche con ribasso, variamente connotate con diverse diavolerie aritmetiche e algebrica, con il legislatore che, certe volte, dà l’impressione di voler mettere a disposizione della malevolenza di questi imbroglioni.

L’unica azione contraria per mettere i bastoni tra le ruote al sistema, lo scriviamo senza falsa modestia, assumendoci il merito, è quella di creare le condizioni per procedure realmente aperte. Ed è quello che è successo ad Aversa, con l’Ufficio tecnico, governato non tanto dalla dirigente Danila D’Angelo, bensì dal suo angelo custode, Leopoldo Graziano, costretto, sotto la pressione degli articoli chiari, perentori di CasertaCe, ad aprire i cancelli dell’autentica concorrenza, con oltre 300 ditte che hanno partecipato alle gare, prova provata che tutto quello che succede ed è successo quando nella fase di aggiudicazione arrivano 2-3 ditte è un metodo opaco ed è a rischio, secondo noi, di turbativa d’asta.

La DDA purtroppo negli ultimi anni non è stata pronta di riflessi. Non sappiamo perché. Sappiamo invece che quando qualche magistrato ha provato a mettere seriamente il naso nei grandi meccanismi di relazione creati dal clan dei Casalesi con i poteri fortissimi del nostro Paese, si è vista frapporre più di un ostacolo dai vertici della procura in cui ha lavorato.

Siccome queste cose l’abbiamo già scritte, le ribadiamo: a noi non piacque per nulla quando l’allora procuratore di Napoli, il citato Melillo, ha deciso di affiancare formalmente, in pratica mettendola sotto tutela, con una decisione senza precedenti e andando a scavalcare il coordinatore che lui stesso aveva messo a capo della DDA, il pubblico ministero Graziella Arlomede, oggi procuratore aggiunto a Santa Maria Capua Vetere, nell’indagine sugli appalti e sulle mazzette targate Rete Ferroviaria Italiana che ha avuto in Nicola Schiavone Monaciello, cugino di Francesco Schiavone Sandokan, padrino di battesimo del figlio del boss, Nicola Schiavone, il fulcro che oggi è diventato anche centro di gravità del processo in atto a Santa Maria, il quale, a nostro avviso, rappresenta una grande occasione persa per allargare lo spettro a grumi della politica collusa.

Incisi, i nostri, rispetto alla linea guida di questo articolo. Chiose concettuali che, magari, servono proprio a dare una spiegazione ad uno stop rispetto al quale ancora si fa fatica a vedere l’and go della DDA di Napoli che, in questo tempo, ha dato dei vantaggi indubbi all’imprenditoria e al generone dei colletti bianchi, i quali oggi vivono da nababbi grazie ai soldi che hanno fatto , ricevendoli ab origine dal clan dei Casalesi il quale, a sua volta, li aveva raccolti come provento delle attività criminali.

Un clan dei Casalesi che sul territorio non ha visto scomparire tutte le sue figure carismatiche. Se ci pensate un attimo, forse si tratta di un’equità che facciamo fatica a comprendere, la famiglia Zagaria, se si eccettua il super boss Michele, è completamente libera e i suoi membri possono muoversi in tutta la provincia di Caserta.

Pasquale Zagaria, lo storico stratega economico del clan, quello che aveva costruito grandi interessi in Emilia, portando alle nozze la figlia di un potente imprenditore della zona, poi Antonio Zagaria, Gesualda Zagaria, che pare abbia scelto San Marcellino quale sua residenza, ed Elvira Zagaria. E anche i fratelli Capaldo, figli di una delle sorelle del boss Michele, che hanno visto una sentenza a loro favorevole, sono liberi imprenditori in quel di Tenerife.

Ci si scusi l’ardire, eh. Ma la DDA di Napoli, se ritiene che la camorra esista solo quando semina morti e lutti, compie un errore sesquipedale. E’ esattamente il contrario: quando la camorra spara, l’effetto è solo di riempire i telegiornali e di creare un meccanismo mediatico che, effettivamente, può provocare maggiori pressioni su chi indaga. Ma la violenza è un elemento di debolezza, non di forza.

La forza è quella di oggi, è quella della pax raggiunta dalle imprese gemmate da tutti gli impianti criminali nel clan dei Casalesi e che ha individuato referenti politici ben precisi, capaci di attivare il meccanismo dei burocrati incaricati all’espletamento delle gare. Imprenditori usciti dal cilindro sanciprianese di Antonio Iovine; dal cilindro casalese di Francesco Schiavone e Francesco Bidognetti, con le derivate prime e secondi degli stessi; dal cilindro casapellese di Michele Zagaria. Si stanno mangiando la provincia di Caserta nell’inerzia assoluta di chi dovrebbe attivamente mettere in moto l’azione penale.

A meno che non dobbiamo dar ragione ai detrattori dei magistrati i quali affermano che questa categoria si muova solamente quando ciò consente di conquistare visibilità mediatica. Ma a questo noi non vogliamo credere. Indagare sulla camorra della pax militare, dell’economia milionaria, se non miliardaria si può. Bisogna studiare con umiltà, partendo dalla conoscenza storica dei fenomeni antropologici, sociologici e sociali di questa terra.