AVERSA. La segretaria comunale De Chiara non si fa prendere in giro dal sindaco e ottiene dal prefetto il nulla osta per andare via dal comune. Festeggiano politici e dirigenti Zanninian-ricottari. Una nostra proposta: Tonia Elia segretaria

1 Ottobre 2025 - 14:30

Non è valso a nulla il giochetto di Matacena (ma cosa ci si può aspettare da uno che dichiara un reddito di 5500 euro all’anno) che per far finta di difendere la segretaria non ha voluto firmare per accettazione le sue dimissioni. Il primo cittadino, se voleva fare realmente sul serio, avrebbe dovuto assumere una posizione pubblica a favore di Emanuela De Chiara, affermando che l’impostazione finalizzata a difendere la legalità, assunta da quest’ultima, era la sua stessa impostazione e che in caso di ulteriori pressioni operate dai suoi assessori e dai consiglieri lui avrebbe rassegnato le dimissioni. Ma ovviamente non l’ha fatto. A noi di Casertace non ci serviva questo clamoroso episodio per qualificare il livello di moralità di chi guida la città normanna da un anno a questa parte e i nostri articoli degli ultimi 14 mesi lo dimostrano. Speriamo che, invece, serva ai cittadini e anche a chi svolge pigramente la funzione giudiziaria. Come poteva accettare di rimanere in carica da segretaria generale la sorella di un giudice dopo che l’impresa privata che eroga la mensa scolastica, prima vicina a Sagliocco, poi vicina anche ad Innocenti, ha esercitato il proprio servizio senza aver mai firmato un contratto con il comune? Un fatto, quest’ultimo, di inaudita gravità come abbiamo spiegato nell’articolo di ieri (clicca qui e leggi l’articolo)

AVERSA (g.g) – Il sindaco di Aversa Francesco Matacena ha dimostrato di possedere ancora una volta una scarsa, anzi, una scarsissima personalità politica. Si può osare, a riguardo, utilizzando anche la metafora classica degli “attributi”.

Se lui realmente voleva che la segretaria generale del comune Emanuela De Chiara rimanesse al timone della macchina amministrativa non si sarebbe dovuto limitare a rifiutarsi di firmare, “per accettazione”, la lettera di rinuncia, di dimissioni che una sempre più disperata segretaria comunale ha dovuto scrivere per

evitare di diventare complice di operazioni illegali, qual’è (apostrofo in quanto ci troviamo di fronte all’elisione dell’ultima lettera della parola quale) ad esempio l’ultima che abbiamo raccontato nei giorni scorsi (clicca e leggi il nostro articolo) relativa all’incredibile vicenda del servizio di mensa scolastica, erogato negli ultimi tre anni in assenza di un contratto firmato tra il Comune di Aversa e la Mediterranea srl.

Un fatto che la legge (articolo 32 commi 13,14 e 8 del Codice degli Appalti), non noi di Casertace, definisce come elemento di nullità l’affidamento del servizio, ottenuto dalla Mediterranea nel 2022.

Una conseguenza giuridicamente chiara, netta, scritta in una norma violata senza se e senza ma dal Comune di Aversa che il solito Giovanni Innocenti in un comunicato stampa, che pubblichiamo nello stesso articolo dei giorni scorsi segnalatovi prima, considera una sorta di bazzecola, per dirla alla Totò una pinzillacchera tale da poter essere sanata, così, alla buona in stile bancarella del torrone o in stile ” Giovanni past e fasul”, con una firma postuma, che dovrebbe poi valere ex tunc, nel manuale di diritto amministrativo scritto da Giovanni Innocenti, cioè retroattivamente in un contratto redatto adesso, ma già esaurito e su cui pesa la piena responsabilità dell’attuale dirigente Giovanni Ganci, il quale ha gestito l’appalto sin dalla sua nascita dell’ottobre 2022.

Ora, di fronte ad una cosa del genere, siccome Emanuela De Chiara non è un magistrato, a differenza del fratello Marcello de Chiara, giudice per le indagini preliminari e per l’udienza preliminare, ossia gip e gup al Tribunale di Napoli, nonché componente del Direttivo dell’Anm (Associazione nazionale magistrati), non essendo un pubblico ministero, a cui la Costituzione attribuisce la mansione obbligatoria dell’azione penale, non ha potuto far altro che girare i tacchi e andarsene dal comune di Aversa, per evitare di assecondare attività illegali, per evitare di parificare la sua etica morale e materiale a quella di molti suoi colleghi segretari e molte sue colleghe segretarie, pronti e pronte, come vediamo e scriviamo ogni giorno, ad assecondare i desideri della politica trastolara e ricottara (su ricottara non mettiamo il corsivo perché la metafora è stata resa pienamente legittima dal famoso episodio firmato dal maestro Pier Paolo Pasolini all’interno del film Ro.Go.Pa.G., titolo che riproduceva le iniziali dei cognomi dei grandi registi che avevano firmato gli episodi ossia Rossellini, Godard, per l’appunto Pasolini e Ugo Gregoretti) proposta loro da quel sindaco o da quell’altro sindaco, da quell’assessore o da quell’altro assessore, spesso, purtroppo, anche con qualche “remunerazione” personale monetaria o composta da altre strutture materiali.

Il sindaco Matacena avrebbe dovuto pretendere la convocazione di una seduta del consiglio comunale nella quale, prendendo la parola, si sarebbe dovuto schierare al cento per cento con le posizioni della segretaria finalizzate a garantire la piena legalità nei procedimenti amministrativi della città. E se il presidente del Consiglio Giovanni Innocenti, con la filosofia che emerge dal suo tragicomico comunicato stampa di cui abbiano scritto prima, avesse creato ostacoli per la convocazioni del Consiglio, Matacena avrebbe dovuto registrare un video pubblicandolo su tutti i social pregando gli assessori e i consiglieri di evitare di esercitare pressioni sulla segretaria perché, in caso contrario, lui avrebbe rassegnato le dimissioni.

Altro che firma rifiutata è questo, e non i gesti tattici ciò che serve per dimostrare che si è un sindaco che svolge la sua funzione in buona fede realmente a favore di tutto il popolo e nel rispetto delle leggi.

Ma figuriamoci: uno che dichiara poco più di 5000 euro all’anno di reddito e che quindi indiscutibilmente ha intestato a componenti della sua famiglia beni immobili e beni mobili che appartengono in realtà a lui, se è poi disposto, per onore, per dignità personali ed istituzionali, a rinunciare alla fascia tricolore per difendere una segretaria generale che chiede di lavorare dentro le leggi e dentro le norme; figuriamoci se uno come Francesco Matacena, il quale ha voluto essere sindaco a tutti i costi, ha voluto, per l’appunto costi quel che costi, indossare quella fascia, pur sapendo che non avrebbe contato nulla nell’amministrazione reale della città, figuriamoci, insomma, se uno fatto così come è fatto Francesco Matacena, il quale, pur sapendo con chi aveva a che fare, ha consegnato, come un novello Faust, la storia, l’identità di Aversa al sultanato selvaggio, troglodita di Mondragone di Giovanni Zannini e ai suoi metodi di reclutamento dei propri adepti, degni dei peggiori bar di Caracas e mettiamoci anche di Medellin, figuriamoci se a uno così, a uno come Matacena veniva il coraggio di sfidare lo Zanninismo imperante tra gli assessori, i consiglieri comunali di Aversa, schierandosi con la legalità invocata dalla segretaria generale De Chiara.

Ha fatto solo la scena fingendo di non voler controfirmare le dimissioni della massima dirigente del comune. Sa bene, infatti, il sindaco, che questo potrebbe rappresentare un vulnus, potrebbe smascherarlo definitivamente come colui che è ,dal punto di vista politico, un ragazzo di bottega, un valvassino, cioè neanche un vassallo e un valvassore di Giovanni Zannini e Giovanni Innocenti. Doveva far vedere, doveva esprimere l’apparenza di uno che era a favore della legalità. Ma Emanuela De Chiara è donna troppo intelligente. Ha capito che si trattava di una sceneggiata e un paio di giorni fa si è rivolta direttamente al prefetto di Caserta Lucia Volpe, affinché questa la liberasse dalla prigione dei trastolari e dei ricottari che l’avevano reclusa.

Ora arriverà un altro segretario o un’altra segretaria. Noi, un consiglio, lo abbiamo da dare a Matacena: convinca Zannini a liberare la sua pupilla di sempre, quell’Antonella Elia per gli amici Tonia, le cui qualità professionali fulminarono il consigliere regionale di Mondragone già nel 2018-2019 quando la Elia assunse le funzioni di segretaria proprio nel comune di Giovanni Zannini. Il sindaco di Aversa Matacena convinca il Consigliere regionale, suo superiore in grado, affinché sposti Tonia Elia dalla comodissima poltrona di direttore generale, nonché di dirigente degli Affari generali di quel verminaio, gemmato dall’ex consorzio idrico e denominato Itl Spa, per porla a capo della burocrazia comunale della città normanna.

Da ieri, dal momento in cui l’addio della segretaria De Chiara è diventato esecutivo, stappano bottiglie i dirigenti Gemma Addario, il già citato Giovanni Ganci, l’ormai mitico Leopoldo Graziano, tutor di fatto della dirigente di ruolo dell’ufficio tecnico Danila D’Angelo.

L’approdo ad Aversa di Tonia Elia risulterebbe la ciliegina sulla torta. Una torta, naturalmente e rigorosamente, a basa di ricotta. Ma la Elia non arriverà perché i 4000-5000 euro al mese che grazie all’ennesima prova di forza inflitta da Zannini al pubblico denaro di un ex consorzio, che porta i libri in tribunale chiedendo il concordato preventivo, ma allo stesso momento assume la Elia caricandosi di altre diverse migliaia di euro al mese per pagarla, difficilmente sarà emendata in quanto, per Zannini, il posizionamento della sua pupilla nell’Itl Spa rappresenta il coronamento di un lungo periodo di menage professionale vissuto, con Zannini, dalla signora anche nell’esperienza di coordinatrice della segreteria del consigliere regionale mondragonese nel “Pirellone” della Campania, situato nel Centro direzionale.