Ecco la radiografia della nuova camorra tra estorsioni, carte di credito clonate, truffe di noleggi auto e cani di razza. L’Asi e il clan dei CASALESI
10 Novembre 2019 - 13:16
TRENTOLA DUCENTA – Il pentito Salvatore Orabona è utile perché è in grado di raccontare non solo episodi singoli, ma anche il contesto, cioè le linee organizzative, o meglio ri-organizzative, del clan dei Casalesi.
L’esordio davanti ai magistrati della Dda che lo interrogano per la prima volta nell’ottobre 2016 va proprio in questa direzione. Lui, Salvatore Fioravante detto “porcellino” e una terza persona (su cui evidentemente si sta ancora indagando e che dunque viene omissata), guidavano il gruppo criminale nell’area di Trentola, San Marcellino ed Aversa. Le gerarchie erano chiare. Sotto il comando di queste tre persone c’erano Pino Cantone, Aldo Bianco, che insieme al primo e ad un tal Pasquale aveva fatto visita a Salvatore Orabona il giorno dopo la sua liberazione, chiedendogli di riprendere le redini, e, infine un tal Gerardo, che Orabona descrive come una persona non attinta da indagini giudiziarie, quindi formalmente pulita.
Questo è il gruppo che pianifica e realizza le estorsioni.
I proventi (in tre o quattro mesi Orabona racconta di aver raccolto quasi 35mila euro), venivano trattenuti in minima parte per gli stipendi (1500 euro al mese per la triade di comando, 1000 per gli altri) mentre tutto il resto finiva nella cassa comune per sostenere i detenuti e le loro famiglie.
Quelli al 41 bis, ma anche quelli in regime ordinario, tutti strettamente legati al gruppo Schiavone.
Nelle casse del clan finivano anche le attività di una sezione criminale che operava autonomamente, perché era molto attiva nella clonazione delle carte di credito. Anche in questo caso Orabona fa il nome di un capo e anche in questo caso questo nome viene omissato dalla Dda.
Poi c’era la droga, così come abbiamo letto nel capo d’imputazione 18, che racconta della costituzione di una vera e propria associazione a delinquere, con ruoli organizzativi ben definiti, con una precisa suddivisione delle zone e con Pino Cantone, Oreste Diana e Salvatore Fioravante.
Ultimo passaggio importante è quello riguardante l’assetto generale lasciato da Salvatore Orabona al momento del suo arresto. Giacomo Capoluongo, prima fedelissimo di Michele Zagaria, poi di Nicola Schiavone, a capo, con la funzione di raccogliere i soldi per la cassa comune in larga parte dell’agro aversano, precisamente dei comuni di Teverola, compresa la zona industriale.
Eh già, anche la zona industriale di Teverola.
Su questa cosa, magari, potrà fornire qualche significativa informazione l’ultimo pentito della serie, quel Giovanni Improda, cugino diretto del sindaco Barbato, che nella zona industriale, che poi è quella Asi di Teverola, bazzicava molto spesso.