CLAN DEI CASALESI. Aldo Bianco scagionato da Nicola Schiavone. Ma secondo noi nel ragionamento del giudice su Salvatore Orabona, qualcosa non è molto logico

15 Novembre 2019 - 12:21

TRENTOLA DUCENTA – Un punto rapido su altre importanti dichiarazioni del collaboratore di giustizia Salvatore Orabona. Facciamo una velocce giravolta all’indietro e torniamo alle motivazioni che il giudice del tribunale di Napoli Pietro Carola adduce per non emettere provvedimenti a carico di alcuni indagati. In pratica il giudice ritiene che non ci siano elementi sufficienti per emettere un provvedimento a carico di Aldo Bianco che Salvatore Orabona aveva incasellato nel gruppo di Nicola Schiavone. Dunque, il giudice fornisce un diniego all’accusa di associazione a delinquere di stampo camorristico e tra le motivazioni inserisce anche quella della mancata chiamata in correità di Bianco, da parte di Nicola Schiavone.

Attenzione, però. Se queste valutazioni del gip sono importanti, è importante anche quello che il gip non nota. E siccome lui utilizza spesso la locuzione “sull’alta probabilità di…” oppure “sull’alta improbabilità che…“, allora, nel nostro piccolo, possiamo ben dire che non si può escludere che un esponente della dinastia dei Bianco, che non hanno svolto nella loro vita la professione di fisici nucleari, nè di professori universitari, ma sono stati una propaggine fedele, schierata, disponibile della famiglia Schiavone sin dai tempi di Sandokan, possa aver svolto delle attività di camorra così come era successo per altri congiunti condannati in processi anche con pene definitive.

Aldo Bianco viene chiamato in causa da Salvatore Orabona su fatti precisi. Dunque, nell’auto che partì alla volta del cantiere di Antonio Grassia detto petracca, o Aldo Bianco c’era armato di un fucile a canne mozze allo scopo di intimidire, insieme al Gerardo di cui parla spesso Salvatore Orabona, a Pino Cantone e a un tal Pasquale armati di una pistola calibro 45, oppure, nella sua ricostruzione che per il gip è inaffidabile, Aldo Bianco non era presente ed è stato incastrato in quell’auto per motivi ignoti, da un racconto mendace di Salvatore Orabona.

Se consideriamo quest’ultimo inaffidabile e dunque mendace in alcune ricostruzioni, il suo talento va sfruttato a fini letterari. Ci troveremmo infatti, di fronte ad un nuovo Stephen King. Perchè Orabona non solo declina i nomi di chi partecipò agli attentati estorsivi ai danni di Grassia, ma specifica anche il dettaglio delle due auto: una Smart forfour, con a bordo Aldo Bianco e Gerardo e una Panda di colore nero con a bordo Pino Cantone e Pasquale.

 

QUI SOTTO LO STRALCIO DELL’ORDINANZA CON LE DICHIARAZIONI DI ORABONA

QUI SOTTO LE SPIEGAZIONI DEL GIUDICE PIETRO CAROLA