La domenica di don Franco: “Credere alla luce anche nelle tenebre”
8 Marzo 2020 - 12:30
8 marzo 2020 – II Domenica di Quaresima (A)
CREDERE ALLA LUCE ANCHE NELLE TENEBRE!
gruppo biblico השרשים הקדושים ÷ [email protected]
Chiamati per servire. Quando Dio chiama un uomo o sceglie un popolo, lo fa per affidare loro un compito, una missione: portare le sue benedizioni a tutti. Abramo deve diventare “una benedizione per tutte le famiglie della terra” (Gn 12,3); Israele, il servo del Signore, è incaricato di “portare il diritto alle nazioni” (Is 42,1); Paolo è uno “strumento eletto per portare il nome di Cristo davanti ai popoli, ai re, ai figli d’Israele” (At 9,15). Le vocazioni di Dio non conferiscono alcun privilegio. Dio non distribuisce patacche e lustrini ai più meritevoli!
Esci dal tuo paese…. Sono
La trasfigurazione. Gli specialisti dei vangeli sinottici hanno sottolineato il parallelismo tra questo racconto e quello della consegna a Mosè delle tavole della Legge sul Sinai (Es 24 e 34). Vediamo in particolare: “sei giorni dopo” (Mt 17,1=Es 24,1); “monte” (Mt 17,1=Es 24,12.15-18; 34,3); “gruppo scelto” (Mt 17,1=Es 24,1); “volto brillante” (Mt 17,2=Es 34, 29-35); “nube luminosa” (Mt 17,5=Es 24, 15-18; 34,5); “voce uscita dalla nube” (Mt 17,5=Es 24,16); “timore dei presenti” (Mt 17,6=Es 34, 29-30) (W. Carter. Cfr. U. Luz). Sono troppe le coincidenze per pensare che ci troviamo di fronte ad una coincidenza meramente occasionale. Si tratta di due racconti paralleli, ma con messaggi religiosi diversi e persino contrapposti. Sul monte Sinai si rivela un Dio che impressiona, che impone obblighi, minaccia e spaventa la povera gente che sta di fronte ad un simile spettacolo. Sul monte della trasfigurazione si rivela un Dio che elimina la paura, che si separa da Mosè e da Elia, che non infonde terrore ma pace. E che termina parlando di risurrezione, cioè di una vita senza alcun limite. Ossia, il Dio del Sinai è il Dio delle imposizioni e delle minacce. Il Dio della trasfigurazione è il Dio della vicinanza, della vita e della speranza.
“E’ bello stare così, per sempre!” Io sono certo che anche la persona più semplice ha goduto qualcosa di simile nella sua vita. Per esempio, durante l’infanzia, una mattina, alla finestra, guardando un albero o un gatto o un fiore… siamo stati riempiti di gioia interiore, il nostro viso si è illuminato di immenso. O da adolescenti, per esempio, quando una nostra compagna ci guardò in modo tutto particolare, una rivelazione dell’amore, tanto intima che ci fece toccare il cielo con il dito. O in seguito, la nascita di un figlio, un successo professionale, una sorpresa particolarmente gradita… ci hanno fatto sfavillare gli occhi di gioia! Certo, estasi brevi e comunque assicurazioni perentorie di gioia eterna. E in quei “momenti estatici” come Pietro abbiamo esclamato: “E’ bello stare così, per sempre!”. Momenti così li abbiamo avuti tutti, anche chi non crede. Ma in quegli attimi eravamo tutti credenti, eravamo tutti sul monte Tabor.
Una voce diceva: “Ascoltatelo” Quel verbo “Ascoltatelo” è davvero un imperativo. Anzi, la premessa necessaria di ogni comandamento, di ogni rapporto personale, di ogni conoscenza. Come si può infatti amare, se prima non si ascolta la dichiarazione d’amore? Come si può rispondere, se prima non siamo stati interrogati da una parola? Come poteva Abramo abbandonare la sua terra, Mosè lasciare il suo gregge, i profeti parlare al popolo, se prima non avessero ascoltato la parola di Dio, che li mandava come missionari? Questo comando di Dio sul Tabor richiama quell’altro tanto solenne, che l’ebreo credente ripete ogni giorno: “Ascolta Israele” (Dt 6). Nel vangelo c’è anche una beatitudine: “Beati quelli che ascoltano”. E noi, siamo cristiani capaci di ascoltare? Il significato di “ascoltare” ci è stato spiegato nel giorno del nostro battesimo, quando, toccandoci l’orecchio, ci sono state dette le parole di Gesù: “Apriti” (Mc 7, 34). Sì, ascoltare vuol dire aprirsi; ascoltare è come la porta che apre tutto il nostro essere. Il Signore parla non per ragionare, non per insegnarci una dottrina. Se riflettiamo, la parola porta dentro ognuno di noi colui che ci parla. Parlare è comunicare, è ricevere dentro di sé un altro: i suoi sentimenti, il suo amore, il suo dolore. Ascoltare Dio è farlo entrare dentro di noi, “pieno di grazia e di verità”. Davvero, ascoltare la parola di Dio è come un concepimento: un seme di Dio viene piantato in noi perché la vita nostra sia nuova. Fare bene la Quaresima è anche questo: amare e ascoltare la parola di Dio. Non è facile per noi, oggi, disturbati come siamo da tante parole inutili e vuote, ma quel comando “Ascoltatelo” resta sempre necessario e attuale.
La voce del cielo dice riferendosi a Gesù: “Ascoltatelo”. Cosa bisogna ascoltare? Quello che poco prima Pietro aveva rifiutato: l’annuncio della passione e della morte. Il Dio di Gesù, così come lo stesso Gesù, è il Dio che nella vita lotta contro la paura dei pavidi, contro il potere che sottomette, anche se questo si fa in nome di Dio. Quando la vita si orienta in questo modo, la fine della vita può essere molto simile alla fine della vita di Gesù. Ma in definitiva questo ci trasfigura, cioè questo dà alla nostra vita lo stesso senso della vita che ha condotto Gesù. Quando cambia la nostra idea di Dio, cambia la nostra vita. Buona vita!