A CASAPESENNA lavori da oltre 100 mila euro in mano all’imprenditore che per i pentiti è il “socio” di Michele Zagaria
30 Settembre 2025 - 13:35

E CLICCA QUI PER ASCOLTARLO SU APPLE PODCAST
Condannato un anno fa a dieci anni di reclusione in primo grado per gli appalti alla rete fognaria, graditi al superboss, Raffaele Capaldo O’Marchese avrebbe intestato al nipote Emanuele la società Idea Lavoro, sequestrata nell’aprile 2024. Poi dissequestrata, pochi mesi prima era stata scelta, a seguito di invito e preventivo, da Andrea Villano, a capo dell’Ufficio Tecnico del comune guidato da Marcello De Rosa
CASAPESENNA – Citare il cognome Capaldo e collegarlo alla storia criminale e familiare di Michele Zagaria, il boss con il maggiore acume in ambito economico all’interno del clan dei Casalesi, richiede una certa dose di attenzione.
E’ facile, infatti, connetterlo a Nicola e Filippo Capaldo, ovvero i nipoti del boss, in passato condannati per reati aggravati dal metodo mafioso, ma ora entrambi a piede libero. Non dovrebbe essere parente dei due fratelli, invece, il protagonista della storia di oggi: Raffaele Capaldo, detto O’Marchese, anche lui originario di Casapesenna.
Nell’aprile del 2024, la Direzione distrettuale antimafia di Napoli ha chiesto e ottenuto il sequestro di un’impresa, Idea Lavoro, intestata al nipote di O’Marchese, Emanuele Capaldo, ma che per i giudici antimafia rappresenterebbe una persona giuridica nata dalle ceneri di un’altra società sequestrata, la Cogecap, bloccata da sequestri e provvedimenti antimafia proprio perché nelle mani di Raffaele Capaldo.
L’imprenditore 70enne, infatti, è stato condannato nello scorso ottobre a dieci anni di reclusione nel processo sugli interessi proprio del boss Michele Zagaria rispetto alle aggiudicazioni dei lavori per la riparazione della rete di acquedotti regionale, dall’inizio degli anni 2000 fino al 2015, quando l’inchiesta Medea è poi esplosa.
E sono parole importanti quelle dei collaboratori di giustizia, entrate nel processo. I pentiti dipingono un rapporto privilegiato tra i due. Michele Barone, ex affiliato, ha spiegato ai magistrati come Capaldo figurasse tra gli imprenditori “intoccabili” – esenti da richieste estorsive perché “strategici” per l’organizzazione.
Una versione confermata da Attilio Pellegrino, già cassiere del clan, che ha definito l’imprenditore “socio occulto” di Zagaria. Il collaboratore ha riferito di aver appreso questa informazione da Massimiliano Caterino ‘O mastrone, uomo di fiducia del boss.
Delineato il quadro storico e le accuse dei pm Antimafia, desta una certa preoccupazione vedere la società di Raffaele capaldo aveva in mano cantieri dal valore di 100 mila euro proprio nella città di Casapesenna, vero feudo di Michele Zagaria e dove vive e opera a piede libero Bonaparte della famiglia del superboss.
Si tratta di cantiere stradale che il comune, al tempo del sindaco Marcello De Rosa, che ancora oggi guida l’amministrazione tramite l’attuale fascia tricolore, Giustina Zagaria, ha aggiudicato nel settembre 2023 alla società Idea da Lavoro, come scritto, intestata ad Emanuele Capaldo, nipote diretto di Raffaele O’ Marchese.
Nei giorni scorsi sono stati liquidati gli oneri per la sicurezza, circa 1.500 euro, relativa al cantiere di manutenzione stradale. Ciò vuol dire che la società Idea Lavoro ha già compiuto tutte le opere ed è stata anche pagata in maniera definitiva, con una fattura emessa il primo marzo 2024, ovvero ad un mese dal sequestro.
La preoccupazione aumenta leggendo che questo affidamento, dal valore complessivo di 112.000 euro, è stato assegnato dall’ufficio tecnico del comune di Casapesenna, guidato dal dirigente Andrea Villano, ovvero ex sindaco di Orta di Atella quando il comune è stato sciolto per infiltrazione camorristica, a seguito di un invito diretto che, a quanto pare, ha visto rispondere solo la società di Capaldo.
Attenzione, nel giugno 2023, ovvero quando è stato richiesto il preventivo, divenuto un affidamento nel settembre 2023, mancavano ancora sei mesi al sequestro della società Idea Lavoro, però sembra altamente improbabile che a Casapesenna non si sapesse chi aveva in mano questa ditta, ovvero Raffaele Capaldo, e soprattutto chi fosse quest’ultimo, la sua storia.
Parliamo, quindi, di un atto legittimo, non contrario alla legge. Ma non basta per giustificare operazioni pericolose che, come in questo caso, avrebbero favorito economicamente l’imprenditore-socio del boss che regna su Casapesenna.
Una commistione continua tra affidamenti diretti, ditte semisconosciute e imprenditori dal passato oscuro, con connessioni con la camorra. Questo è il problema enorme che affligge l’agro Aversano, nonostante quello che dicono Marcello De Rosa o Anacleto Colombiano, ora nemici sul campo degli appalti e dei concorsi alla provincia, che spesso puntano il dito contro questo giornale, come se fossimo noi ad assegnare cantieri e quindi centinaia di migliaia di euro a imprenditori citati in ordinanze, arrestati o con condanne.