AVERSA. Anche qui i talebani stanno vincendo. Con la testa di Luigi Di Santo, cade l’ultimo granello della “primavera normanna”. Giunta dell’eccellenza con Villano, Francesco Sagliocco, Innocenti e Fiorenzano. Ed Elena Caterino…

23 Agosto 2021 - 10:15

L’altro giorno abbiamo scritto un articolo in cui collocavamo anche l’area culturale di origine dell’assessore in via di siluramento. Oggi vi scriviamo della lite che ha portato Di Santo a non votare il bilancio in giunta, ovviamente con qualche nostra riflessione

 

AVERSA (g.g.) – Le teste cadono una alla volta. Dopo quella di Benedetto Zoccola, sarà la volta di quella dell’ancora per poco assessore ai Servizi sociali, Luigi Di Santo. La declamata e brandizzata “primavera aversana” che Alfonso Golia aveva promesso e che, almeno all’inizio della sua consiliatura aveva provato ad attivare, nominando in Giunta persone che riteneva in grado di offrire un apporto tecnico-amministrativo di eccellente qualità, è in via di definitiva archiviazione. Il caso di Luigi Di Santo somiglia molto ad altri verificatisi negli ultimi tempi.

Assessori tecnici che in tutta evidenza hanno protetto il Comune di Aversa dal consueto assalto alla diligenza dei soliti noti, di quella pletora di seducenti imprenditori che nella loro vita non hanno spedito nemmeno una fattura di incasso ad una entità diversa dagli enti della pubblica amministrazione, Comuni in primis, del manipolo di faccendieri e di procacciatori d’affari, in grado di dialogare come nessuno col mondo di mezzo dei colletti bianchi spesso collusi con la criminalità organizzata, ma anche agilmente in grado di rapportarsi alle burocrazie del Comune di Aversa e con politici di professione con ben specificare caratteristiche.

Gli assessori tecnici non sono mai stati messi in condizione di lavorare bene. Sempre in discussione e poi mano mano silurati nel momento in cui i soliti talebani della politica politicante hanno guadagnato posizioni e hanno praticamente sfruttato l’assoluta necessità, emotiva, esistenziale, prima che politica, del sindaco Alfonso Golia di rimanere in groppa ad un cavallo zoppo, malandato e imbolsito finché si voglia, ma comunque in grado di tenerlo in sella. Del fiume di parole, di propositi, di promesse, di obiettivi, enunciati durante la campagna elettorale, non rimane nulla. Anche l’ultima bandiera si avvia ad essere ammainata.

Luigi Di Santo apparteneva a quella stagione, al pari di Zoccola e di altri, in quanto era e c’era quel modello, in quanto era e c’era quella speranza di cambiamento. Luigi Di Santo, oggi, non a caso è sotto attacco da parte della “politica politicante”, nel mirino di quei consiglieri comunali che, fanno valere la forza e il potere dei numeri, appellandosi a quelle che definiscono le sacre regole della democrazia rappresentativa ma allo stesso tempo brandendole a prescindere, senza preoccuparsi neppure di riempire queste loro rivendicazioni, queste loro istanze di rappresentanza di quegli argomenti, di quei contenuti che dovrebbero essere di per se stessi, in quanto tali, motivo principale, se non addirittura esclusivo, delle ragioni di una rappresentanza.

Di Santo ha chiesto di svolgere la funzione di assessore con ordinaria adesione alle normali, dovute prerogative fondamentali di questa carica. La giunta è un organo collegiale. Chiedere, dunque, al sindaco e all’assessore competente nella materia di specie copia del Bilancio di previsione, principale strumento della programmazione di governo di ogni Comune, non è un diritto, bensì un dovere.

In verità, in questi primi 2 anni della consiliatura l’assessore Luigi Di Santo non l’aveva fatto mai. Stavolta, invece, cogliendo qualcosa che non andava e non volendo rischiare guai votando al buio, ha voluto vederci chiaro e ha chiesto di avere a sua disposizione tutta la documentazione contabile.

Apriti cielo, quasi avesse compiuto un delitto di lesa maestà, l’assessora Francesca Sagliocco ha segnosamente rifiutato, assumendo un atteggiamento tipico di chi ha qualcosa da nascondere e come se la richiesta di consultare un bilancio da parte di un assessore che lo deve votare, dato che la Giunta, ripetiamo, è un organismo collegiale, rappresentasse una sorta di offesa personale. Fatto sta che i rapporti sono diventati ancora più freddi con la maggioranza. Ma Di Santo ha mantenuto il punto e il bilancio non lo ha votato.

Di fronte a tutti questi misteri, c’è venuta la curiosità di approfondire. Come sanno i nostri lettori, soprattutto quelli di Caserta capoluogo, noi teniamo aperta da anni, da molti anni, una sorta di sezione di analisi dei conti del comune di Caserta, con ampia attenzione, con grande impegno nel lavoro di analisi e di studio di tutti quanti i fondamentali finanziari.

Forse, ad Aversa, non avremo la possibilità di farlo, non avendone il tempo. Ma certo, un’occhiatina abbiamo intenzione di darla, a questo punto, ai residui attivi, nei quali si annidano tante volte le perdizioni della politica politicante dei nostri territori, anche alla luce di questa vicenda particolarissima che ha coinvolto l’assessore Francesca Sagliocco e il suo collega Luigi Di Santo.

Questo episodio ha reso ulteriormente vulnerabile la posizione dell’assessore ai servizi sociali Di Santo, visto che da un lato la politica politicante spinge per ottenere la sua testa, dall’altra parte il sindaco, pur di mantenere la poltrona, è diventato un autentico supporter del Faust, a colpi di patti con il diavolo.

Se uno tra Pasquale Fiorenzano e Girone dovesse entrare in giunta, ci troveremmo di fronte a una situazione in cui diventerebbe anche plastico, visto che la sostanza politica è già questa, il tradimento di tutto ciò che Alfonso Golia ha detto durante la campagna elettorale, il ribaltamento sostanziale del suo programma in una vicenda che effettivamente ha pochi eguali in provincia di Caserta perchè la sua originalità risiede proprio nella incredibile antiteticità creatasi tra i motivi che hanno permesso ad Alfonso Golia di impossessarsi della fascia tricolore e le modalità con cui la sta gestendo, affermando un puro istinto di conservazione.

La prima testa importante a cadere è stata quella di Benedetto Zoccola. Ora ci avviamo verso una giunta con la seguente composizione: Marco Villano, Pasquale Fiorenzano, Francesco Sagliocco, Giovanni Innocenti. Tutti “buoni cristiani”, fino a prova contraria, ma nessuno di loro ha costruito, nella propria vita, un percorso professionale totalmente autonomo, slegato dalle spintarelle della politica o anche dalle rendite di posizione familiari. Ed è per questo che noi abbiamo formulato la riflessione sulla non autosufficienza del concetto di rappresentanza, espresso solo attraverso la forza e la realtà dei numeri e non anche da contenuti, da un respiro culturale che sviluppi in chi va a ricoprire un incarico di governo delle capacità di guardare oltre le bagattelle quotidiane delle prassi politicanti.

La declinazione di questi 4 nomi evidenzia a tal punto l’inadeguatezza della struttura di governo del comune di Aversa, come strumento di autentica promozione di un rinnovamento a questo punto impossibile, che l’argomento, il fattore del contenuto, che di per sè, anche a nostro avviso, ha comunque, in una democrazia un valore importante, ma minore rispetto a quello aritmetico della rappresentanza, finisce per diventare preponderante e prevalente nella originalissima situazione venutasi a creare ad Aversa.

Una politica al ribasso e rozzamente all’ingrosso, fatta solo di prassi, di gestione dozzinale e di qualche operazione di tipo urbanistico a cui sicuramente Marco Villano pensa, che ha, non a caso, in Giovanni Zannini e nello stesso Stefano Graziano, due campioni, due tutor, due protettori di questo nuovo (si fa per dire) modello di governo aversano, visto e considerato che, nè Zannini e nè Graziano, non hanno fatto del rigore morale e dello spessore culturale, la loro dirittura di vita e il marchio di fabbrica del loro stare in politica.

A dire il vero, Alfonso Golia sta timidamente tentando di mettere in discussione la titolarità, la legittimità in termini di rappresentanza della parte del PD di Graziano, ad avere in giunta un terzo assessore. In effetti, in considerazione della sua impalpabilità, avevamo proprio dimenticato che nell’esecutivo di Golia ci fosse, con la delega all’ambiente e ai rifiuti Elena CAterino.

Sapete come gli hanno risposto al sindaco i talebani della poltrona? Quella lì non è un assessore del Pd, ma soprattutto non è ascrivibile al loro gruppo. Dunque, si tratterebbe, secondo i talebani di cui sopra, di un assessore in quota sindaco e se questi la vuole tenere in Giunta, la deve iscrivere ufficialmente alla sua area di rappresentanza. Non sarebbe una grande perdita, ma va anche detto che, proprio per la sua evanescenza, per la sua invisibilità, Elena Caterino se l’è andata sicuramente un pò a cercare.