CAMORRA, EUROBET E GOLD BET. Ecco perché non è stato arrestato Ivanhoe Schiavone. Cuoll ‘e pint, il figlio Oreste, i fratelli Marino e il poliziotto
29 Ottobre 2019 - 10:00
TRENTOLA DUCENTA – Ivanhoe Schiavone resta indagato per il reato di intestazione fittizia del centro scommesse di via IV Novembre a Trentola, Eurobet fino al novembre 2016 e Gold Bet poi. Abbiamo compiuto uno sforzo per selezionare alcuni dei contenuti, esplicitati dal gip del tribunale di Napoli Pietro Carola che ha firmato la recente ordinanza che potremmo definire delle giovani leve del clan dei casalesi. L’abbiamo fatto per facilitare la lettura evitando il rischio di essere, o troppo articolati e dunque difficilmente comprensibili in tutti i passaggi intricati di questa vicenda, o eccessivamente sommari, non fornendo al lettore tutti gli elementi per una comprensione più approfondita. Sinteticamente, per quel che è possibile, vista la complessità delle varie articolazioni attraverso cui l’ordinanza si dipana, procediamo: il locale di 85 mq sito in via IV Novembre che diventerà un centro scommesse, era, al tempo in cui fu fittato e, riteniamo ancora oggi di Orlando Rosotta, imprenditore trentolese del settore dei salumi, che trasforma e vende locali vengono fittati la prima volta a Vincenzo Natale, titolare di un’attività legata ad un’associazione sportiva con sede a Lusciano in via Scipione, 1. Vincenzo Natale
Dall’avvento dei Marino in poi è certo che Oreste Diana, figlio di Giuseppe Diana, ergastolano irriducibile, detto cuoll’e pint, è stato il maggiore protagonista della gestione di questo centro scommesse. Gli inquirenti hanno chiesto a Vincenzo Natale se fosse a conoscenza del ruolo attivo svolto da Diana, ma il testimone ha detto di non ricordare. Aggiungiamo noi, che dall’ordinanza non è capisce bene se la formulazione della domanda riguardi un periodo in cui Vincenzo Natale era ancora attivo e formalmente partecipe nel possesso e nella gestione di quei locali. A questo punto irrompe sulla scena il collaboratore di giustizia Salvatore Orabona, al quale si deve l’introduzione nella vicenda di Ivanhoe Schiavone. Orabona dice due cose.
La prima: Oreste Diana gestisce un punto Snai a Trentola (la definizione di punto Snai è evidentemente un modo di dire, dato che la Snai è stato il primo marchio di scommesse sportive approdato da queste parti) che è anche il luogo ove avviene lo spaccio di sostanze stupefacenti per conto di Ivanhoe Schiavone. E a proposito di questo spaccio, Orabona racconta anche l’episodio di un certo Apollo, da lui convocato, su dritta di Oreste Diana e schiaffeggiato con tanto di intimazione affinchè spacciasse “Per conto nostro“, cioè, aggiungiamo noi, per il clan dei casalesi. La seconda cosa che Salvatore Orabona afferma è la seguente: “Mi sono recato sul posto (al centro scommesse, n.d.d.) insieme a Giuseppe Cantone (il figlio di Raffaele Cantone ‘o malapelle, n.d.d.). All’ingresso ho visto Oreste insieme a Ivanhoe e a tale Giordano di Aversa del quale non conosco il cognome, ma saprei riconoscere in fotografia. Appena ci siamo avvicinati, Ivanhoe Schiavone mi ha riferito testualmente che era “cosa sua”, facendo dunque espresso riferimento al fatto che quella zona era gestita da lui.”
Ora, noi non sappiamo se gli altri collaboratori di giustizia che il giudice menziona, cioè Salvatore Caterino, Attilio Pellegrino, Pietro Paolo Venosa e Salvatore Venosa abbiano fornito ulteriori e più dettagliati elementi alla formulazione, da parte della dda, della richiesta di arresto di Ivanhoe Schiavone, l’ultimo dei figli di Francesco Schiavone Sandokan, riamasto a piede libero, ma soprattutto a piede libero dopo aver rifiutato il programma di protezione a cui invece hanno aderito, dopo il pentimento del fratello Nicola, la madre Giuseppina Nappa, il fratello Walter e le due sorelle. Non lo sappiamo perchè queste dichiarazioni sono, come si intuisce da ciò che il gip scrive, presenti nella richiesta inviata dalla dda al tribunale, ma non all’interno della citata ordinanza. Si parla di circa 500 pagine “tagliate”.
Fatta questa premessa, segnaliamo che il gip ha rigettato la richiesta di arresto perchè ritiene che non esistano “gravi indizi di colpevolezza” e neppure le esigenze cautelari, visto e considerato che il punto scommesse è chiuso da tempo. Da quanto tempo, onestamente, noi non lo sappiamo. Magari ci informiamo e vi diremo. Inoltre, non c’è da parte della procura distrettuale antimafia, la formulazione dell’ipotesi del reato associativo, ma solo quella relativa all’intestazione fittizia, con l’aggravante dell’articolo 7 che Ivanhoe Schiavone condivide con Oreste Diana, l’unico che si è veramente esposto nella gestione dell’Eurobet diventa poi Gold Bet proprio perchè Diana decide che sia più utile passare al nuovo marchio che garantisce provvigioni più alte, e con i tre Marino e con Romeo Pellegrino. I tre Marino sono il già citati Alessandro e Renata, mentre del padre poliziotto o comunque componente delle forze dell’ordine non c’è traccia e Salvatore Marino, di cui parla anche Natale, chiarendo però di non essere in grado di stabilire se Salvatore, nato a Casandrino, 25 anni fa e residente a Trentola, sia imparentato con Renata e Alessandro Marino, nati entrambi a Napoli e residenti a Bacoli, cioè nella zona ovest che dà verso Pozzuoli, non lontano, ma comunque non vicinissima a Trentola.
Per quanto riguarda Romeo Pellegrino, si tratta dello zio diretto di Oreste Diana, in quanto fratello della madre di quest’ultimo. Zio di Oreste Diana e cognato di Giuseppe Diana, cuoll ‘e pint. Romeo Pellegrino è temuto almeno da Orlando Rosotta, il quale, dunque, come si suol dire, non si mette a fare tante domande, quando, dopo la voltura tra Vincenzo Natale e Renata Marino, si presenta al suo cospetto dicendogli chiaramente che la gestione del locale sarebbe stata “cosa sua“, indicandogli il nome del nipote Oreste Diana. Nessuna domanda ma solo una richiesta di pagamento puntuale del canone di affitto da 800 euro al mese, peraltro garantito con puntualità, sempre secondo il racconto di Rosotta, da Oreste Diana anche quando il punto scommesse chiuse in attesa di un rilancio con un altro marchio. Come potete capire, si tratta di una vicenda piuttosto complicata da raccontare.