CAMORRA nell’ospedale Moscati di AVERSA. 6 indagati
15 Maggio 2018 - 06:58
AVERSA – Grazie all’intervento del clan dei Casalesi gestiva in regime di monopolio il servizio privato di trasporto degenti da e per l’ospedale Moscati di Aversa. Un business interrotto ieri dal blitz della Squadra Mobile di Caserta che ha portato in carcere per estorsione aggravata dal metodo mafioso l’imprenditore probabilmente colluso, Luigi Belfiore, 62enne titolare della società «Croce Aversana», e l’esponente del clan 27enne Augusto Bianco, che lo agevolava nella sua attività imprenditoriale, stoppando le «mire» delle ditte concorrenti. Altre quattro persone risultano indagate. Il servizio viene pagato dai familiari dei degenti che chiamano le ditte, un pò come avviene per le pompe funebri per cui tali società non hanno alcun rapporto contrattuale con l’ospedale o l’Asl.
L’indagine della Polizia di Stato, coordinata dalla Dda di Napoli, è partita dalle dichiarazioni di alcuni pentiti; nessuno, compresi i dipendenti pubblici, in particolare alcuni infermieri che secondo gli inquirenti conoscevano come andavano le cose al nosocomio aversano, ha mai segnalato alcunché, anche in forma anonima, all’autorità giudiziaria o alle forze dell’ordine. Persino gli imprenditori estromessi non hanno mai denunciato le minacce o le intimidazioni subite per levarsi di torno, anzi anche loro – è emerso – cercavano «sponde» con altri esponenti della cosca per poter far fuori le ditte concorrenti. Alla fine Belfiore è riuscito a gestire il servizio in quasi totale monopolio sfruttando l’aiuto non solo del 27enne Augusto Bianco, ma soprattutto del padre Cesare, 52enne storico affiliato al clan guidato da Francesco «Sandokan» Schiavone, già pregiudicato per associazione mafiosa, omicidio ed estorsione, in carcere da qualche mese perché colpito da un’ordinanza per un «cold case» di camorra, ovvero per l’omicidio datato 1996 di Giovanni Parente; per la Dda Bianco avrebbe commesso il delitto su ordine di Sandokan e del cugino di quest’ultimo Francesco Schiavone detto «Cicciariello».
Nel provvedimento eseguito ieri, si parla anche di un dono che Belfiore fa recapitare in carcere proprio a Cesare Bianco, tramite il figlio Augusto. Si tratta di un paio di scarpe con cui l’imprenditore vuole sdebitarsi per la posizione di monopolio raggiunta nel trasporto degenti. Le indagini della Squadra Mobile guidata da Filippo Portoghese, hanno rivelato anche piccoli stratagemmi usati da Belfiore per danneggiare le ditte concorrenti; lui stesso levava i bigliettini da visita che le altre ditte affiggevano nella bacheca dell’ospedale di Aversa. Durante la sua «scalata», Belfiore si è servito di qualche infermiere che gli segnalava di incidenti o altre situazioni in cui era necessario il suo intervento; nessuno per ora è stato indagato.