CAMORRA & VIGILANZA. Per entrare a lavorare nell’impresa Superpol del cognato di Raffaele Bidognetti bisognava pagare subito 5mila euro ai titolari

20 Agosto 2019 - 17:05

PARETE – E certamente che poteva definirsi “superpol”. La premiata ditta di Enrico Verso, cognato di Raffaele Bidognetti, non aveva bisogno di trattare sul prezzo, offrendo alle aziende condizioni concorrenziali. Negli antichi e riconfermati feudi del gruppo Bidognetti, la vigilanza si chiamava solo Superpol. Non solo tutti gli imprenditori di quel territorio che comprende Parete, Lusciano, Villa Literno e il litorale domizio dovevano firmare un contratto con questa impresa, ma quelli che ci lavoravano dentro, per l’assunzione, dovevano pagare immediatamente ad Enrico Verso e al suo sodale Antonio D’Abbronzo della provincia di Napoli, la somma di 5mila euro.

Il racconto minuzioso di queste modalità di controllo del territorio reca la firma del collaboratore di giustizia Giovanni Mola. La Superpol, gradualmente, mise radici anche nella zona del nord Napoletano, nella quale, storicamente, grazie alla famosa alleanza con il clan Mallardo, i Bidognetti non avevano mai avuto grandi difficoltà a contribuire all’economia criminale.

Nel caso della Superpol, era Antonio D’Abbronzo a far fioccare i contratti tra Giugliano, Qualiano eccetera. Insomma, per un lungo periodo, soldi a palate, imposizione, stile caffè – osserva il giudice -, di uno e un solo marchio.

 

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