CAMORRA&BUSINESS. Nelle intercettazioni le trame del ras dei casalesi Iavarazzo e di Armando Aprile sul Jambo già sotto amministrazione giudiziaria. Spuntano fuori i nomi di “Fiera del Mobile” e di un noto ristorante

17 Agosto 2019 - 19:09

CASAL DI PRINCIPE – Occhio al mese: agosto 2015. Dall’11 dicembre 2014, cioè dal giorno della retata relativa al controllo pieno, da parte del clan dei casalesi e di Michele Zagaria in particolare, del centro commerciale Jambo di Trentola Ducenta, son trascorsi già ben 8 mesi.

Nell’agosto 2015 l’azienda che ne esercita piena potestà nella sua titolarità, è stata sequestrata dall’autorità giudiziaria ed il suo governo affidato ad un amministratore giudiziario.

Nonostante questo, un camorrista e mezzo, cioè Mario Iavarazzo della Pubblione Srl, e Armando Aprile ne parlano tranquillamente in quel di Villa Literno, facendo i nomi di “Generoso” e di “Lucia”, e fornendo agli inquirenti compiuta idea sul fatto che il clan dei Casalesi controllasse ancora dei settori, delle aree del Jambo, anche sotto la gestione dell’amministratore nominato dalla stessa magistratura.

La pubblicità dei 6×3, delle mega affissioni che, ripetiamo, per quanto è stata invasiva negli ultimi anni, non è sconosciuta ad alcun casertano che abbia messo il naso fuori di casa, la facevano i casalesi ai tempi della proprietà Falco, cioè di Michele Zagaria, e i Casalesi hanno continuato a farla sotto l’amministrazione dello Stato italiano.

Fino ad oggi, commentando questa ordinanza, abbiamo più volte sottolineato questo fatto che riteniamo molto grave e, a nostro avviso anche sottovalutato, oggi siamo in grado di far parlare le carte.

Perché la prima conversazione sul Jambo tra Iavarazzo e Aprile è qui sotto a disposizione.

Andando avanti nella trattazione di questa “amabile” chiacchierata, si incrocia l’argomento relativo alle sorti di importanti famiglie imprenditoriali di Casapesenna e dintorni.

Iavarazzo ed Aprile commentano la condizione dei Fontana, i quali hanno vissuto nel lusso, “con i filippini a disposizione”, e che ora non se la passano certo bene nel carcere di Secondigliano.

I due sono anche convinti che gli imprenditori Licenza e Fontana, avendo rinunciato al Riesame ed avendo contestualmente chiesto di essere ascoltati dai Pm, fossero in procinto di collaborare. In conclusione, saltano fuori i nomi di altre due aziende. Il primo è quello de “La Fiera del mobile”, che intratteneva rapporti commerciali con la BluInk di Armando Aprile, il secondo è quello della ugualmente nota “Mama Casa in Campagna”, cioè quel ristorante di Cellole a cui Katia Bidognetti e il marito Giovanni Lubello imponevano pesanti forniture di vini, spumanti pregiati e champagne.

Il resto lo leggete nei documenti.