CASERTA. FOLLI E SCONSIDERATI. Ecco come Carlo Marino vuole consentire a Luserta e ai suoi colleghi di continuare a cavare per secoli senza alcun vincolo temporale

13 Gennaio 2020 - 12:53

CASERTA(g.g.) Oh, sono duri questi casertani. O meglio, siccome sono conformisti, ma sotto sotto, come succede in ogni luogo dove impera il provincialismo, sono pieni di vizi privati e privi di pubbliche virtù, fanno pure finta di arrabbiarsi. Fanno finta di stupirsi di fronte ad un sindaco, al loro sindaco Carlo Marino, che pochi mesi fa cavalcò la denuncia di questo giornale per scrivere una lettera infuocata al presidente della Regione per chiedere la cancellazione del famoso emendamento salva-cave all’articolo 4 di una legge regionale in approvazione, mentre ora, pochi giorni fa, da presidente dell’Anci regionale, organismo che non conta un tubo, ma che è in grado di far filiera con la maggioranza che sostiene il governatore De Luca (altro che emendamento all’articolo 4), fa di Caserta una vera e propria “cava assoluta“, proiettando la città 40 anni indietro. 

 

NON CINICO, MA SPREGIUDICATO. La categoria del cinismo è costituita da tre quarti di abilità sagace e da un quarto di spregiudicatezza. Dunque, il sindaco Carlo Marino non è un cinico, visto che, in lui, il rapporto si ribalta. Quando abbiamo scritto, diverse volte, negli ultimi tempi, che è un anaffettivo rispetto alla città, rispetto al concetto di comunità, orgiasticamente annichilito da un individualismo totalizzante, è perchè, soprattutto dentro all’ultimo anno e mezzo, il primo cittadino, necessitato dalle tante difficoltà a rendere commestibile, di fronte al vaglio dell’apparenza, il suo piano di governo che è sempre stato finalizzato alla protezione di certi poteri imprenditoriali, ha perso ogni freno inibitore ed è venuto fuori al naturale: devo

modificare il piano di dimensionamento scolastico perchè alla moglie del consigliere comunale del Pd, Andrea Boccagna, non piace? Lo faccio a modo mio, cioè con il mio modo di essere. Aspetto che l’assessore Mirella Corvino parta per la Germania in visita a sua figlia (che il lavoro, aggiungiamo noi, se l’è andata a cercare, da sola, fuori, come tantissimi giovani talenti di questa terra), e poi, alle sue spalle e sputtanandola totalmente, convoco la giunta e decido di modificare un piano che io stesso ho difeso pubblicamente e a spada tratta. 

La perdita di ogni freno inibitore, che crea la figura dello spregiudicato tout court che bypassa anche quella del cinico, consiste nella indifferenza rispetto a concetti quali la dignità personale, la lealtà, la cultura degli impegni assunti che, nella maggior parte degli altri posti del mondo, hanno un grande rilievo, mentre qui a Caserta sono totalmente inesistenti, al punto che il sindaco Marino quella cosa l’ha fatta ed eccettuato noi di CasertaCe, nessuno seriamente l’ha denunciata, portandola sul terreno della moralità politica.

 

IL RIBALTONE DELLE CAVE. Ora, uno così che problemi può avere nel ribaltare totalmente ciò che affermò 9 o 10 mesi fa sulle cave? Nessuna difficoltà, spingendo l’attuazione della propria faccia di bronzo fino all’estremo, Carlo Marino esprime e rappresenta in pieno, tutto sommato, il declino inarrestabile, il precipizio morale di una comunità che non sa sviluppare un sistema di valori a cui collegarsi nel momento nel quale si va a valutare un partito o un uomo politico. 

Dopo esserci fatta qualche risata su un paio di passaggi della sua lettera, scritta a De Luca, all’assessore all’urbanistica Discepolo eccetera, a partire da quello in cui Carlo Marino sottolinea, considerandolo un fatto negativo, che la stragrande parte dei comuni non ha approvato i Puc, entrando in una sorta di stanza dello psicanalista, dato che da presidente dell’Anci regionale attacca in pratica se stesso, incapace di portare a compimento il piano urbanistico della città, siamo entrati nel merito della questione.

 

DO UT DES, IL VOTO DI CAMILLO FEDERICO SUL BILANCIO IN CAMBIO DELLA NORMA PRO-LUSERTA. Nelle tre paginette di quelle che Carlo Marino chiama “osservazioni” al disegno della nuova legge urbanistica, già approvata dalla giunta regionale, già passato al primo vaglio in commissione, oggi giunta ai tavoli tecnici e, nelle intenzioni di De Luca, da approvare in consiglio regionale entro marzo, c’è scritto di tutto e di più. Al confronto, un film porno è sovrapponibile ad una lettera di Sant’Agostino.

Siccome tutto questo avviene durante la fase complicatissima dell’approvazione dei bilanci del comune, uno poi si rende conto perchè il buon soldatino Camillo Federico abbia votato l’invotabile, cioè quello che già in questi giorni è al vaglio della Corte dei Conti. Con queste osservazioni da schifo, travestite delle insegne Anci che Marino si era impegnato a firmare, l’imprenditore gratificato e dunque più interessato a conservare lo status quo politico-amministrativo del comune di Caserta è, senz’altro, il mio amico Antonio Luserta.

Ecco perchè Giovanni Zannini ha costretto Camillo Federico ad umiliarsi per votare una roba che, se fosse stato un uomo realmente libero, al di la dell’amicizia non in discussione con il consigliere regionale, il professionista mondragonese trapiantato a Caserta non avrebbe mai e poi mai votato, anche perchè in grado di coglierne ogni cifra di pericolosità e di tossicità.

 

ZANNINI E LUSERTA, QUANDO AMICIZIA ED INTERESSI DIVENTANO MISCELA PERICOLOSA. Ma Luserta, evidentemente, per Zannini, è diventato un punto di riferimento irrinunciabile. E non solo sul terreno dell’amicizia che, ripetiamo, è una cosa in cui non vogliamo entrare, perchè di per se e in linea di principio non c’entrerebbe nulla col corso di questi eventi, ma su un terreno politico elettorale. Totalmente irrinunciabile perchè proporre, far proporre a Carlo Marino, il quale pensava a salvare la sua poltrona di sindaco, trattando con tutti e concedendo a tutti quello che chiedevano (o meglio, ha fatto finta di farlo), una porcheria di queste dimensioni, fa pensare che veramente ci siano degli interessi enormi in gioco. E che la stessa amicizia diventi un elemento complementare, se non addirittura inapprezzabile del rapporto tra i due. Poi, è probabile che non sia così. Ma indubbiamente appare così. 

 

CARLO MARINO, IL RESTAURATORE. Micidiale è la formulazione di questa sorta di emendamento, definito, ripetiamo, con la parola “osservazioni”; si va ad agire, infatti, su una delle strutture portanti del disegno della nuova legge urbanistica: la riqualificazione del territorio, regolata dall’articolo 67 comma 1. Marino scrive che secondo l’Anci regionale, cioè secondo l’associazione dei sindaci, sarebbe opportuno aggiungere una nuova lettera, precisamente la lettera E alla formulazione del comma 1 che riscriverebbe in pratica tutta la normativa, riedificando per intera, la disciplina sulla cosiddetta riqualificazione delle aree utilizzate per attività di cava: “Al fine del conseguimento delle esigenze di conservazione dei livelli occupazionali delle aziende, che hanno titolo alla delocalizzazione ex art. 28 NDA PRAE, e per le quali la delocalizzazione non è avvenuta, e del perseguimento degli obiettivi di cui al comma 1 lettera e, deve ritenersi consentita la coltivazione di tutte le cave abbandonate in disponibilità dei privati in conformità con quanto stabilito dall’art. 31 NDA PRAE ma in deroga ai criteri cronologici di coltivazione stabiliti e alle procedure indicate ai commi 3 e 4 dell’art. 31 cit. qualora le richieste dell’autorizzazione estrattiva provenga da esercenti aventi titolo alla delocalizzazione.”

Avete letto bene, non c’è più il vincolo della tempistica prevista dalle norme Tecniche di Attuazione del PRAE, e neppure quello immaginario, beffardo e cialtronesco dell’apertura del policlinico, nulla. I termini temporali, vera architrave della nuova disciplina prevista dal PRAE in vigore vengono aboliti.  

Ovviamente, non poteva mancare la solita puttanata della tutela dei livelli occupazionali, una delle più odiose e bieche strumentalizzazioni a cui i politici ricorrono per coprire con una foglia di fico le proprie nefandezze, come se cave non avessero chiuso e trovato una soluzione per i dipendenti, così com’è successo per quelli del cementificio Colacem, ex Caltagirone di Maddaloni. La formulazione di queste osservazioni è talmente violenta, brutale, volgare da suscitare un rigurgito di rabbia in un contesto, quello della città di Caserta, in cui ormai arrabbiarsi è totalmente inutile. Si arriva a pensare che questa roba, che a nostro avviso, non è tutta farina del sacco di Carlo Marino, non sia stata concepita da chi l’ha scritta, nell’esercizio delle sue piene facoltà mentali. Il sindaco di Caserta sa bene quale polverone sia destinata a sollevare una roba di questo genere e sa bene che difficilmente potrà essere approvata in un consiglio regionale, la cui seduta si terrà a due mesi dalle prossime elezioni; però lo stesso ha mantenuto un impegno preso con Luserta e Zannini che dunque non possono rimproverargli nulla. Piuttosto possono diventare una cosa sola con il sindaco di Caserta nella totale carenza di ogni inibizione che accomuna i tre principali attori degli eventi.

 

ZANNINI E LUSERTA, MA STATE BENE? Facendo scrivere a Marino queste osservazioni, Zannini e Luserta non possono seriamente pensare che l’operazione passerà. E allora veramente rimane un mistero il motivo per cui hanno chiesto che il sindaco assumesse questa iniziativa, facendola diventare oggetto di scambio per il voto favorevole al bilancio. Da qui il nostro dubbio sulla pienezza delle facoltà mentali al momento in cui l’idea è stata concepita e messa su carta, dato che uno non può dire a Marino, noi ti votiamo il bilancio e salviamo la tua poltrona e tu in cambio compri per svariate decine di milioni di euro una bomba atomica di nostra produzione e la sganci su Caserta.

 

CAVE, IL COMUNE SOPPIANTA LA REGIONE. Al primo passo delle osservazioni ne segue un altro, ugualmente importante: Marino fa la rivoluzione, pardon, la restaurazione e attribuisce in pratica a ogni singolo comune nel cui perimetro ricadono le cave, il potere di decidere il destino delle attività. Insomma, 30 anni di dibattito, l’utilizzo pieno da parte della Regione delle competenze specifiche su un tema che non può essere seriamente gestito solo dal comune competente per territorio, vengono cancellati con un tratto di penna. Magari, Marino e Luserta comprano un super ventilatore che orienti le polveri verso i comuni di Casagiove, Casapulla oppure dall’altra parte verso Maddaloni. Ma questi comuni non potranno fare nulla perchè quelle polveri arrivano da una cava di Caserta, dov’è il sindaco, per effetto di questa riforma, che sarebbe meglio chiamare contro-riforma, a decidere il destino di tutto il sistema delle cave del proprio territorio, se e quando vuole convocando una conferenza dei servizi, con cui magari si dice che da quel momento in poi, dopo diversi anni di ulteriore attività indiscriminata, i cavaioli potranno estrarre ancora per un lustro, ma poi necessariamente, giurin giurello, dovranno chiudere.

Politici del genere andrebbero presi a calci nel sedere. Politicamente parlando, si intende. Naturalmente, quello che vi abbiamo scritto è un articolo che sintetizza in parole povere il contenuto iper-tossico delle osservazioni di Carlo Marino. Da par nostro, approfondiremo ogni elemento tecnico di questo vergognoso documento.

 

CLICCA QUI PER LEGGERE L’EMENDAMENTO INCRIMINATO