Caserta. Le multe stradali e le peripezie dei cittadini…

7 Dicembre 2024 - 10:36

Caserta (p.m.) – Si usa dire, sulla  falsariga dell’omonima commedia shakespeariana, che “Tutto è bene quel che finisce bene”. E’ vero, ma non sempre. Come nel caso del nostro lettore che ci ha raccontato come sia finito senza alcuna colpa nelle spire della burocrazia pubblica e come sia riuscito a fatica ad uscirne.

Possessore di un’automobile elettrica, parcheggiava qualche tempo fa in città liberamente, in uno degli stalli blu, senza pagare il relativo ticket in quanto i veicoli di tale categoria ne sono esentati. Difatti, l’ordinanza comunale n.35 del 21 aprile 2015 ha disposto la gratuità della sosta dei veicoli elettrici nelle aree di sosta a pagamento comunali.

Nel riprendere la vettura, trovava tuttavia un avviso di  mancato pagamento del parcheggio, accertato dall’ausiliario della sosta  in servizio nella zona, con la comminatoria delle sanzioni previste.  

Ovviamente, una volta avviato un calvario formale come questo, per fermarlo, nonostante si abbia una ragione evidente, non resta che sottoporsi al giogo dei ricorsi e della perdita d tempo relativa, per predisporre le  proprie opposizioni, verificare circostanze e presupposti legali, approntare la documentazione  a supporto delle proprie ragioni. E sempre che se ne sia capaci o se ne abbia la possibilità a quel momento e dunque dovendo ricorrere ad un’assistenza legale ovviamente a pagamento. E così il nostro, armatosi di santa pazienza, ha impugnato l’atto di accertamento della presunta, inesistente violazione, davanti ai vigili urbani del capoluogo. Per fortuna, la neo comandate Tenente Colonnello Luciana Spissu Mele, discostandosi dalla prassi della noncuranza verso il pubblico in voga in molti uffici pubblici casertani, ha non solo riconosciuto l’illegittimità del procedimento sanzionatorio ed in conseguenza ne ha disposto l’annullamento, ma ha anche chiesto scusa per l’inconveniente ed il disagio arrecato.

Ma in molti casi, non scopriamo niente di nuovo, molti preferiscono subire il torto e pagare. Per la ragione che talvolta le spese da sostenere per la procedura di impugnazione dell’atto infondato superano di gran lunga il valore della sanzione e senza possibilità di risarcimenti. Oppure perché non si può  stare materialmente dietro a cose che vanno per le lunghe e dai marchingegni amministrativi sfiancanti per capziosità e cavillosità. Quando passiamo alle agenzie di riscossione dei tributi e delle entrate comunali, siamo in un campo diabolico. A distanza di anni dall’adempimento fiscale si riceve l’avviso che non si è liquidata una certa cartella di pagamento. Per la legge dei grandi numeri, su 100 contestazioni, a più di qualcuno succede di non trovare la ricevuta del pagamento a suo tempo eseguito, con la conseguenza che si trova costretto a ripetere l’esborso. E non ne parliamo degli avvisi di pagamento che vengono inviati alla vigilia della prescrizione dell’onere di versamento. In genere, in prossimità del quinto anno, si viene avvertiti che non risulta adempiuta la tassa. Quanti sono coloro che riescono a   rinvenire le carte di ben un quinquennio prima? E poi, in epoca digitale in cui ogni dato è informatizzato, si scopre la presunta omissione a distanza di tanto tempo? Come fa, all’ente accertatore, a non risultare quasi subito, o anche a distanza di qualche mese, che quella data imposta non è stata corrisposta da Tizio o da Caio? Lo può e lo dovrebbe sapere quasi subito. Ed invece su questo si innesta persino un sopruso bello e buono. Vengono chiesti gli interessi moratori, notoriamente ben maggiori di quelli bancari. La pratica, come ben si comprende, consente alle agenzie di lucrare  sul maggiore guadagno, perché il compenso dovuto all’agente della riscossione è, in genere, calcolato sul capitale e sugli interessi di mora.  

Ma tant’è. Chi li smuove questi soggetti in posizione dominante, con una classe politica che spesso e volentieri preferisce blandirli anziché controllarli.