CORONAVIRUS. NON È POSSIBILE, CEEERTO CHE È POSSIBILE! Il sindaco dice ai cittadini che non ci sono le mascherine e il padre-imprenditore le vende con tanto di inserzione al distributore di carburante

21 Marzo 2020 - 18:20

TEVEROLA (g.g.) – Sono trascorsi pochi giorni, ma tanta acqua è passata sotto ai ponti del coronavirus in salsa teverolese. La positività di Nicola Caputo, il medico massimalista che i è ammalato subito dopo aver partecipato ad una riunione al comune, con presente il sindaco Tommaso Barbato, un assessore e forse qualche altro membro della maggioranza, la necessità del primo cittadino di mettersi in isolamento, così come gli altri componenti dell’amministrazione e le susseguenti polemiche via Facebook.

Ma la narrazione del coronavirus a Teverola era iniziata con un’altra vicenda che potremo definire spassosa e connotata, diciamo così, da una fisiognomica bronzea, che in parole povere significa una faccia di bronzo.

Alcuni giorni fa, il sindaco Tommaso Barbato pubblicava un suo messaggio, che potrete trovare in calce all’articolo nella sua versione originale, in cui affermava una cosa vera. E cioè che l’amministrazione comunale non aveva a disposizione mascherine protettive. In effetti questo è stato un problema di tutti i sindaci e di tutti i comuni. Solo ieri (CLICCA QUI PER LEGGERE) si è cominciato a muovere qualcosa quantomeno per i dipendenti delle amministrazioni locali.

In uno slancio di generosa e anche un po’ tenera disponibilità verso i propri cittadini, Tommaso Barbato invitava a praticare il metodo dell’autarchia, cioè cucire, ognuno a casa propria, le mascherine che servivano per proteggersi. Dunque, niente di particolare, anzi, all’apparenza un lodevole intervento che quantomeno era finalizzato a confortare i teverolesi, sconcertati e disorientati come il resto degli italiani, da questa sorta di castigo biblico. Passa qualche giorno e su Facebook viene pubblicato un altro post, questa volta a firma della Eni-Barbato, che come tutti i teverolesi sanno e come sanno tanti altri, è il distributore di carburante di proprietà di Francesco Barbato, papà del primo cittadino. Anche se pubblichiamo il documento sempre in calce all’articolo, vogliamo lo stesso citarlo testualmente: “Avviso:

disponibili mascherine monouso presso EniStation- Barbato F.sco s.a.s.“.

Ora, per carità, la Eni Barbato è una cosa e il sindaco è un’altra cosa. Ma siccome non stiamo parlando di pizza e fichi ma di un contagio pandemico che come tutti abbiamo capito può uccidere e già ha ucciso in tanti, uno è portato ad aspettarsi che il padre del sindaco, dopo che il figlio ha mostrato l’impotenza sua ma anche dei colleghi che indossano le fasce tricolori nel resto della provincia a distribuire gratuitamente le mascherine, non faccia l’annuncio, inserzione per dire che alla pompa di benzina del papà del sindaco siano in vendita le mascherine.

Questo articolo è stato pubblicato perché, pur risultando evidente dal post pubblicato dalla Eni-Barbato, abbiamo voluto controllare la notizia e neppure per una sola volta. Confermato: le mascherine erano disponibili ma non erano gratis, si pagano; il che può essere anche normale per un’attività commerciale non connessa parentalmente ad un sindaco che due giorni prima fa un appello accorato ai suoi concittadini, raccomandandosi a far bricolage. E siccome noi siamo liberali finanche in questo momento, arriviamo a dire che se Eni-Barbato fosse stato un distributore di carburante lontano da Teverola, fuori provincia, fuori regione, poteva anche starci (ma in tanti non sarebbero stati d’accordo con questa tesi) che Francesco Barbato vendesse le mascherine di cui il comune amministrato dal figlio ha affermato di essere sprovvisto. No, il figlio ha scritto quello che ha scritto e il padre a strettissimo giro di tempo ha comunicato, in pratica, ai teverolesi che se il figlio le mascherine non le dà gratis, lui le vende a pagamento.

Che dire? E che dobbiamo dire.