DELITTO MOLLICONE. Per la morte di Serena chiesta una condanna a 30 anni di carcere per l’ex maresciallo casertano. 24 e 21 anni per il figlio e la moglie

4 Luglio 2022 - 18:57

Serena morì per soffocamento il primo giugno del 2001 nella caserma di Arce. Venne uccisa, secondo l’accusa, dal figlio del maresciallo, Marco, dopo un litigio. Il corpo venne trovato nel bosco di Arce  in un sacchetto di plastica  bloccato con nastro adesivo, su cui poi dopo le indagini, sono state rinvenute le tracce di pezzi di legno della porta della caserma.

TEANO (t.p.) – A 21 anni dal delitto della giovane studentessa Serena Mollicone, originaria di Arce, in tarda mattinata la requisitoria dinanzi alla Corte di Assise di Cassino. Queste le richieste dei pm: per Franco Mottola chiesti 30 anni; per Marco Mottola 24 anni originario di Teano, per Anna Maria Mottola 21 anni, per Vincenzo Quatrale 15 anni (solo per concorso morale nell’omicidio).

Quatrale rispondeva anche dell’istigazione al suicidio del brigadiere Santino Tuzi, ma il reato è stato derubricato in omicidio colposo ed è quindi prescritto. Infine per il carabiniere Francesco Suprano è stata chiesta una condanna a 4 anni per favoreggiamento.

“La famiglia Mottola, oltre ad avere avuto un ruolo attivo nell’omicidio, aveva nei confronti di Serena Mollicone un ruolo di garanzia e protezione che non è stato esercitato così come già sanzionato dalla Cassazione nel caso di Marco Vannini a carico della famiglia Ciontoli”. Lo sostiene la procura di Cassino paragonando la morte della 18enne di Arce a quella del 21enne di Ladispoli, avvenuta in casa della fidanzata dopo un ferimento in circostanze non chiare. “Come per Vannini – dice il pm Carmen Fusco -avevano l’obbligo di soccorrerla e invece scelsero di lasciarla morire”.  Dopo 46 udienze, ora la parola spetta alla difesa e la sentenza è prevista per il 15 luglio . Serena morì per soffocamento il primo giugno del 2001 in caserma. Venne uccisa, secondo l’accusa dal figlio del maresciallo , Marco, dopo un litigio. Il corpo venne trovato nel bosco di Arce  in un sacchetto di plastica  bloccato con nastro adesivo, su cui poi dopo le indagini, sono state rinvenute le tracce di pezzi di legno della porta della caserma. Poteva essere salvata ma i genitori di Marco non fecero nulla. Su Santino Tuzi — ha detto  il pm —, è vero che anche lui per anni non ha parlato ma poi ha rotto il muro del silenzio e ha pagato questa scelta con la vita. Santino Tuzi si è suicidato perché è stato lasciato solo da tutti quelli che sapevano, a partire dai colleghi Suprano e Quatrale”.