ELEZIONI POLITICHE Eh eh, altro che partito moderno, europeo, altro che Piano industria 4.0: Zannini e il licenziato Velardi si offrono a Carlo Calenda per candidarsi al Parlamento

27 Luglio 2022 - 19:47

In effetti, il consigliere regionale non ne aveva parlato con Giorgio Magliocca che, a sua volta, ha pure tentato di ottenere la stessa cosa da Forza Italia, non facendone cenno a Zannini. Per quanto riguarda poi il sindaco di Marcianise, chissà se l’ex ministro alle Attività Produttive valuterà come significativo il licenziamento in tronco, o quasi, fatto da Il Mattino al suo ex caporedattore

 

 

CASERTA (g.g.) Chissà se ieri, quando sono saliti nelle stanze del Comune di Pignataro Maggiore Giovanni Zannini, accompagnato dall’inseparabile Antonia Elia, suo capo segreteria, nonché tante altre cose che ci siamo pure scocciati nel ripeterle ancora per tutte le volte che le abbiamo scritte, e Giorgio Magliocca abbiano voluto, per una volta, concedersi una botta di vita ubriacandosi di verità, realizzando, cioè, quella che per loro è un’autentica trasgressione, un incontro con il proibito.

Perché fino a una o due settimane fa, Giorgio Magliocca cercava di sfruttare i residui rapporti e le residue relazioni con Forza Italia, partito dal quale è uscito nel momento in cui è passato con il centrosinistra del governatore De Luca, per sondare l’esistenza di una sua possibile candidatura alle prossime elezioni politiche che, come è ormai notissimo, si svolgeranno domenica 25 settembre, mentre tra poco più di tre settimane, tra il 23 e il 24 agosto, se non andiamo errati, i partiti dovranno presentare i loro candidati nei 367 collegi plurinominali proporzionali (245 per la Camera e 122 per il Senato), mentre le coalizioni dovranno, a loro volta, presentare i candidati nei 221 collegi uninominali maggioritari (147 per la Camera e 74 per il Senato).

In effetti, se Giorgio Magliocca non riuscì nel 2018, quando ancora militava in Forza Italia e, ancora una volta, se non ricordiamo male, ne era anche il coordinatore provinciale, ad ottenerla in un contesto che prevedeva ancora un Parlamento di 945 tra deputati e senatori, sembra difficile pensare che possa riuscirci oggi, nel momento in cui guida da presidente della Provincia una maggioranza di centrosinistra espressa da tre aree politiche: quella di Zannini, quella di Luigi Bosco e quella di Nicola Caputo, addirittura assessore regionale all’Agricoltura, ipercontrollate dal governatore Vincenzo De Luca che di qui a due mesi dovrà votare il Pd, partito nel quale si ricandiderà il figlio Piero.

Di questi suoi tentativi, il presidente della Provincia, non aveva reso edotto Giovanni Zannini il quale, al di là del rapporto apparentemente fraterno, di Magliocca non si è mai fidato al 100%, altrimenti non avrebbe fatto tutto quello che ha fatto perché l’assunzione del suo amico ingegnere di Mondragone Alfonso Letizia, tra le altre cose candidato in una delle liste che Zannini ha messo in opera alle ultime elezioni amministrative nella stessa Mondragone, avvenisse il giorno 17 dicembre e, dunque, al grido “metti qui la pezza, altrimenti il sapone dei miei voti te lo sogni”, 24 ore prima dell’apertura del seggio delle elezioni provinciali che hanno sancito la riconferma di Magliocca alla carica di presidente. Dall’altra parte, però, Zannini si è mosso per ottenere a sua volta una candidatura alle prossime politiche. Da una sola parte poteva andare, visto che, il centrodestra, con il quale pur si era reso disponibile prima della pandemia, quando in pochi scommettevano su una rielezione di De Luca, non è più un’area da lui praticabile e visto che, dall’altra parte, l’ultima cosa al mondo che il Pd farebbe, sarà quella di candidarlo, rimaneva un solo pertugio, cioè un solo partito, in grado, sondaggi alla mano, di superare agevolmente la soglia di sbarramento del 3% che garantisce la partecipazione alla ripartizione dei seggi nei collegi plurinominali proporzionali e che, dunque, qualche voce in capitolo ce l’ha anche nella ripartizione dei candidati di una, a questo punto molto probabile coalizione di centrosinistra nei collegi uninominali maggioritari. Questo partito si chiama Azione. Che un po’ di tempo fa si è federato con Più Europa e il suo leader si chiama Carlo Calenda.

Zannini ne ha parlato prima con il suo collega Sommese che ad Azione già appartiene, ma ha capito subito, che con la coperta corta di queste elezioni politiche, Sommese pensa ai propri interessi e a promuovere candidature che in futuro, magari, potranno essere a lui riconducibili. Insomma, Zannini ha dovuto salire in auto e andare a Roma dove, con i buoni uffici di qualcuno, sarebbe riuscito a parlare direttamente con Calenda.

Ma ripetiamo, tutto ciò è successo senza che, almeno in un primo tempo, lui sapesse delle intenzioni di Magliocca e Magliocca di quelle di Zannini. Entrambi, ovviamente, come si suol dire “stavano nel loro”, cioè in un habitat naturale, in una zona di comfort adattissima alle attitudini di entrambi; una dimensione dalla quale l’orizzonte che segna il confine, il discrimine tra la bugia istituzionalizzata e la verità, la sincerità, consumate anche come atto raro, si vede esattamente così come lo vedevano gli astronauti dell’Apollo 11 mentre passeggiavano sul suolo lunare, circondati da un buio pesto che più buio non si sarebbe potuto, anche perché sulla Luna ci stavano, per cui questa non li poteva illuminare.

Da Calenda pare si sia recato anche il sindaco di Marcianise Antonello Velardi.

Mica male questa coppia di aspiranti. E qui ci tornano in mente contenuti di atti giudiziari, su cui abbiamo speso tantissime nostre energie qualche anno fa. Di Carlo Calenda, la maggior parte delle persone ha costruito la convinzione che si tratti di un politico moderno, un po’ sui generis rispetto agli standard italiani, di stampo americano, della serie “pane al pane e vino al vino” e in grado, durante la campagna elettorale per le elezioni comunali di Roma per le quali si è candidato a sindaco, ha anche attuato un sistema non solo parolaio, demagogico, fondato sulla solita promessa assertiva ma strutturato in una sua stabile presenza fisica nei quartieri popolari, nelle borgate, alla ricerca di un contatto di prossimità reale che non si esaurisse nella solita visita al mercatino rionale che generalmente fanno tutti quelli che si candidano.

Noi abbiamo avuto lo stesso tipo di impressione. Calenda si è mosso bene, ha comunicato meglio e oggi è in grado di intercettare un voto borghese e moderato, proveniente dai ceti produttivi, soprattutto da quelli delle aziende di dimensioni medio-alte. Questa nostra impressione, però, abbiamo dovuto mescolarla con tutto quello che avevamo letto in alcuni atti di indagine della Direzione distrettuale antimafia di Palermo, contenenti intercettazioni e la narrazione di episodi che avevano visto il nostrano Carlo Savoia, arrestato e ai domiciliari per parecchi mesi, con la sua azienda dei rifiuti sequestrata dall’autorità giudiziaria e accusato di essere stato un facilitatore degli interessi della camorra nelle gare di appalto di diversi Comuni, tra cui quelli di Caserta e di Aversa, fare carte false per incontrare, insieme ad un imprenditore di una conosciuta azienda siciliana del settore delle pulizie e anche dei rifiuti, l’allora ministro per le Attività produttive Carlo Calenda. Un incontro che si realizzò e che fu, probabilmente, anche utile per far conoscere a Calenda le virtù di quell’azienda siciliana e di quell’imprenditore, più volte implicati in inchieste di mafia che si trovavano ad essere toccati dalla grazia di un super affidamento riguardante l’esercizio di diversi servizi di pulizia e bonifica all’Ilva di Taranto, che non è esattamente paragonabile al comune di Roccacannuccia e ad un appalto per la raccolta degli rsu del medesimo.

E allora, chi è il vero Carlo Calenda? Quello moderno, preparato, sciolto nell’eloquio, comprensibile ma allo stesso tempo mai banale o quello che riceve, senza chiedere dovute informazioni, il Savoia e l’imprenditore siciliano di cui poi recupereremo facilmente il nome nel nostro archivio?

Ma questo cosa c’entra con le ambizioni di candidatura di Giovanni Zannini e Antonello Velardi? C’entra, c’entra e tanto di più e se sarà necessario, spiegheremo dettagliatamente perché.