ELEZIONI REGIONALI, il sondaggio e la nostra analisi. Chi è avanti tra De Luca, Caldoro, Carfagna e il generale Costa

18 Novembre 2019 - 19:14

CASERTA – La premessa di sempre quando parliamo dei sondaggi di Antonio Noto: la sua IPR Marketing è, a nostro avviso, tra i migliori istituti di sondaggi italiani.
Nel senso che quando la IPR viene assoldata da qualche grande quotidiano o da telegiornali nazionali, compie un lavoro pregevolissimo e nel riscontro tra quello che è stato previsto, soprattutto quando si tratta di intenzioni di voto, e quello che è effettivamente saltato fuori dall’urna, è sempre efficace (gli scarti sono veramente minimi quando non addirittura infinitesimali).
Stavolta Antonio Noto e la IPR Marketing hanno lavorato su commissione di Clemente Mastella, sindaco di Benevento e aspirante candidato alla presidenza della Regione.
E allora, con la schiettezza che ha sempre connotato le nostre valutazioni sul lavoro di Noto e della sua società, quando questo ha una ricaduta in un contesto di alto valore pubblico com’è senza dubbio quello di un sondaggio pre-elettorale, peraltro importante come questo, diciamo che il sondaggio commissionato da Mastella, cioè da un soggetto parte in causa della vicenda delle elezioni regionali (che, diciamo così, incrocia le dita augurandosi che i numeri emersi dal sondaggio arridano ai suoi desiderata) va preso un pelino con le molle.
Questo scrivevamo anche 10 o 15 anni fa, quando un Noto non ancora…noto come oggi, lavorava spesso al servizio dell’allora sindaco di Caserta Luigi Falco, che lo ripagava con importi prelevati dal bilancio comunale.
Fatta la premessa, scritte le prescrizioni per l’uso, passiamo all’esito.

 

IL SONDAGGIO SUI CANDIDATI A GOVERNATORE – Dunque, come non era neanche tanto difficile prevedere, la somma dei partiti che appoggeranno il candidato del centrodestra esprimerà una netta prevalenza rispetto a quella che scaturirà dall’apporto dei partiti e, più in generale delle liste, collegate al candidato del Pd e del centrosinistra.
Ancor più netto sarà lo scarto rispetto a un terzo candidato espresso da 5 Stelle.
Più nel dettaglio, con Mara Carfagna candidata, il centrodestra, inteso come somma delle percentuali dei partiti che lo compongono, si attesterebbe al 44% a fronte del 32% di De Luca quale risultato frutto della somma delle liste della coalizione di centrosinistra, considerando anche eventuali voti direttamente dati al candidato governatore o attribuiti ad esso attraverso il metodo del voto disgiunto (io metto la X su De Luca ma voto un partito di un’altra coalizione).

Il terzo candidato, la IPR Marketing compie una stima su Sergio Costa, attuale ministro dell’Ambiente, nonché generale dei Carabinieri-Forestali, che si attesta a un comunque lusinghiero 22%.
Nel caso in cui i candidati del centrodestra fossero Stefano Caldoro, che oggi è l’opzione più probabile, o Clemente Mastella, il dato finale dl candidato governatore sarebbe solo leggermente più basso rispetto a quello della Carfagna.
Sia Caldoro che Clemente Mastella, quest’ultimo ricordiamo committente del sondaggio, vengono valutati da IPR al 42%.
De Luca avrebbe due punti in più, portandosi al 34%, mentre il ministro Costa al 20%.
Nel primo caso, cioè con la candidatura della Carfagna, i tre candidati principali assorbirebbero il 98% dei consensi.
Negli altri due casi, cioè con Stefano Caldoro o Clemente Mastella in campo, i tre candidati di centrodestra, centrosinistra e 5 Stelle, assorbirebbero il 96%, dando più spazio, dunque, a qualche candidato di minore importanza o al voto non valido, cioè quello costituito dalla schede bianche e dalle schede nulle.

IL SONDAGGIO SUI PARTITI DEL CENTRODESTRA. IL DATO DELLA LEGA NON CONVINCE – Una stima che fa piacere a Forza Italia ma che è in controtendenza con le stime nazionali che, ricordiamo, hanno previsto in pieno o quasi il risultato delle ultime elezioni europee, accredita il partito di Berlusconi di un 16%, primo partito della coalizione, che così guadagnerebbe un 2.3% rispetto al dato delle europee pari al 13.7%, anche se perderebbe altrettanto, cioè un 2.2% rispetto al risultato raggiunto alle politiche del 2018.

Ciò accadrebbe se il partito rimanesse unito, cioè senza l’eventuale scissione della Carfagna.

Per quanto riguarda la Lega, che alle europee in Campania ha raggiunto il 19.2% IPR la stima, in maniera a nostro avviso non convincente, al 13%, quando tutti gli istituti di sondaggio gli attribuiscono oggi gli stessi voti delle europee.
Ciò vuol dire che questo 6% perso inopinatamente in Campania si dovrebbe andare a recuperare altrove, visto il 34% e passa raccolto in Umbria, riteniamo invece equilibrata, seria, una previsione che attesti il partito di Salvini attorno al dato raggiunto alle europee.

Potenzialmente potrebbe andare anche molto oltre, ma la presumibile minore forza dei candidati che correranno nelle sue liste, popolate da un numero di marpioni della preferenza inferiore rispetto a quello espresso nelle liste di Pd o Forza Italia, tengono la previsione vicina a questo 19% che comunque rappresenterebbe quasi 15 punti in più rispetto al 4.3% raccolto alle politiche del 2018.

Il dato di Fratelli d’Italia, invece, è perfettamente in linea con quello indicato da tutti gli istituti di sondaggi: un rotondo 10%, cioè il doppio di quel 5.8% già salutato positivamente, delle europee del maggio scorso.
Il triplo rispetto al 3.5% raccolto in Campania alle politiche del 4 marzo 2018.

IL SONDAGGIO SUL PD E SUL MOVIMENTO CINQUE STELLE – Dall’altro lato, il Pd, cioè il partito maggiormente in grado di far valere la cifra clientelare, in considerazione del fatto che negli ultimi 5 anni ha avuto il potere in mano a Napoli, è valutato al 22%, circa 3 punti in più rispetto alle europee e 9 punti in più rispetto alle politiche.
Ora non è che al timone del Partito Democratico siano arrivati Tony Blair, Clinton o Obama. Questa differenza tra il possibile 22% di oggi e il 13% raccolto alle politiche è proprio il frutto della differenza sostanziale delle due leggi elettorali e anche dei due connotati identitari relativi al tipo di elezione (politico-parlamentare del 2018, regionali nel giugno prossimo).
È chiaro che se tu schieri un Graziano, un Olivieri, a Napoli un Casillo o un Marrazzo, questi qua che hanno fatto politica e la fanno quasi solo attraverso la coltura delle clientele, porteranno dei voti che potremmo definire di proprietà. Voti tipici del Sud, che oggi vanno con il Pd perché lì c’è una mangiatoia e domani potrebbero andare benissimo con Forza Italia, la Lega o anche FDI se la mangiatoia dovesse spostarsi.
Per il momento in Campania Renzi non andrebbe granché bene.
IPR Marketing lo accredita di uno striminzito 3%. 3 punti in meno delle medie dei sondaggi relativi al dato nazionale.
Rimanendo ai partiti, le altre liste non riescono a superare il 2% e lo stesso Movimento 5 Stelle, dato al 18% rispetto al 20 o al 22% accreditato al suo candidato Costa sarebbe lontano anni luce dal 33.9% raccolto alle europee e dal fantasmagorico 49.4% (lo votò 1 campano su 2) riportato alle politiche.

LE LISTE CIVICHE DEI CONSIGLIERI “ABBEVERATI” DA DE LUCA UNICA SPERANZA DEL GOVERNATORE USCENTE – In questo sondaggio non entrano, per il momento, le liste civiche. Il che lo rende ancora significativamente debole come strumento scientifico in grado di approssimarsi seriamente a quello che sarà l’esito delle elezioni regionali.
Ci risulta che anche il centrodestra si stia attrezzando con le civiche; che anche l’ex assessore Montemarano non sa bene, a questo punto, se andare di qua o di là; mentre sappiamo che il movimento civico fondato cinque anni fa da Alfonso Piscitelli, consigliere regionale uscente, stavolta non scenderà in campo con il centrosinistra, bensì dall’altra parte, in un’area non lontana, seppur del tutto autonoma, dalle posizioni della Lega.

Nel centrosinistra qualcosa nascerà nell’area renziana tra Caputo e Bosco.

Ci sarà Campania Libera, che poi è finita nelle mani dei Casillo.
E poi ancora i Popolari del quasi centenario Ciriaco De Mita e del quasi novantenne Paolo Cirino Pomicino, i socialisti che magari correranno insieme ai Verdi e naturalmente la lista del presidente, che avrà per un contraltare sia nel centrodestra ma anche, a questo punto, al fianco del candidato 5 Stelle, visto che Di Maio ha dichiarato, dopo la disfatta umbra, che il suo Movimento a questo punto è pronto ad aprire storicamente, per la prima volta, a movimenti civici che condividano gli ideali e i contenuti del “verbo grillino”.

CONCLUSIONE – Prima conclusione: con tre candidati a presidente, il centrodestra se la gioca molto di più di quanto De Luca si aspettasse. Siccome nessuno dei candidati, forse un pelo solo Costa se scendesse in campo, è in grado di portare anche un minimo di valore aggiunto di voti propri, personali, sarà la struttura delle coalizioni, intesa come quantità di liste, soprattutto civiche, in appoggio ai candidati governatori, a decidere la contesa.
L’iniezione di liste civiche di tipo iperclientelare dovrà consentire, nel piano da lui elaborato, a De Luca di distogliere il 10%, meglio ancora il 12% dei voti validi, tra i 240mila e i 280mila voti dall’idea fondata sull’opinione, di votare il centrosinistra perché l’amico dell’amico, oppure l’amico dell’amico della “commara” del cugino, deve avere un posto di lavoro e magari glielo hanno promesso Graziano, Casillo, Marrazzo, Topo e compagnia, cioè gente che su questo terreno oggi è più convincente di quanto non lo possa essere un Grimaldi e finanche un Armandone Cesaro, il quale le elezioni le dovrà fare mentre viene processato, nel tribunale di Aversa-Napoli Nord, con l’accusa di voto di scambio, compiuto da lui e da suo padre Giggino “a’ purpetta” proprio alle elezioni regionali della volta scorsa, svoltesi il 31 maggio 2015.