ESTORSIONI DI CAMORRA. L’organizzazione di Picca e De Santis ha messo nel mirino il noto caseificio Caputo ed anche… un altro Caputo

24 Aprile 2025 - 18:49

Continuiamo la trattazione delle dichiarazioni, riversate nei procedimenti riguardanti il clan Picca-Di Martino, del pentito Francesco De Chiara, autentico braccio destro di De Santis

TEVEROLA (g.g.)Nei verbali di interrogatorio del collaboratore di giustizia Francesco De Chiara emergono altre vicende interessanti ed anche inquietanti. Ci riferiamo a due estorsioni tentate ai danni di altrettante attività imprenditorial-commerciali di Teverola molto conosciute: il caseificio Caputo e, sempre rimanendo in tema con il cognome Caputo, per altro molto diffuso a Teverola, un’impresa di edilizia.

“Ricordo con precisione che nel periodo prima di Pasqua, Nicola Di Martino mi chiamò e mi disse che dovevamo andare da Caputo dell’edilizia” – ha raccontato De Chiara all’attenzione del sostituto procuratore Simona Belluccio“Lo andai quindi a prendere a casa con la mia autovettura Range Rover di colore bianco. Io restavo a bordo mentre Di Martino scendeva per chiedere al titolare un regalo per Pasqua, intendendo con tale termine una richiesta estorsiva”.

Sempre secondo il pentito, il Di Martino gli aveva riferito, una volta tornato in auto, di aver avanzato una richiesta di 400 euro. Cifra che, però, non aveva convinto Francesco De Chiara, come ha testimoniato nella sua dichiarazione resa agli uomini della Dda e in cui ha esplicitato i suoi dubbi sul reale importo inoltrato dal ras Nicola 23: “Al dire il vero, credo che abbia chiesto una somma ben più alta”. Per poi aggiungere: “In tale circostanza, mi disse che era tutto a posto e che saremmo dovuti ritornare il sabato successivo per ritirare la somma di danaro richiesta”.

Dopo aver lasciato l’impresa di edilizia e ferramenta targata Caputo, sempre su indicazione di Nicola Di Martino, i due decidevano di raggiungere l’omonimo caseificio di via Roma. “Anche qui Di Martino doveva avanzare una richiesta estorsiva – ha proseguito De Chiara nella sua deposizione – al suo rientro in macchina mi disse (Di Martino, ndr.) di aver richiesto la somma di 1.500 euro quale ‘regalo’ per Pasqua e che anche in questo caso saremmo dovuti tornare a riscuotere il sabato successivo”.

Ma nel giorno ics, fissato per la riscossione del pizzo ai danni dei due Caputo, le cose per Nicola Di Martino prenderanno una piega ben diversa da quella che aveva immaginato. Il gregario Nicola 23 tornerà infatti dietro le sbarre, seguito a ruota dal capozona per eccellenza Aldo Picca. Entrambi saranno fermati dai carabinieri proprio nella giornata del Sabato Santo e chiusi in cella il lunedì di Pasquetta per aver commesso il reato di estorsione aggravata. Ancor prima dei verbali del pentito De Chiara, le indagini dei militari si erano già concentrate su una possibile attività estorsiva promossa dal clan Picca-Di Martino. Nel mirino del racket erano infatti finiti anche due professionisti di Teverola, un farmacista e un rivenditore di materiale elettrico che, chiamati in caserma, denunceranno il pizzo incastrando i due camorristi.

L’arresto dei due boss teverolesi spingerà in seguito il neo collaboratore di giustizia De Chiara a riverniciare di grigio il suo Range Rover, ovvero l’automobile da lui utilizzata nel suo ruolo di autista per Di Martino: “Avendo saputo che la mia vettura era stata ripresa dalle telecamere di Caputo dell’edilizia in occasione dell’estorsione, l’ho fatta riverniciare di grigio”.

“Ciripì”, questo il soprannome di De Chiara, fa però ai magistrati un’ulteriore dichiarazione. Nonostante “il regalo” di Pasqua mancato, ha modo di scoprire da Salvatore De Santis che il caseificio Caputo non fosse nuovo al pagamento del pizzo, essendo state avanzate già in passato altre richieste estorsive che il titolare aveva provveduto a rispettare: “So con certezza che il Caputo del caseificio aveva anche pagato richieste estorsive in precedenza, così come riferitomi da Salvatore De Santis, il quale se ne era occupato personalmente”.