I super boss dei CASALESI lo chiamavano “Sandrino” Diana. Sandokan lo avrebbe voluto sindaco di CASAL DI PRINCIPE, il figlio Nicola Schiavone “lo marcava a uomo”

8 Luglio 2020 - 13:24

Altri racconti molto interessanti perchè riguardano uno spaccato importante della storia recente di questo territorio quando la politica, la pubblica amministrazione con le burocrazie che la gestiscono e il clan dei casalesi erano praticamente un tutt’uno

 

CASAL DI PRINCIPE(g.g.) C’è un paragrafo a parte, dedicato esclusivamente al racconto specifico che il collaboratore di giustizia Nicola Schiavone, figlio di Francesco Schiavone Sandokan, ha dedicato al rapporto tra il clan e l’ingegnere Alessandro Diana di cui Schiavone ricorda bene anche il diminutivo di “Sandrino”, utilizzato dai suoi amici. In realtà non è solo un rapporto di tipo funzionale, quello che racconta Nicola Schiavone ma avrebbe anche connotazioni affettivo-familiari. Strettissimo sarebbe stata la relazione e la reciproca stima che avrebbe legato Alessandro Diana al padre di Nicola Schiavone cioè al boss più alto di grado del clan dei casalesi, Francesco Schiavone.

Quest’ultimo avrebbe, addirittura, parlato con il figlio, riteniamo durante qualche colloquio carcerario o magari inviandogli qualche informazione attraverso altri interlocutori dei medesimi colloqui, raccomandando l’impiego di Alessandro Diana come possibile carta fidatissima nel caso in cui il clan avesse avuto la necessità di un controllo ancora più diretto sull’amministrazione comunale di Casal di Principe.

Francesco Schiavone chiese ai suoi di tenere sempre pronta l’opzione di Alessandro Diana come possibile sindaco del comune in cui i boss dettavano legge.

Il pentito non conosce tutto il corredo delle relazioni di Diana, non sa per esempio quello che poi Antonio Iovine ‘o ninno avrebbe raccontato a sua volta sulla disponibilità mostrata dall’ingegnere per gli imprenditori del cartello sanciprianese. Sul ruolo di Antonio Iovine, però, Nicola Schiavone racconta che o’ninno era uno dei pochi a conoscere la struttura, il reticolo relazionale di suo padre. Per cui, ritiene che fosse pienamente consapevole della familiarità quasi fraterna che avrebbe legato Sandokan all’ingegnere.

Il rapporto era buono con tutta la famiglia: Nicola Schiavone racconta di un Antonio Diana, che definisce “fratello o cugino di Sandrino” che si è sempre messo a disposizione e che aveva affittato un ufficio in via Vaticale dove Nicola Schiavone insediò la sua impresa e dove avrebbe tenuto molte riunioni di camorra. Quell’ufficio fu ceduto da Nicola Schiavone a quelli che lui definisce gli avvocati “Marcello e Erminio Schiavone”. Marcello dovrebbe essere quello che in più occasioni si è cimentato in politica candidandosi anche alle elezioni provinciali sempre in area centrodestra, partito repubblicano, se non ricordiamo male, a differenza di Nicola Ferraro che, aderendo all’Udeur di Mastella, di cui diventò leader incontrastato in provincia di Caserta, si aggregò al centrosinistra di Antonio Bassolino.

Nicola Schiavone racconta ancora di essersi posto il problema di aver lui stesso un rapporto diretto con l’ingegnere Alessandro Diana per evitare che attorno a questi sia addensasse troppa concorrenza, da parte degli altri gruppi criminali del clan dei casalesi. Questo rapporto privilegiato e diretto sarebbe stato reso fluido e stabile, sempre secondo il racconto del pentito, da Sebastiano Ferraro, al tempo consigliere provinciale dell’Udeur, deceduto poco tempo fa.

 

QUI SOTTO LO STRALCIO DELL’ORDINANZA