IL FOCUS. CASERTA. Vergogna: Pica e Marino rimpinzano di quattrini i morbidi revisori dei conti. Consiglieri comunali svegliatevi!
13 Giugno 2019 - 18:44
CASERTA (g.g.) – La ragion d’essere dell’aumento degli emolumenti ai tre revisori dei conti del comune di Caserta è tale da rendere questa notizia non meritevole di essere corredata da dati analitici, da elementi che dimostrano l’assurdità sottesa alle scelte effettuate dal comune capoluogo. In poche parole, la partita potrebbe essere chiusa in tre righe, rinnovando le consuete, ma sempre attuali, note di biasimo e di condanna di come il sindaco Carlo Marino e questo strano professore napoletano di nome Federico Pica gestiscono le finanze del capoluogo.
Ma siccome, parafrasando come spesso ci capita una delle battute più famose de Il Marchese del Grillo dal sacerdote interpretato da Flavio Bucci, “noi siamo noi e tutti voialtri (con ragioni analiticamente spiegate) non siete un cazzo” abbiamo trascorso questo pomeriggio a 35 gradi nell’allegria lieve di una ricerca e una lettura integrale, non delle copie vintage di Playboy come avremmo gradito fare, ma mettendoci in comunione con alcuni arrapantissimi
Eppure ci tocca, perché questi qua dei soldi pubblici fanno strage.
Andiamo con ordine. Il collegio dei revisori dei conti del comune di Caserta già viene remunerato con il massimo possibile del compenso annuo per i comuni che vanno dai 60 mila ai 99 mila 999 abitanti, così come precisamente regolamentato dall’articolo 1 del citato decreto interministeriale.
Per lavorare quelle 3 o 4 ore al mese, i revisori di oggi, ma anche quelli di ieri, intascano ognuno 18.410 euro lordi, al netto un mille euro mensile puliti puliti e poco ostentati.
Per cui, già questa retribuzione, in un comune come quello di Caserta che, tra i pochissimi nella storia d’Italia, ha sovrapposto un dissesto finanziario ad un altro dissesto, andrebbe ridotto. No, Marino, Pica e l’allegra compagnia, non solo non lo riducono, ma vanno a cercare, dentro al decreto interministeriale quel paio di passaggi che consentono addirittura di incrementare il compenso ai revisori. Questo avviene, per mera coincidenza, dopo una serie di controversi e discutibilissimi pareri favorevoli forniti dai revisori, i quali non fanno una piega dinanzi a un bilancio stabilmente riequilibrato (si fa per dire) che presenta falle da tutte le parti e si comportano come se Caserta fosse un comune normale e non invece un ente che non ha approvato il consuntivo 2017, il preventivo 2018, il consuntivo 2018 e il preventivo 2019.
Questa non è dietrologia, questa non è cultura del sospetto. Noi non diamo per certa la connessione tra pareri e aumento dei compensi, anzi, fino a prova contraria, questa non c’è. Ma nessuno può mettere in discussione che, giornalisticamente parlando, questa straordinaria coincidenza di tempi e azioni sia tale da meritare un’adeguata sottolineatura.
Quei fresconi del ministero dell’Interno, assieme a quelli dell’Economia e delle Finanze, invece di limitare questo spreco di risorse, invece che specificare che un comune in dissesto non possa applicare neppure il massimo della retribuzione di base, apre persino la strada a quelle che definisce “maggiorazioni”. Dall’articolo 1, comma 1, procediamo di un centimetro e leggiamo cosa dice l’articolo 1, comma 1, lettera A: “Sino ad un massimo del 10 per cento per gli enti locali la cui spesa corrente annuale pro-capite desumibile dall’ultimo bilancio preventivo approvato, sia superiore alla media nazionale per fascia demografica di cui alla tabella B allegata al decreto“.
Insomma, la solita porcheria all’italiana che non dà obbligazioni vincolanti ai comuni dissestati o finanziariamente complicati, ma lascia ai sindaci la possibilità di applicare sul “limite massimo del compenso base annuo lordo” anche la maggiorazione, meglio definita in questa tabella che andiamo a vedere. In poche parole, il comune di Caserta fa ricorrere le condizioni per garantire ai revisori una cifra pari a 1.410 euro, da aggiungere ai 18.410 €.
Finito? Se, se, l’alfabeto è lungo: articolo 1, comma 1, lettera B del decreto interministeriale del 21/12/2018: altri 1400 euro perché c’è anche il parametro alla misura alla “spesa per investimenti annuale pro-capite“. E con questi arriviamo a 21.230 euro lordi per ogni revisore. Ma siccome poi c’è il presidente, che è sempre il presidente, poi diamo un ulteriore maggiorazione del 5o%, che dovrebbe essere, quindi, sui 21 mila euro, che porta la cifra annua sui 32 mila euro circa.
Attenzione, la legge, il decreto interministeriale, non obbliga i comuni ad applicare questi aumenti, non a caso si parla di “limite massimo” nel caso della retribuzione ordinaria. E non a caso, nelle lettera A e B, quelle delle “maggiorazioni“, viene scritto testualmente “sino ad un massimo…“.
Ciliegina tossica sulla torta è il passaggio della proposta di Pica che si commenta da sé: il compenso adeguato verso l’alto prenderà il via dal 1 gennaio 2019. Il decreto afferma il contrario perché, così scrivono i ministeri, “L’eventuale adeguamento del compenso deliberato dal consiglio dell’ente in relazione ai nuovi limiti massimi fissati dal presente decreto non ha effetto retroattivo.” Siccome questa schifezza firmata da Pica è datata 22 marzo 2019, l’assessore ha potuto solamente determinare un atto di potestà, attestando invece con chiarezza logica ma anche oggettivo-temporale, la retroattività. Ma siccome il comune di Caserta è un circo e lo è fino in fondo, questa retroattività stabilità nella data del 1 gennaio 2019 è addirittura anteriore di 3 giorni alla pubblicazione e dunque all’entrata in vigore del decreto interministeriale.
Se questi consiglieri comunali di Caserta conservassero un minimo di dignità, invece di partecipare nei conciliaboli e nei gruppetti che si formano ogni giorno sotto quell’orrendo palazzo a forma di bidet che chiamano Municipio, all’orgia della dissipazione, al malcostume del favore chiesto e ricevuto aumm aumm, si riapproprierebbero della loro funzione e boccerebbero questa vergognosa delibera che verrà votata domani in consiglio che, dopo l’innesco avvenuto lo scorso 22 marzo sotto forma di proposta formulata dall’ineffabile assessore Federico Pica, un napoletano che non sa neppure le 4 strade più importanti di Caserta, dicevamo, se avessero un minimo di dignità, bloccherebbero questa porcheria in commissione. Ma se proprio non dovessero riuscirci, alzerebbero le barricate in consiglio comunale per evitare che chi già intasca il massimo consentito dalla legge, vada a depauperare ulteriormente le pubbliche risorse con maggiorazioni che non hanno senso di esistere, perché al di là del tecnicismo del requisito che c’è o non c’è, Caserta ha in testa un macigno che ha ipotecato la vita delle prossime 3 generazioni di cittadini, indebitandoli proprio per le scelleratezze compiute dalla sua classe politica negli ultimi 20 anni, con quest’ultima amministrazione a “sublimare”, perfezionandole, tutte le nefandezze del passato.
I DUE PASSAGGI DEL DECRETO E IL DOCUMENTO DEL COMUNE