IL SACCO DI CASERTA. La liquidazione del cinema San Marco e la Soprintendenza che guarda dall’altro lato mentre il centro storico viene cancellato

30 Agosto 2024 - 17:53

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CASERTA (p.m.) – Da qualche tempo, sui social casertani si è affacciato nuovamente il tema dell’ex cinema San Marco, dopo la sua definitiva vendita ad un privato lo scorso anno per farci altro, allorché in tanti avevano protestato per la perdita dell’ultimo cinematografo della città, nella assoluta indifferenza delle forze economiche ed imprenditoriali del territorio, ma soprattutto di quelle politiche, comune in testa.

L’occasione per ritornarvi sopra è stata data dalla definitiva rimozione dell’iconica insegna luminosa che ne sormontava l’ingresso in corso Trieste, avvenuta ad inizio di questo agosto. Soprattutto i casertani da  più generazioni – che hanno potuto vivere la Caserta degli ultimi decenni e la quale è certamente meno  intima ai tanti nuovi residenti che si sono aggiunti negli anni – hanno avuti toni accorati, recriminazioni  e accenti in apparenza nostalgici, ma più di rammarico per quello che si poteva realisticamente  fare per tutelare  quella che è stata pur sempre una testimonianza della vita sociale passata del capoluogo.

Alcuni caratteri dell’insegna prima della rimozione

Qualcuno avrebbe voluto che almeno la scritta illuminata del nome fosse salvata per il suo valore storico locale e per lo stile del suo lettering, certamente originale e distinto.

Ci dispiace per loro, ma, nonostante cittadini casertani di lunga data, evidentemente non hanno ancora ben capito dove si trovano, in una città che è stata capace di buttare a terra i suoi palazzi più belli e che lo continua ancora oggi per quel poco che ne è rimasto. Certo, le amministrazioni comunali hanno avuto ed hanno le loro enormi e gravissime responsabilità, ma la cittadinanza che guarda e lascia fare non può sentirsi esente da colpe. Specie nel caso del sindaco Marino il quale, eletto due volte, sta definitivamente spianando il centro storico, facendo lo gnorri (è stranota, ormai, la puntuale ipocrita tiritera di una sua pretesa valorizzazine turistica della città, nel mentre l’abbatte nella parte antica)  e tenendo sottochiave il PUC in lungaggini amministrative e senza una credibile spiegazione.

Chi segue con più assiduità CasertaCe.net sui temi urbanistici sa che imputiamo questa realtà  – ancora prima che alla speculazione edilizia sostenuta, per comparaggi vari, dalle nostre classi politiche, alle quali è di fatto da sempre connaturata – alla Soprintendenza ai beni culturali della provincia. Anziché essere il gendarme, l’occhio vigile sugli abusi nel suo ambito, architettonico, paesistico e delle arti in una realtà in cui l’abuso è antropologicamente ovunque, un costume sociale, in cui sono stati persino costruiti interi paesi abusivi sotto lo sguardo di cittadini, vigili ed assessori, non vede, non sente, non parla.

Eppure crediamo che il suo apparato burocratico venga pagato anche svolgere una vigilanza fattiva sul  territorio e non solo per lo spostamento di carte e fascicoli che dicono ciò che gli pare. Si tratta di nostre malevolenze? Vogliamo parlare, allora, di uno degli ultimi Soprintendenti preso con le mani nel sacco o di quello, di residenza romana, che stava più nella capitale che a Caserta? E vogliamo dire che non ricordiamo un intervento significativo di salvaguardia sul centro storico casertano, il quale pure, come ha avuto a dire, nel corso di una interrogazione comunale, l’ultimo assessore all’urbanista defenestrato, salvo il nucleo urbano più stretto della città, i restanti quadranti del centro  storico sono privi di vincoli, pur presentando edifici di pregio storico-identitario. E vogliamo dire che, proprio sulla base di questa impostura, si stanno abbattendo gli ultimi palazzi padronali tipici?

Possiamo illuderci che, come d’altronde dovrebbe essere, il Soprintendente delegato protempore Mariano Nuzzo possa mettere mano, nell’interesse pubblico e senza soggezioni politiche od opportunistiche che hanno finora dominato la materia a Caserta, a tutta questa melma? Pure, ce lo farebbe sperare il suo recente ed inusitato provvedimento di vincolo apposto sull’area dell’ex fabbrica Olivetti di Marcianise, il sopralluogo immediato effettuato, sempre a Marcianise, alla pregevole chiesa dell’Annunziata dopo un esposto sul presunto degrado di essa e qualche altro suo intervento. A segno che l’uomo è capace, se vuole, di assumere le iniziative e le decisioni che servono, senza donnabondismi o interessi tralatizi.

Se così fosse, come ci auguriamo, guardi per piacere subito a Piazza Correra, i cui antichi caseggiati inglobano tra l’altro la cappella della Ratta del  sec. XVIII. E sempre che non sia già tardi, perché si scoprirà che è già avvenuto il rilascio di ancora nuove licenze edilizie  per abbatterla e ricostruirla.   Giacché parliamo di documenti ed atti che qui, all’opposto della trasparenza, restano avvolti da una fitta nebbia, adottati non si sa come, da chi ed in tutto segreto più che riservatezza, e sistematicamente – e per quanto ci riguarda artatamente –   occultati nell’albo pretorio. E che spuntano fuori solo quando i relativi cantieri edili vengono avviati, impedendo con tale tecnica e sotterfugio ogni forma possibile di  confutazione alle opere.

Ma torniamo al cinema San Marco, con un ragionamento che ci torna utile con riguardo sempre al ruolo della Soprintendenza.

L’ingresso dello storico CineClub Vittoria di Casagiove

E’ accaduto che, nel 2016, il noto “Cineclub Vittoria” di Casagiove veniva dichiarato di interesse particolarmente importante ai sensi del codice dei beni culturali. La storica sala, che era stata venduta per essere trasformata in un supermercato, in tal modo veniva salvaguardata ai fini della sua funzione culturale nel territorio e della promozione del cinema d’autore. Ora, se si legge il decreto appositivo del vincolo, la cui adozione fu suscitato da un forte movimento di opinione pubblica, si coglie come i fatti e le circostanze  alla base del provvedimento non differiscono da quelli ricorrenti, allo stesso modo sostanziale, per il cinema San Marco di Caserta. Leggiamo cosa dice, tra le altre cose, la relazione storico-artistica che accompagna il decreto di vincolo: “Si è pertanto di fronte ad una struttura, quella del Cinema Vittoria, che sebbene non si connoti per un particolare interesse monumentale o artistico, ha sicuramente svolto, storicamente, …un ruolo determinante per lo sviluppo culturale della Città di Casagiove e della limitrofa Città di Caserta”.

Solo che lì, a dispetto di queste analogie e con concomitanze ulteriori di cui subito diremo, il cinema è stato salvato. A Caserta lo si è venduto e nulla si è fatto. Anzi è stata l’escogitazione  per costruire un intero ed abnorme nuovo condominio di lusso con ingresso di rappresentanza e principale in corso Trieste ed accesso di servizio e carraio in via S. Antida, umiliata e degradata ancora  di più da tale bruttura edilizia fuori contesto e fuori di ogni proporzione, sebbene una delle strade secolari della città.

Dicevamo delle circostanze comuni alle due sale cinematografiche. Dal bello e documentato sito Casagiove Antica animato da un attivo Alfredo Petriccione e dal volume La Terra dei Gatti Lupeschi del casagiovese Giuseppe Carlo Comes, che ricorda come “Uno  scritto [intendi, dell’autore, n.d.r.], inviato al Comune e lì dimenticato, ricorda la nascita, negli anni ‘50, e la vita del Cinema Vittoria. Analizza l’era buia della crisi durante la quale brillò come un faro, unica sala in provincia di Caserta, grazie alla irripetibile passione di Annibale Mastroianni e di un gruppo di giovani, altrettanto appassionati e determinati, riuniti nel “Cineclub”, ricaviamo che la fondazione del cinema si colloca a cavallo del dopoguerra e del boom economico che ne seguì.

E vediamo cosa dice del cinema San Marco, in alcuni suoi post, uno dei più attivi casertani sulle memorie della città, Alfredo Manzella: “il cinema San Marco fu inaugurato alla fine degli anni ’50 con la proiezione del film Totò Lascia o Raddoppia?, l’esilarante parodia del famoso telequiz di Mike Bongiorno. Lo ricordo perché con la mia famiglia ci recammo a vedere questo film ‘cult‘”. Ed ancora: “Nel primo pomeriggio di ieri ho seguito su un canale del digitale terrestre il film “Totò Lascia o Raddoppia?” La pellicola l’ho rivista per l’ennesima volta, con piacere e nostalgia. E’ stato il film esilarante con cui il cinema San Marco, a Caserta, inaugurò la sua apertura negli anni Cinquanta ed era la prima volta che i nostri amati genitori (mammina e papà) ci portavano a cinema, “grossa sorpresa” per noi quattro fratellini di 12, 10, 9 e 8 anni”.

Ritornano ugualmente gli anni ’50. Ma mentre l’importanza culturale della sala cinematografica veniva colta a Casagiove con l’apposizione del vincolo, come notavamo,  a Caserta  prevaleva la speculazione edilizia. Ed è singolare che, ad animare il comitato civico “Salviamo il San Marco, storico cinema di Caserta”, fosse Antonello Sessa, il neo assessore della nuova giunta Marino. Dall’esito di quell’impegno, rivelatosi inutile, si può dire che il generale in pensione si è andato a buttare nella tana del lupo.

In conclusione, la Soprintendenza, per quello che abbiamo cercato di evidenziare, potrebbe fare ancora molto per la tutela della  città storica. Permarrà nel suo eterno letargo, lasciando campo alle scorribande affaristico-urbanistiche di politici ed uffici tecnici come sempre, o farà finalmente qualcosa?

In basso, il residence, di notevole carico urbanistico, costruito in via S.Antida, negli spazi che furono del cinema San Marco. L’accesso in foto costituisce l’ingresso secondario e carraio, come dimostra anche la presenza a vista -non sappiamo quanto legittima – di impianti e volumi tecnici, dalla discutibilissima estetica e che abbruttiscono la storica strada. L’ingresso principale e di rappresentanza, di tutt’altra rifinitura, è dal corso Trieste. L’ammissibilità di una tale soluzione architettonica non sappiamo quanto sia stata legittima, alla luce dello strumento urbanistico vigente, a partire dal Repertorio di Architettura, il quale dispone: “Il Repertorio Architettonico R.A. ha carattere di indirizzo progettuale e nei casi specificati nelle U.P. e nell’U.M.I. assume valore prescrittivo” e dagli apparati iconografici collegati. Per venire al piano del colore. In nessun punto di essi troviamo la descrizione e la previsione di un tessuto edilizio con i caratteri cubitali ed i colori come quelli consentiti. Salvo che a palazzo Castropignano non lo considerino alla stregua della classica carta straccia.