ISTITUTO GIORDANI. Quando la scuola alleva e promuove la sana ambizione dei suoi studenti, è una scuola che vince. L’evento con De Laurentis…

11 Maggio 2022 - 19:45

CASERTA (g.g.) – La sfida dei saperi è la classica espressione di un proposito che si richiama e si protende verso una necessità. Tanto urgente quanto pericolosa, come pericolose sono tutte le parole che suonano bene, che sono trendy. Fonemi che “lo sporco lavoro”, compiuto  quotidianamente dal pensiero debole, finisce per rendere superficiali, sterilmente e banalmente assertive, insomma fini a loro stesse, trasformandole in un involucro privo di sostanza.

In tal modo la sfida dei saperi non si può neppure dichiarare, considerare persa, dato che il più delle volte questa non viene neanche lanciata, men che meno combattuta, sopravvivendo per lo stesso tempo che segna la vita dei  moscerini d’assalto che spesso irrompono a schiere nelle sere d’estate, e che dopo dieci  minuti  stramazzano stecchiti al suolo.

La sfida, la battaglia dei saperi esaurisce la propria esistenza tra l’inizio e la fine  di un convegno o di una esibizione televisiva o digital televisiva, che vede sfilare sulla passerella  questo o  quell’altro politico, il più delle volte autentici idioti, che da non sapienti matricolati e irreversibili quali sono, spiegano immancabilmente che la vita economica, sociale, gastronomica, sessuale e chi più ne ha più ne metta, migliorerà fino a diventare luminosa, solo se sarà vinta la sfida dei saperi, facendo le corna dietro al microfono, visto che se questo evento si verificasse per davvero, sarebbe proprio lui il primo ad essere messo alla porta delle istituzioni democratiche.
Ma nonostante l’ampio sciupio che se ne fa, questa espressione resta la chiave di volta di tutto, perchè oggi come nei secoli dei secoli, vince la comunità che somma al suo interno più saperi, più individui che, dunque, sanno, conoscono  in quanto hanno appreso. Questa somma di persone, di individui, nel momento in cui  e conoscono, hanno la possibilità di trasmettere il loro sapere agli altri.
Più individui sanno e più una somma di individui si approssima alla costituzione di una comunità compiuta e non solo auto dichiarata. E una comunità “che sa” è più civile, più prosperosa, più libera, più democratica, più consapevole del contributo che ogni suo componente può garantirle senza delegare questa funzione ai “politici furbastri” e ai “furbastri e basta” che soprattutto qui da noi sono i veri potenti, gli assoluti detentori di ogni potestà. Ma la svalutazione di certe parole e di certe espressioni non deve essere vissuta con rassegnazione.

D’altronde, appartenere alla cerchia ristretta delle donne e degli uomini di buona volontà significa battersi per i valori in cui si crede, gioendo, qualora  si riesca a raccogliere qualche risultato, ma sapendo che bisogna accettare con serenità il fatto che le parole del bene, quelle del sapere saranno respinte dall’indifferenza, dal malanimo, insomma dal comodo agire di quel pensiero debole a cui abbiamo già fatto riferimento in precedenza.
E allora, canta Arisa, assecondata da un bel testo del suo ex fidanzato Giuseppe Anastasi, scuola Mogol, “bisogna averne cura”.

Bisogna avere cura e proteggere l’integrità, l’importanza, la serietà di una espressione come quella su ci stiamo producendo.

Bisogna aver cura della battaglia per i saperi. E soprattutto non bisogna sciorinarlo come un fragile, superficiale e caduco spot pubblicitario.

Bisogna avere cura e rispetto per certe parole senza sprecarne neppure un’oncia.

Beh, noi da Casertace seguiamo da qualche anno il lavoro della preside Antonella Serpico e la sua generosa, faticosa direzione di una degli istituti più popolati della provincia, lo storico Giordani di Caserta. Se continuiamo ad interessarci all’attività di questa istituzione scolastica è perché cogliamo e notiamo uno sforzo inesausto  teso costantemente riempire questa espressione, cioè la battaglia dei saperi, del contenuto” della chiarezza”. Al Giordani hanno capito che non basta propinare agli studenti, ai ragazzi di oggi, così come si fa con la purga inflitta ai bambini, i programmi canonici delle cognizioni, ma occorre far capire loro, e farglielo capire bene, non a chiacchiere, che studiarli bene, i programmi scolastici, significa abituarsi a fare una cosa che serve come il pane.

E già, perché di pane è questione, di pane  tratta, la questione  riguardante ogni singolo alunno  che, una volta  abituatosi allo studio, stura il suo cervello e si apre al mondo con la speranza di guadagnarsi il pane e di guadagnarselo non vivendo il lavoro come una noiosa, se non addirittura odiosa necessità, ma divertendosi lavorando. Una sfida enorme, ardua, per molti impossibile. Ma l’ idea di portare il presidente del Napoli Calcio Aurelio De Laurentis al Giordani, così come ha fatto, anche grazie al “lavoro diplomatico” della sua docente Annamaria Alois, dimostra che lo sforzo profuso è consistente e non dispersivo, in quanto manifesta proprio il fatto che nella testa della preside Serpico alberghi un progetto da  continuare in diverse tappe. Con pazienza e dedizione. Un progetto dalle coordinate lineari e con il dono della chiarezza. De Laurentis è un imprenditore dello sport da 18 anni. Ma tanta parte della sua vita l’ ha dedicata al cinema, alla cultura immateriale di un’arte certo non costituita solo dalla proposta leggera e popolare dei cinepanettone, ma da tanti progetti, da tante attività di promozione e di distribuzione di opere rimaste nella storia e non solo nella storia del cinema, collocate in una narrazione di giganti, qual è indubbiamente stato Dino De Laurentis, mitico zio di Aurelio, che partendo da emigrante da Torre Annunziata, mise Hollywood ai suoi piedi.
Il senso della visita al Giordani di Adl è proprio questo: provare a stimolare i ragazzi, ad attivare pensieri determinati che possano renderli ambiziosi, sanamente ambiziosi. De Laurentis è un imprenditore internazionale, la cui testa è aperta dalla struttura sovranazionale degli interessi e del business, provenienti da un brend familiare sano, positivo, intriso del buon odore del sacrificio di una dinastia di emigranti che arrivano in un grande Paese dove emerge chi è più bravo o più colto, o più preparato e non chi è più raccomandato.
Competizione sì, dunque, ma sul terreno dei valori del sapere e non di un’ignoranza trionfante, che accompagna tanti successi e che dunque diviene fonte tossica di ispirazione per le nuove generazioni, destinate in tal modo a peggiorare la specie e a far sparire totalmente la struttura portante del progresso umano, il quale, o è progresso di comunità o, semplicemente, non è progresso. Da quello che abbiamo capito, il Giordani intende continuare nell’individuazione di  figure limpidamente caratterizzate per farne dei format, che, in onore alla radice di questa parola, siano formativi sul serio, lasciando una traccia nella testa e nel cuore  degli studenti.

L’orma impressa e raccontata da capitani di azienda,  partiti da zero, e divenuti fortissimi in un mercato non protetto, autenticamente libero da ogni sudditanza  nei confronti della politica e dai poteri forti.

Questi sono gli esempi che servono ai ragazzi di oggi, i quali vanno formati prima di tutto come cittadini per poi mettere a valore la solidità di questo status nel cammino della propria vita, a partire dall’ affermazione professionale. Questo sembra averlo capito molto bene Antonella Serpico, preside dell’Istituto Giordani di Caserta.