LA NOTA CASERTA. Ora Carlo Marino vuole utilizzare la docente universitaria Lucia Monaco, moglie di Tonino Esposito, come foglia di fico. Ecco perchè sarà incredibile se accetterà un posto in giunta
14 Gennaio 2020 - 11:30
CASERTA – (g.g.) Sinceramente non comprendiamo. Non comprendiamo come una persona di vasta cultura, qual è, senza dubbio, la professoressa Lucia Monaco, ordinaria di Storia del diritto romano alla facoltà di Giurisprudenza dell’università Luigi Vanvitelli, possa accettare di entrare nel luogo dell’incultura, che si è conquistato il rango di simbolo, di emblema, di quintessenza, in pratica, di antonomasia, qual è, invece, senz’altro, l’amministrazione comunale di Caserta.
Ma il nome di Lucia Monaco gira fortissimo, stamattina, nelle stanze del “bidè” di Piazza Vanvitelli. Strano, stranissimo visto che, quando ne ha avuto la possibilità, conversando con diversi interlocutori, la professoressa, che arriva da salde tradizioni di sinistra, ha detto le uniche cose che una persona di cultura, ma aggiungiamo noi, anche una persona normale, può dire su come venga amministrata Caserta: tutto il male possibile.
Perchè, cara professoressa, possiamo anche capire che suo marito Tonino Esposito, docente di matematica nelle scuole superiori e giornalista pubblicista con cui abbiamo avuto l’onore anche di lavorare in una delle ultime redazioni serie che questa provincia ha avuto, quella della Gazzetta di Caserta a cavallo dei due millenni, abbia la passione per la politica, anche per quella non commendevole che scade nel politicismo.
Comprendiamo il fatto che Tonino Esposito, cugino di Biagio Esposito, conosca il senso e anche la validità della cosiddetta real politik, ma qui a Caserta non è questione di Colbert o di Machiavelli, non è questione di stabilire il discrimine tra la politica degli ideali, che guarda alla comunità quale complesso unitario a cui rivolgere ogni sforzo e ogni servizio, e una politica più collegata alle lobbies o agli interessi particolari o a quelli personali di questo o di quell’altro imprenditore. Qui siamo arrivati ad un punto di degenerazione che trascende ogni categoria, ogni confronto su visioni diverse. Qui siamo finiti fuori finanche ai confini più estremi, più remoti di una politica che tradisce se stessa e il senso originario così come questo fu definito sin dal tempo dei filosofi greci. Uno stato in cui non vige il regime della illegalità, ma quello della giungla che trascende finanche la critica classica verso il sistema della gestione, che ebbe, come sicuramente ben sa la professoressa Lucia Monaco e come ben sa l’amico Tonino, in Enrico Berlinguer il promotore e l’interprete di quella che il grande leader della sinistra italiana definì “questione morale” all’indomani della fine, sancita fondamentalmente dall’omicidio di Aldo Moro, della prospettiva del compromesso storico.
Qui a Caserta, dunque, nemmeno il ricorso a questa categoria culturale, prima che politica, è sufficiente per descrivere quella che, citando il famoso film sul regime dei colonnelli greci “Z-l’orgia del potere” di Costa Gravas, è una fuoriuscita totale dal perimetro della democrazia, anche di quella più difettosa. Insomma, siamo fuori dalla politica di sinistra così come questa si è configurata dalla morte di Enrico Berlinguer fino all’esplosione di tangentopoli, verificatasi poco meno di 8 anni dopo, del Pc, poi Pds, seppur imbarbarita dal fatto che Berlinguer era Berlinguer, e la sua credibilità, la sua buonafede non potevano essere minimamente messi in discussione, mentre dopo di lui, con Alessandro Natta e Achille Occhetto, questa politica è divenuta solamente voglia di ghigliottina e soprattutto voglia di regolare i conti con quel Bettino Craxi che la Pc-Pds erodeva voti ad ogni elezione, cogliendo, in largo anticipo, la trasformazione della mentalità legata al crollo datato 1989, dei regimi di quella che Winston Churchill definì la cortina di ferro.
Ecco, rispetto ad un dibattito di questo tipo, la figura professionale, culturale della professoressa Lucia Monaco, potrebbe essere, al limite, collocabile. Ma lei, la docente di Storia del diritto romano, epigona di grandi professori, da Arangio Ruiz in poi, che ci va a fare in una giunta comunale, fondata sul “tozzabancone” di Antonio Luserta peraltro molto collegato ultimamente con lo stratega di famiglia Biagio Esposito? Che ci va a fare in una giunta comunale in cui gli assessori trovano le delibere già pronte sulla scrivania e solo da firmare, assimilando in tal modo il messaggio del sindaco che non tollera assolutamente che ci possa essere un dibattito e un voto in giunta su certe delibere riguardanti gli interessi del Luserta di turno, del Pezone di turno, dei Franco Galilei di turno e allegra brigata di seguaci del tozzabanconismo di cui sopra?
Stupisce, ripetiamo. Ma Caserta è Caserta. E se è una città terribilmente provinciale, è anche perchè la sua borghesia, quella delle professioni, quella culturale, ha dato al suo conformismo una particolare e ancor più tossica identità: da un lato, quando ci si siede nel salotto, si dice di aborrire la volgarità dei governanti legati al modello di Peppe Zampella, alias la porchetta, dall’altro si passa dallo “splendido isolamento” alla giustificazione dell’accordo sotto banco, di un processo di lottizzazione brutale e volgare, com’è quello, non ce ne voglia la professoressa Monaco, che vuole utilizzare la docente casertana come foglia di fico a protezione delle vergogne infinite che dal ruvido primato dell’analfabetismo, propedeutico alla mala gestione, reale struttura istituzionale di questa città.