LA NOTA. I droni di guerra, i droni di Sarri, i droni nuziali. Ma quelli del Giordani servono di più

23 Settembre 2019 - 18:51

CASERTA (g.g.) – L’istituto tecnologico Francesco Giordani si pone concretamente e, dunque, seriamente il problema di collocare al centro della sua offerta didattica lo studio delle nuove discipline, della tecnologia frutto di un’innovazione tecnico-digitale che in 20 anni si è materializzata con cifre di crescita pari a quelle che in altre epoche, si sviluppavano in non meno di 100, 150 anni.

La velocità del progresso, rende necessaria una speculare velocità di pensiero, di concezione, di organizzazione da parte delle fondamentali agenzie della formazione. Vietato, allora, essere pigri. Rimanere indietro per una scuola che ha la missione di formare gli ingegneri, gli informatici del futuro significa assumersi la responsabilità di ipotecare già da ora le difficoltà che gli studenti incroceranno nel momento in cui andranno a confrontarsi con altri studenti che hanno avuto, invece, la fortuna di formarsi in una scuola attiva e con occhi e orecchie sempre in massima allerta.

Ecco perché sin dall’estate scorsa, certe iniziative dell’istituto Giordani hanno stimolato il nostro vivo interesse. Abbiamo capito subito che non si trattava di un semplice involucro meramente assertivo in cui tutto si esauriva nella presentazione di un progetto che poi sarebbe stato affrontato senza il necessario rigore organizzativo, senza l’ancor più necessaria esigenza di monitoraggio e di riscontro dei risultati raggiunti da ognuno degli studenti che vi partecipano.

Quando abbiamo letto il comunicato odierno del Giordani, siamo andati con la mente ad un’epoca tutt’altro che remota durante la quale il sottoscritto incrociò per la prima volta una applicazione concreta di una parola che aveva letto solo in qualche romanzo di fantascienza. I “droni” conquistavano le prime pagine dei giornali negli anni ’90 quando gli americani li utilizzavano addirittura per missioni di guerra nei vari teatri regionali, a partire da quelli iracheno e afgano, in cui erano intervenuti. Il drone, dunque, si determinò, nell’immaginario collettivo, solo come arma di guerra così, com’era stato per altri aerei del passato, come gli Stukas nazisti e gli Spitfire della Raf. Insomma, si passava dai cosiddetti aerei-spia che la letteratura dell’intelligence descriveva a volte come privi di un pilota, ad una roba più maneggevole. C’è voluto Maurizio Sarri per toglierci dalla testa questa evocazione nefasta e per sdoganare, sostanzialmente il drone come una cosa che non serve solo a far la guerra. Capitò quando il tecnico toscano lo usò in estate durante i ritiri del Napoli, per registrare e studiare i movimenti di reparto della sua squadra. Quella pratica eliminò almeno dalla sensazione del sottoscritto, quel grigio e funereo alone che ce lo faceva immaginare solamente come un aggeggio sputabombe e sputafuoco. Da allora in poi, di tutto e di più. Addirittura viene utilizzato abitualmente anche per i matrimoni, per gonfiare la fattura di quelli che una volta si chiamavano fotografi, regalando qualche effetto speciale ai neo sposi. Il comunicato del Giordani ci fa capire che esiste una via di mezzo tra il drone che bombarda e semina morte e il drone un po’ coglione dei matrimoni. L’equilibrio è quello coltivato nel progetto Echo Drone: flying robots for Enviromental Monitoring che l’istituto, diretto dalla preside Antonella Serpico, sta sviluppando, nell’ambito dell’Erasmus con scuole di simile indirizzo di studio della Polonia, della Romania e della Turchia. Gli studenti del Giordani Cristian Bastone della 4Atl, Francesco Pio Riccio della 5Ac, Francesco Gatto della 5Ei, Ernesto Borrelli della 5Ei, Raffaele Sulipano della 4Ci e Giovanni Savini della 5Ci, che stanno partecipando alla trasferta in Polonia hanno già collaudato, con i loro colleghi, venuti a Caserta nel febbraio scorso,  i rudimenti della conduzione di questi gioielli tecnologici. E l’hanno fatto nel campo volo di Piana di Monteverna. Da ora in poi, con ulteriori visite reciprocamente rese dalle scuole coinvolte, monitoreranno il territorio dal punto di vista ambientale allo scopo di contribuire alla rigenerazione l’ecosistema. Dunque, droni di pace e di socializzazione; droni per far vivere meglio la gente, per farla ammalare di meno e per rendere gli studenti, i giovani sempre più disinvoltamente, naturalmente, fisiologicamente e positivamente interdipendenti a prescindere dai confini delle nazioni che possono essere seriamente abbattuti solo dal sapere e dai saperi.