LA SENTENZA COSENTINO AL MICROSCOPIO. Le storie degli altri 10 imputati (Nicola Di Caterino è deceduto) tra assoluzioni e prescrizioni

2 Ottobre 2020 - 13:04

Come si suol dire, dato che ci siamo trovati, abbiamo messo a disposizione dei lettori di CasertaCe il nostro know-how, andando a ripescare anche alcune coordinate principali che la gip Egle Pilla fece eseguire all’alba del 6 dicembre 2011

 

CASAL DI PRINCIPE – Da quando è iniziata la vicenda del Principe e la scheda ballerina, cioè da quel famoso 6 dicembre 2011, abbiamo seguito, perchè queste sono le forze nostre, solo gli esiti dei vari passaggi del procedimento e poi dei processi riguardanti i personaggi più noti, a partire da Nicola Cosentino. Ma il principe e la (scheda) ballerina è un’ordinanza lunga, precisamente di 1.171 pagine e le persone coinvolte furono tantissime. Gli indagati addirittura più di 100 partendo da una base di 73 persone su cui si appuntavano le maggiori attenzioni della dda di Napoli e del gip del tribunale partenopeo Egle Pilla che quell’ordinanza firmò, procedendo all’arresto in carcere di 51 persone, più Nicola Cosentino il cui provvedimento fu sospeso perchè al tempo era parlamentare, 5 andarono ai domiciliari, per altri 5 il gip rigettò la richiesta di applicazione di misura cautelare in carcere o a casa.

Altri 10 erano indagati a piede libero, ulteriori 10 persone, tutte appartenenti alla galassia dei Bidognetti, furono inseriti in un supplemento che la dda aggiunse alla richiesta, presentata nel luglio 2011, nel successivo novembre, cioè a pochi giorni dall’esecuzione di quella che fu una vera e propria retata che coinvolse politici, dirigenti ed impiegati del comune di Casal di Principe, imprenditori, faccendieri, dipendenti bancari e altre figure assortite. Tutte coinvolte in una serie di presunti comportamenti criminali, finalizzati a realizzare il progetto di costruzione di un nuovo centro commerciale, denominato il Principe e che ovviamente doveva sorgere a Casal di Principe.

Nel corso degli anni i sentieri giudiziari si sono diversificati. Una parte cospicua degli indagati di quel giorno che poi divennero imputati, scelse il rito abbreviato, le cui condanne e le cui assoluzioni definitive sono già datate di un paio d’anni. Un altro gruppo di coinvolti percorsero la strada più lunga del rito ordinario, che ha fornito loro un esito favorevole rispetto a quello che toccò a molta parte di coloro che scelsero l’abbreviato.

Precisamente, furono 12 quelli che optarono per il percorso ordinario. Tutti gli altri, circa una novantina, se non ricordiamo male, tennero i loro processi davanti ad un gip che li giudicò in veste monocratica e con i tempi molto più solerti del rito abbreviato.

Chissà se il tempo e la particolare struttura del processo ordinario abbia alla fine giovato ai 12 che scelsero una strada che però li ha tenuti sulla corda e soprattutto li ha tenuti esclusi dal consesso civile per molti anni. Fatto sta che la densità delle assoluzioni sembra maggiore rispetto a quella registratasi negli abbreviati. Abbiamo parlato di 12 imputati, in realtà davanti ai giudici della corte di appello di Napoli ne sono comparsi 10 , visto che uno di loro, l’ingegnere Nicola Di Caterino, a lungo dirigente del comune di Casal di Principe, è deceduto qualche tempo fa.

Di Nicola Cosentino abbiamo scritto veramente tutto in questi giorni, dopo l’assoluzione ottenuta per non aver commesso il fatto. Torneremo ad occuparci della relazione tra l’ex leader regionale di Forza Italia e questo processo quando tra poco meno di 90 giorni la Corte d’Appello renderà note le motivazioni della sua sentenza che leggeremo con grande attenzione e anche con significativa curiosità per offrirne una sintesi ai nostri lettori.

Ma gli altri 11 imputati chi sono, di che cos’erano accusati? L’aver, da parte nostra, sempre concentrato l’attenzione su Nicola Cosentino e sugli altri politici, tutti dentro al calderone del rito abbreviato, ce li ha fatti perdere di vista. Oggi abbiamo recuperato le loro storie, perchè è giusto evidenziarle, come fu giusto evidenziare in maniera  molto roboante, quell’urlar di sirene e volteggiar di elicotteri, della notte di San Nicola del 2011.

Dell’imprenditore di San Cipriano Gaetano Iorio abbiamo pure fatto cenno, menzionando la sua assoluzione. Gaetano Iorio fu arrestato, ma per questa ordinanza non andò in carcere, bensì ai domiciliari. Fu accusato, oltre che del concorso esterno in associazione a delinquere di stampo mafioso, che in prima battuta fu ipotizzata anche per Nicola Cosentino e per tanti altri, in quanto partner operativo del clan dei casalesi nel lucroso settore del calcestruzzo che evidentemente doveva entrare in ballo nei lavori del centro commerciale.

Assolta per non aver commesso il fatto Caterina Corvino. E qui siamo di fronte ad un personaggio che, almeno sulla carta, avrebbe svolto un ruolo cruciale nell’operazione immobiliare. Lei, infatti, era la legale rappresentante della Vian srl cioè della società che avrebbe dovuto realizzare l’operazione, dietro alla quale si muoveva la figura dell’ingegnere Nicola Di Caterino, marito di Caterina Corvino.

Assolto per non aver commesso il fatto l’imprenditore Mauro La Rocca che, nel teorema accusatorio, faceva parte del gruppo di chi i lavori del centro commerciale li avrebbe dovuti realizzare e che aveva una dimensione economica importante al punto da poter tenere i rapporti con i funzionari bancari. Su di lui gravava l’accusa di auto-riciclaggio, con tanto di contestazione di articolo 7 per aver partecipato alla costituzione di società che avrebbero dovuto far da schermo nell’acquisto dei terreni.

Lo stesso Mauro La Rocca se la cava, stavolta non per effetto di un’assoluzione, ma grazie al non luogo a procedere per intervenuta prescrizione, su altri 3 capi di imputazione: uno relativo alla truffa alla banca collegata alla relazione fra terreni e finanziamento, il secondo relativo alla falsa fideiussione bancari da 8 milioni di euro, il terzo, ancora una volta per il reato di riciclaggio, in quanto secondo l’accusa Mauro la Rocca e anche altri avrebbe ricevuto tre titoli azionari.

In partenza, tutte e tre queste contestazioni erano associate all’aggravante camorristica dell’articolo 7. Ma durante il procedimento, tale aggravanti sono cadute, per cui, quei reati, diventati ordinari, sono stati attraversati dalla normativa che fissa i tempi di prescrizione.

Assolto perchè il fatto non costituisce reato il funzionario di una delle filiali romane di Unicredit Cristofaro Zara. Su di lui gravava l’accusa di riciclaggio e auto riciclaggio, collegata all’ammissione e alla validazione della fideiussione falsa, grazie alla quale la Vian ottenne l’apertura del credito per 5,5 milioni di euro. Evidentemente, il comportamento di Zara è stato ritenuto, dai giudici della Corte d’Appello rispondente ai crismi della correttezza professionale.

Gli ultimi 6 imputati, comparsi davanti ai giudici del secondo grado sono stati Gennaro Abbruzzese, Claudio Angeli, Marco Galante, Flavio Pelliccioni, Stefania Porcellini e Rossano Tirabassi. Di questi, Marco Galante e e Flavio Pelliccioni furono arrestati e messi in carcere la mattina del 6 dicembre 2011. Rossano Tirabassi andò ai domiciliari, mentre Stefania Porcellini Abbruzzese e Claudio Angeli furono indagati a piede libero. Per tutti e 6 è scattata la prescrizione relativamente ai reati per i quali erano arrivati in Corte di Appello.

Ovviamente, leggendo il dispositivo della sentenza di Appello e ricollegandolo al testo dell’ordinanza, non è proprio semplicissimo capire quali siano i reati prescritti in quanto, come nel caso precedente, anche per queste 6 persone, è caduta l’aggravante dell’articolo 7. E’ difficile perchè mentre i giudici dell’appello hanno chiarito quali fossero i capi (cioè S, T e Y per i quali la prescrizione scattava di Mauro Della Rocca), in quest’altra circostanza non c’è un’indicazione e dunque non possiamo rischiare perchè partendo dall’ordinanza del 2011, troviamo ad esempio il nome di Pelliccioni nella contestazione principale di associazione per delinquere di stampo camorristico che non può diventare oggetto di prescrizione e che dunque è caduta per assoluzione o per archiviazione durante gli anni del procedimento.

E lo stesso discorso può valere per altri capi di imputazione nel momento in cui la Corte d’Appello non ne declina l’identità, dato che non è possibile stabilire dove sia caduta l’aggravante dell’articolo 7 e dove magari in primo grado o nella fase iniziale del procedimento, alcune delle prime contestazioni dell’ordinanza siano state cancellate.

Una curiosità: 3 beneficiari di prescrizione che ricordiamo non è assoluzione, sono stati condannati a rifondere una cifra a titolo di compensazione per le spese sostenute dalle parti civili, la Unicredit e l’associazione Mo Basta. Ovviamente, questo non è avvenuto in relazione alle assoluzioni.