L’EDITORIALE. L’arresto del vicepresidente della Provincia Pasquale Crisci e l’evidente coincidenza di verosimiglianza: perché Zannini ha usato Olga Diana per chiederne le dimissioni 48 ore fa?

12 Gennaio 2023 - 12:41

Ci sono degli interrogativi che non possono essere considerati sul modo con cui il fronte politico dei cosiddetti Moderati si è mosso negli ultimi giorni rispetto alla maturazione degli eventi sul front giudiziario

di Gianluigi Guarino

Una casistica consolidata ci permette di affermare, senza tema di smentita, che un ingresso, due ingressi o anche tre ingressi di polizia giudiziaria in uno o più uffici pubblici, che insistono all’interno di un palazzo municipale o in quelli che vengono definiti molto ottimisticamente enti strumentali (non certo strumentali per gli interessi dei cittadini, forse per altro), non inquietino più di tanto i politici casertani.

Noi, per il momento, non conosciamo i dettagli della brillante indagine, realizzata dalla compagnia di Marcianise della guardia di finanza, sotto il coordinamento della Dda di Napoli e del Comando provinciale di Caserta delle Fiamme Gialle, che stamattina ha portato all’arresto di 6 persone, tra le quali spicca sicuramente il nome di Pasquale Crisci, attuale vicepresidente della Provincia, carica ottenuta circa un anno fa, all’indomani delle elezioni del 18 dicembre 2021, per effetto di una designazione diretta del consigliere regionale Giovanni Zannini, leader dei Moderati, gruppo politico a cui Crisci appartiene.

E sì, perché Crisci vi appartiene ancora, nonostante sia stato messo alla porta da Zannini.

Vedete, negli ultimi due mesi, noi di CasertaCE, che nulla sapevamo sull’esistenza dell’indagine intorno alle presunte dinamiche illegali del cimitero di Santa Maria a Vico, abbiamo chiesto lumi a più persone su quello che ormai era diventato il leitmotiv di quella politica da operetta, anzi, politichetta da operetta, che si fa dentro e fuori il palazzo di viale Lamberti, sede dell’amministrazione e del consiglio provinciali.

Ci avevano detto, infatti, che Crisci fosse precipitato improvvisamente in disgrazia al cospetto del suo leader Zannini.

Francamente, facevamo fatica ad assorbire come reale questa notizia.

Prima di tutto perché l’esperienza e la profonda conoscenza degli uomini e delle cose di questa terra ci avevano sempre fatto pensare – e in qualche occasione anche scrivere – che certe affinità caratteriali, certe attitudini, avevano reso quali ineluttabile uno sposalizio biologico tra Pasquale Crisci e Giovanni Zannini, nati, a nostro avviso, per stare l’uno con l’altro.

Insomma, quell’improvviso ostracismo si era concretizzato nella richiesta di dimissioni dalla carica di vicepresidente della Provincia, formulata l’altro giorno dalla zanniniana di ferro (al netto di qualche passeggera paturnia) Olga Diana da Aversa.

Praticamente non abbiamo nemmeno fatto in tempo – al riguardo avevamo un paio di appuntamenti anche stamattina – a chiedere ad altre persone, che potremmo definire scherzosamente informate sui fatti, e i fatti hanno fatto (il gioco di parole è voluto) i fatti loro: Pasquale Crisci è stato arrestato stamattina.

Ora, di liberalismo e di pensiero garante e garantista bisogna essere totalmente saturi, al punto da rendere necessario un ricovero coatto in una struttura psichiatrica, per affermare, come faremo noi, sicuramente adatti alla psichiatria liberale, che fino a prova contraria non esiste alcuna relazione tra la decisione di Zannini di scaricare Pasquale Crisci, tra l’intervento, manco a dirlo, tenuto 48 ore fa (quando, casistica delle procedure alla mano, l’ordine di arresto era stato già trasmesso dall’ufficio Gip del tribunale di Napoli alla omologa procura della Repubblica e da questa a chi, poi, materialmente, lo ha realizzato stamattina) in consiglio provinciale dell’ingenua(?) esecutrice di ordini Olga Diana, e le manette scattate all’alba di oggi.

Noi lo diciamo che, fino a prova contraria, le tre cose non sono connesse.

Ma data la “prova contraria” quel che è della “prova contraria”, ci domandiamo e domandiamo se esiste qualcuno che possa considerare come non appartenente alla categoria dei dati di fatto quello dell’esistenza delle due questioni, quella giudiziaria e quella politica, in viaggio di pari passo nell’ultimo periodo. Significherebbe negare l’evidenza.

E allora, fino a prova contraria, ma nello stesso tempo, nel rispetto del dato di verosimiglianza, non possiamo non occuparci giornalisticamente di questa coincidenza, ripetiamo, fattuale.

Dovremo stabilire bene, magari concentrandoci un attimo sulle cose di Santa Maria a Vico, quanto sia stato conosciuto, quanto sia emerso di questa indagine mentre la stessa si svolgeva.

Ed ecco perché, all’inizio di questo articolo, abbiamo affermato che i dieci, cento, mille casi, di cui peraltro, la maggior parte delle volte, ne abbiamo dato conto negli ultimi anni, raccontando l’ingresso di componenti di polizia giudiziaria nei palazzi comunali e in altri del potere della provincia di Caserta, ci hanno consentito di maturare la solidissima convinzione che, in special modo da cinque o sei giri completi di calendario a questa parte, se un carabiniere, un poliziotto, un finanziere entra in un ufficio e chiede di acquisire documenti amministrativi in nome e per conto della magistratura, in nome e per conto del titolare dell’azione penale, i politici potenzialmente coinvolti o coinvolgibili non fanno letteralmente una piega.

Se pensiamo a tutte le volte che – ad esempio – sono stati visitati gli uffici del comune capoluogo e lo pensiamo in rapporto alle conseguenze giudiziarie di queste visite, possiamo ben affermare, scusateci il sarcasmo, che i politici fanno bene, molto bene a non preoccuparsi.

Per preoccuparsi, dunque, occorre qualcosa in più di una visita.

Non possiamo entrare più di tanto nel merito perché, ripetiamo, abbiamo bisogno prima di acquisire elementi dell’indagine di cui abbiamo cominciato ad occuparci stamani.

Ma la scelta di una data seduta del consiglio provinciale, quella dell’altro ieri, per prendere platealmente le distanze da Pasquale Crisci, per tutti i motivi appena declinati, non può non essere materia di approfondimento.

Quarantotto ore fa Zannini ha fatto una cosa che non appartiene al suo dna politico o parapolitico.

Il consigliere regionale ha mosso la sua pedina, Olga Diana, in modo da rendere pubblica, con tanto di solenne verbalizzazione, la sconfessione di Crisci, da Zannini messo a fare il vicepresidente della provincia di Caserta, da Zannini indotto ad esporsi improvvidamente con un famoso (almeno per noi) comunicato stampa dai toni smargiassi in cui chiedeva, solo poche ore dopo l’esito delle elezioni provinciali, alla maniera del soldato di ventura Maramaldo, che Antonio Mirra, sindaco di Santa Maria Capua Vetere lasciasse immediatamente la carica di guida dell’Ato dei Rifiuti, per punirlo dell’improntitudine di aver sfidato, con le insegne di una parte del PD, quella di Gennaro Oliviero, dato che l’altra porzione, collegata a Stefano Graziano, era ed è ancora in simbiosi con il carro mondragonese, l’uscente Giorgio Magliocca, il candidato alle elezioni della presidenza del consiglio provinciale, divenuto negli anni una protesi, una propaggine di Giovanni Zannini.

A capo dell’Ato Rifiuti, non a caso, il Maramaldo di Mondragone ha messo un altro suo fedelissimo, ovvero il sindaco di Parete e sedicente verginello Gino Pellegrino, dopo che all’Ato delle Acque Zannini ha posizionato l’ancor più fedele Anacleto Colombiano, imprenditore di grandi opere e appalti pubblici stradali, ma anche sindaco di San Marcellino, dove ha vinto senza avversari, con una sola lista in campo, la sua, come del resto è successo a San Cipriano di Aversa, dove signoreggia l’uomo della settimana, Vincenzo Caterino, contestatissimo presidente Gisec, posizione sulla quale è stato collocato sempre dal consigliere mondragonese.

Perché, dunque, tutta questa fretta? Perché proprio l’altro ieri Zannini ha preteso che Olga Diana chiedesse in maniera plateale e teatrale le dimissioni di Crisci? Sapeva, Zannini, che la situazione giudiziaria fosse tanto grave da rendere necessario quel blitz a strettissimo giro di tempo? Zannini sapeva che Crisci doveva essere arrestato?

E anche stavolta – aprite gli occhi e spilatevi le orecchio – no, fino a prova contraria non lo sapeva. Questa la verità. I fatti, le clamorose coincidenza, però, danno verosimiglianza alla tesi opposta.

La verità è una cosa, la verosimiglianza è un’altra.

La verità è sacra, la verosimiglianza va rispettata, da un giornalista, da un magistrato, soprattutto quando esistono fatti evidenti in grado di dare sostanza a questo rispetto della verosimiglianza. Noi ci muoveremo nella linea descritta da questo articolo che, gioco forza, deve essere un editoriale, proprio perché definitore di una scelta, per l’appunto, di tipo editoriale.