L’INCHIESTA. OSPEDALE DI CASERTA. LA TRISTE STORIA DEL SIGNOR MARIO. Arriva l’Antimafia e la Gesap va in soffitta. L’operazione sanitari voluta da De Luca che dopo 38 anni fa perdere il lavoro a Mario

5 Ottobre 2022 - 11:19

SECONDA PUNTATA. Se nella prima parte di questo nostro speciale vi abbiamo anticipato il comportamento cinico, al limite del maligno, di chi gestisce la sanità nella nostra terra, a partire dalla regione Campania e dal governatore De Luca, passando per i vari colletti bianchi casertani, ora potrete leggere passaggio dopo passaggio come un uomo normale, un povero cristo possa pagare scelte e decisioni calate dall’alto, figlie di un piano politico che con la gestione della cosa pubblica non hanno niente a che fare. NELLA TERZA E ULTIMA PUNTATA PREPARATEVI A LEGGERE COSE PAZZESCHE CONFEZIONATE NELLE CUCINE DEGLI ORRORI DEL SANT’ANNA E SAN SEBASTIANO

CASERTA (gianluigi guarino) – Nel pomeriggio di ieri, lunedì, CasertaCE ha pubblicato la prima delle tre puntate relative all’inchiesta sul lavoro precario all’Azienda ospedaliera di Caserta e su come la cinica gestione della sanità in Terra di Lavoro e in Campania, attuata dal presidente della regione Vincenzo De Luca e dai suo predecessori, abbia distrutto pian piano, logorato la vita di chi dopo quasi 40 anni lavoro tra le corsie del Sant’Anna e San Sebastiano è stato messo alla porta, neanche tanto gentilmente, mandando una famiglia in mezzo alla strada.

Ma questa è solo una storia. E’ forse la storia-archetipo, la storia-modello sul funzionamento malsano della salute pubblica nella nostra regione. Andando indietro nel tempo, viaggiando negli anni quella del signor Mario è una vicenda che poi, nella sostanza, nel suo beffardo finale si è già ripetuta. Tanti sono i signor Mario che, dopo una vita da precario nelle strutture Asl o negli ospedali, si sono trovati disoccupati, senza aver capito cosa sia esattamente successo.

Nella puntata di ieri, lunedì (PUOI LEGGERLA CLICCANDO QUI O ANDANDO AL LINK ALLA FINE DI QUESTA PUNTATA)

, avevamo chiuso il nostro racconto con un piccolo spoiler, ovvero che il signor Mario è stato fatto fuori dall’ospedale di Caserta gestito dal direttore generale Gaetano Gubitosa. Mentre la storia si era fermata al 2008, nel momento in cui la Gesap, ovvero la società che dal 1991aveva in gestione l’appalto di pulizie nel nosocomio del capoluogo, si aggiudica anche il servizio di supporto agli Oss della struttura, situazione che implica per l’impresa l’assunzione di operatori socio sanitari.

A quel punto, il signor Mario, che dal 1984 lavora nelle varie aziende di pulizie che si susseguono al Sant’Anna e San Sebastiano è un vero decano tra i dipendenti e riceve anche una promozione: diventa il responsabile dei servizi sanitari che gli OSS assunti tramite un’agenzia interinale, integrando il lavoro di quelli diretti, forniscono alla struttura.

Il 2008 sembra un’ottima annata, quindi. In realtà, sarà l’inizio della via Crucis del povero cristo di turno.

L’OPERAZIONE DELLA DDA E “QUER PASTICCIACCIO BRUTTO” DELLA PROMOZIONE

E’ ormai fatto acclarato che in quegli anni (e non è che oggi sia meglio, come vedremo a breve) il rapporto tra politica, imprese che forniscono servizi a contratto per appalto, agenzie interinali e dirigenze più o meno apicali, trasforma l’ospedale di Caserta in una sorta di letamaio, che giustifica pienamente l’utilizzo – che spesso invece è esagerato – di un’espressione considerata simbolo dei qualunquisti e dei demagoghi e che al contrario, in questo caso, è la fotografia esatta di ciò che avviene in certi uffici, in certe corsie: “è un enorme, diffuso magna-magna“.

La Dda di Napoli, utilizzando gli uomini della Dia, fa partire un’indagine molto pesante che di lì a qualche anno, dopo un primo terremoto avvenuto all’Asl nel 2013, conducono gli elicotteri dei carabinieri, della polizia, della finanza a sorvolare, in quello che noi ci illudevamo fosse un bel mattino, tutte le palazzine ospedaliere.

Raffica di arresti. Ai domiciliari finisce anche il dg dell’ospedale di Caserta Francesco Bottino, ordinanze di custodia per tanti altri, ma soprattutto una marea di indagati.

Tra questi, incredibilmente, compare anche il nome del signor Mario che, evidentemente, viene scambiato per un dirigente Gesap e attenzionato dalla Dda, visto e considerato che questa azienda del nolano è finito a sua volta sotto inchiesta per presunti rapporti con la criminalità organizzata.

Il signor Mario spende 5-6 mila euro di avvocati. Non solo non viene ascoltato, ma la sua posizione finisce in una sorta di oblio, visto che di fronte alla richiesta di rinvio a giudizio della Dda napoletana, il giudice, che negli atti, tra l’altro, non aveva trovato uno straccio di interrogatorio, in pratica scrive ai suoi colleghi pm “ma io come faccio ad incriminarlo?”.

La Dda, ritualmente, presentò ricorso contro la decisione del giudice e da allora nessuna comunicazione è arrivata, se non una serie impressionante di rinvii che a 5/6 anni di distanza tengono ancora dentro ad un’inchiesta morta, sotterrata un uomo che la sua vita de l’è sudata dal primo giorno che ha messo piede in ospedale.

Finita qui? No, no. Ora viene il bello, anzi, il brutto.

GESAP CACCIATA (CON CALMA) E LA SIRINGA MADE-IN-DE LUCA

Come conseguenza di quell’indagine della Dda, la prefettura di Caserta scioglie tutti gli organismi in carica dell’azienda ospedaliera, e l vertice di questa arrivano tre commissari di governo capitanati dalla dottoressa Guercio, di cui a suo tempo noi scrivemmo di tutto e di più, arrivando addirittura a rimpiangere Bottino che avevamo attaccato al muro per anni.

Arrivano all’ospedale per chiudere determinati rapporti ormai inutilizzabili, imbarazzanti. Tra questi si pianifica il siluramento della Gesap che, però, a chiacchiere viene considerata un’azienda a rischio infiltrazione camorristica, di fatto diventa un ente che agli occhi dei commissari non è poi tutto quello schifo messo nero su bianco dalla Dda.

Insomma, l’attività a dir poco pachidermica di quella triade fa sì che un’azienda con chiaro rischio di infiltrazione camorristica resti in servizio fino a gennaio 2017.

Con molta calma, i commissari bandiscono una nuova gara, riservandola, però, ad agenzie interinali e questa viene aggiudicata alla Manpower. La società assume la titolarità della gestione organizzativa degli OSS esterni, in quel caso, per usare il termine correttamente, operatori somministrati.

Insomma, dopo il magna-magna di certe aziende e con certe aziende, si torna al vecchio schema dell’0agenzia interinale, da dove, tutto sommato, questi OSS erano partiti, prima che con un’azione spericolata e discutibilissima legalmente, quel servizio era stato assegnato a Gesap.

Il signor Mario, che aveva sempre obbedito e aveva svolto bene anche la funzione di coordinatore OSS, viene avviato ad altra mansione perché lui non può coordinare gli OSS, non essendo lui operatore. E’ assegnato alla Farmacia, magazziniere categoria B.

Una posizione molto dignitosa che lo impegna dall’anno 2017. In quel periodo, il signor Mario prepara tutto il materiale monouso (siringhe, garze eccetera) che quotidianamente, ora per ora, affluiscono a vari reparti. Ma la sua non viene considerata una posizione sanitaria.

Il signor Vincenzo De Luca, nel 2019, evidentemente compulsato da qualcuno che gli dice che il rapporto tra Manpower ed ospedale di Caserta c’era qualcosa che non funzionava, oppure perché semplicemente ha un piano politico-elettorale in testa, chiama i suoi dirigenti e fa comunicare all’ospedale che la Manpower può erogare solamente servizi di tipo sanitario.

Per cui, al signor Mario ed ad altri sette colleghi non viene rinnovato il contratto a partire dal 1 gennaio 2020. Questo accade esattamente a 36 anni di distanza dal primo giorno di lavoro da lui svolto.

E questo è il secondo momento in cui ci si dovrebbe fermare a prendere a pesci in faccia, a uova marce in faccia il De Luca, il Postiglione super dirigente della regione, i Gubitosa.

L’INIZIO DELL’INGANNO E DEL SOPRUSO

Ma la Manpower non erogava tra i servizi extra sanitari solo quelli di magazzino. Ad esempi, suoi dipendenti erano i lavoratori nella sala mortuaria con la qualifica di necrofori. E pure quelli devono essere necessariamente scaricati da Manpower. Sarebbe più esatto dire, però, che erano già stati scaricati, con il contratto terminato nel 2019, ovvero pochi mesi prima della fine del rapporto del signor Mario.

Lodevolmente seguiti dallo storico primario di Medicina Legale Carmine Lisi, riescono ad ottenere quello che è giusto ottenere. Perché se la regione ti dice che Manpower può solo garantire servizi sanitari, ciò non vuol dire che tu chiudi i magazzini della farmacia o la sala mortuaria. Occorre dunque un’iniziativa molto attiva per ricollocare quelle persone, ma soprattutto le loro storie, le loro esperienze, i loro diritti, in modo tale che possano continuare a svolgere il lavoro assegnato a loro.

E infatti l’azienda ospedaliera avvia la procedura con il Centro per l’Impiego di Caserta. Per una volta dobbiamo dire che l’altrettanto storico rapporto tra quello che sarebbe diventato presidente del consiglio comunale, Lorenzo Gentile, e Carmine Lisi determina una conseguenza positiva.

Raramente si era visto infatti un Gentile così motivato.

L’applicazione dell’articolo 16 della legge 56 del 1987 stabilì un requisito che giustamente favoriva chi aveva esperienze in quel settore, dunque i necrofori da anni in servizio a Caserta. Il collocamento stilò la sua graduatoria e i necrofori furono assunti direttamente dall’ospedale e a tempo indeterminato. Ne rimasero fuori solo due. Dettaglio che vedremo diventerà rilevante nell’ultima parte di questa storia.

RIDARE IL LAVORO A CHI LO AVEVA INGIUSTAMENTE PERSO

E’ evidente che tutti quelli che avevano lavorato con Manpower avevano tutto il diritto di essere ricollocati, dopo che una mattina la regione si era svegliata e aveva comunicato che le società interinali non potevano somministrare per attività non sanitarie. Dunque, la stessa procedura per i necrofori viene attivata per il magazzinieri.

Il signor Mario si rianima perché pensa che, dopo 36 anni di lavoro in quell’ospedale, il suo posto sia blindato, inattaccabile. Nella documentazione inserisce anche un attestato del dirigente dell’azienda ospedaliera, il primario di Farmacia Anna Dello Stritto, nel quale si dichiara che il signor Mario aveva svolto il lavoro di magazziniere tra il 2017 e l’inizio del 2020.

Un documento, quello firmato dalla dirigente su carta intestata dell’azienda ospedaliera che diventa requisito, pena esclusione da questa procedura.

Anche in questo caso, il 24 agosto 2020, il Centro per l’Impiego di Caserta, compulsato dall’ospedale, pubblica il bando, inserendovi quella che è una norma di equità, il già citato articolo 16, risultato necessario per l’assunzione dei necrofori.

Anche in questo caso Lorenzo Gentile (qualche maligno dice grazie alla campagna elettorale per le regionali attiva in quei giorni, visto che si sarebbe votato il 20 e 21 settembre successivi, ma noi, ai detrattori di Gentile non crediamo, perché a lui vogliamo bene) si industria per rendere preciso il bando, al punto da recarsi negli uffici della direzione generale, in modo che nessuna sbavatura si registrasse e in modo, così fu detto al tempo, che nessuno dei sei che dovevano recuperare il posto ingiustamente perso (due degli otto iniziali, infatti, avevano scelto di andare via) finisse fuori dalle sei figure richieste dall’ospedale.

Tre persone sarebbero tornati a ricoprire il ruolo di categoria A magazziniere, altri 3, tra cui il signor Mario, avrebbero dovuto riconquistare la stessa mansione, ma nella categoria B.

Come potete immaginare, questa sensazione di sicurezza, questa botte di ferro in cui si sentiva il signor Mario verrà poi smentita dalle incredibili sequele di atti come spiegheremo alla fine della terza e ultima puntata di questa inchiesta. Una serie di sfortunati eventi che, alla fine della fiera, vedranno finir male una sola persona, cioè esattamente colui che si sentiva al sicuro.

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