MARCIANISE. Ci eravamo illusi: per la millesima volta Velardi minaccia e non fa i nomi di chi celebra le messe nere e i riti voodoo piantandogli aghi nella testa

23 Gennaio 2019 - 18:22

MARCIANISE – Per qualche minuto abbiamo sperato che dopo quasi tre anni di invettive e contumelie scagliate con la fionda dell’allusione, spesso travestita da minaccia, il sindaco Antonello Velardi facesse per una volta i nomi e i cognomi di chi, nottetempo, si riunisce nel chiosco del suo amico che vende i fiori vicino al cimitero per apparecchiare e celebrare messe nere, con tanto di rito voodoo durante il quale quelli della vecchia guardia, i campioni della politica collusa con la camorra, conficcano spilloni nella testa glabra di un fantoccetto di pezza con le sue sembianze.

Un’illusione durata poco. L’ennesima intemerata lanciata ha sortito esattamente gli stessi effetti di ognuna di queste iniziative assunte a partire dall’estate 2016, cioè dal tempo in cui Velardi ha indossato la fascia.

Nulla se non la solita ormai stucchevole, sterile, noiosa auto-intervista rilasciata al giornale in cui svolge la funzione di caporedattore centrale, roba che non succede nemmeno per il Gazzettino di Roccapipirozzi.

Cos’era successo ieri pomeriggio: si era diffusa la voce che qualche consigliere comunale del Pd, improvvisamente percorso da un sussulto di dignità, avesse pensato di staccare la spina a questo sindaco e alla sua amministrazione, ricreando quelle stesse condizioni che innestarono la comica pantomima delle dimissioni del primo cittadino, poi puntualmente rientrate nel rispetto del pronostico netto che Casertace aveva formulato al momento della loro presentazione.

Apriti cielo: il mondo diviso manicheisticamente in buoni e cattivi, in testimoni di un Medioevo della Ragione, che poi sono quelli che non la pensano come lui e che sono eventualmente pronti a chiudere questa straziante parentesi della storia di Marcianise, e gli innovatori, gli illuministi o, per par condicio, i futuristi, che poi sono quelli che stanno con lui.

E vallo a spiegare a chi legge queste fregnacce che la vita e le opere di un Pino Riccio o di un Giovan Battista Valentino, cioè di grandi sostenitori di Velardi, non appartengono certo a un modello di innovazione.

Pare che sia partita qualche telefonata connotata dal solito stile “tu non sai chi sono io“.

No, no, sindaco, ormai lo sanno tutti chi è lei.

Le sopravvive qualche entratura che le permette di avere in dotazione una scorta pagata dai cittadini italiani e che in questi giorni, non sappiamo se grazie al prefetto di Caserta o grazie a quel Gubitosi pezzo da novanta del Viminale, le è stata rinnovata, connotandola sempre di più come un fenomeno unico dello spreco, come uno che di professione dovrebbe fare il paziente stabile della Corte dei Conti per quanto sta costando la sua sindacatura, la sua infornata di amici, “famigli” e affini; per quanto sta pesando la sua narrazione surreale su supposte minacce di improbabili anonimi di social travestiti, sul bilancio di un ministero che attribuisce scorte come se fossero assegni della vecchia previdenza sociale; per quanto fa spendere ai marcianisani che assumono il carico e il peso inaccettabile dei suoi sontuosi stipendi che lei non va a guadagnarsi sul posto di lavoro ma che i suoi sudditi, pardon, concittadini, le corrispondono di tasca propria, spedendo ogni mese un corposo assegno nelle casse di quel furbo di Caltagirone.

Ci sentiamo di dare un consiglio a chi sta tentando con gli strumenti della democrazia di mandarla a casa.

Non lo faccia, perché questo costituirebbe un gravissimo errore, perché le permetterebbe di spostare il discorso politico di Marcianise su un terreno a lei congeniale della demagogia, degli slogan sfacciati. Insomma di buttarla in ammuina.

I suoi avversari, quelli che per lei sono, invece, nemici, devono fare un’altra cosa.

Devono consentirle di rimanere in carica fino all’ultimo giorno, perché questo la condannerebbe ad essere valutato per quello che ha fatto o non ha fatto, per ciò che saranno stati questi cinque anni in termini di coesione sociale, di sviluppo delle tante potenzialità che nel tessuto civile e associativo della città ancora sopravvivono ma che sono ormai stordite, imbarazzate, scoraggiate, annichilite, da questo clima di conflitto perenne che lei alimenta proprio per evitare di confrontarsi con i contenuti, con quello che si è promesso e non si è fatto, con la gestione selettiva, discriminatoria, per la quale gli amici sono i plaudenti e i nemici, quelli da insultare anche in strada, sono coloro i quali ritengono che un confronto democratico è tale se un cittadino o un gruppo di cittadini che si associano per perseguire un obiettivo, si rapportano all’istituzione senza alcuna sudditanza e con la volontà di collegare i loro obiettivi alla dialettica con un primus inter pares e non con un monarca assoluto e capricciosissimo.

Sbagliano se stanno tentando di mandarla a casa. Marcianise non lo merita, perché esiste una fascia di popolazione che ancora le presta fede.

Questi cittadini meritano che Velardi stia al Comune fino alla fine della consiliatura, perché saranno le conseguenze inevitabili della mistificazione quotidiana a far crollare questo enorme castello di carta, sotto gli occhi, chissà se a quel punto ancora increduli, dei marcianisani che hanno avuto fede in lui