MARCIANISE. Pino Riccio alza il dito, ma noi gli spieghiamo perché l’operazione Pru-Puc sul suo terreno è una porcata

11 Giugno 2021 - 18:33

I due strumenti sono totalmente differenti. E non può essere certo utilizzato l’argomento che essendo un Pru una variante al Prg vigente, questa possa essere messa in discussione parzialmente o totalmente dal nuovo strumento di regolamentazione territoriale. Il Pru è frutto di una conferenza di servizi tra diversi enti, ma soprattutto ci sono dentro gli interessi dei residenti della 167, e la Regione ha erogato a suo tempo 2 milioni di euro per farlo. Vi spieghiamo perché Pino Riccio ci guadagna sopra un sacco di soldi

 

 

 

MARCIANISE (G.G.) – Dobbiamo ringraziare di cuore l’ingegnere Pino Riccio, divenuto ormai l’azionista di riferimento, insieme a Giovan Battista Valentino, dell’amministrazione comunale guidata dal sindaco Antonello Velardi.

Quando, alcuni giorni fa, abbiamo scritto l’articolo in cui ci occupavamo di un terreno di sua proprietà nell’area 167, Riccio ci ha scritto, a strettissimo giro di tempo, un messaggio.

Per ragionare bene dopo, occorre riproporne integralmente il testo: “Dr. Guarino lei ha sbagliato l’individuazione del mio lotto. Il lotto n.3 è una proprietà Scognamiglio. Dal Puc adottato, gli standard del mio lotto restano, anzi mentre prima si doveva lasciare il 35% dell’area, oggi è previsto il 40%. Tra l’altro anche l’indice territoriale diminuisce da uno a 0,8. Il mio lotto è di 1.800 mq e non di 5.000. Si faccia dare informazioni più precise”. 

Eppure Riccio conosce il sottoscritto da quasi vent’anni. Nel senso che lo conosce come giornalista e anche un po’ caratterialmente. Nonostante ciò, dopo aver sottolineato giustamente quello che è stato un nostro errore di documentazione, si è voluto concedere quel “si faccia dare informazioni più precise“, da cui si capisce che ha perso un poco la memoria su come il sottoscritto tratti gli errori che pure, in qualche rara circostanza, compie.

Prima di tutto li riconosco e poi prendo in parola persone come Pino Riccio e comincio a lavorare proprio come dice lui, cioè in maniera più precisa. La tesi esposta nel nostro articolo era la seguente: l’ingegnere Pino Riccio, oggi assessore comunale, è proprietario di un terreno esteso per circa 5.000 metri quadrati in area 167. Questo terreno, ai sensi del Puc appena adottato, viene estratto letteralmente dal Piano di Recupero Urbano, che al tempo costò alla Regione e dunque ai contribuenti campani ben 2 milioni di euro, stanziati a favore del Comune di Marcianise.

Dunque, quel terreno di 5.000 metri quadrati non è di proprietà di Pino Riccio, bensì della famiglia Scognamiglio, solo lontanamente imparentata con il buon Nicola Scognamiglio e conseguentemente con sua moglie, la consigliera regionale Maria Luigia Iodice.

Ma i 1.800 metri quadrati di cui scrive giustamente Pino Riccio, non stanno sulla luna o su Marte, ma proprio affianco ai 5.000 metri quadrati della famiglia Scognamiglio. Per cui, la sostanza non cambia affatto. Tutto il ragionamento da noi esposto nell’articolo contestato da Riccio, rimane valido al 100%.

Rimane valido l’aspetto fondamentale della questione rispetto al quale non è che Riccio possa fare il furbo più di tanto, nel momento in cui afferma che addirittura gli obblighi di standard (cioè di rilascio a una destinazione pubblica di una porzione della sua proprietà) si sarebbero aggravati, passando dal 35% al 40% sull’intera area di proprietà.

DA PRU A PUC, COSA CAMBIA PER LA TASCA – Qui occorre ribadire che la trasformazione di un’area destinata da un Pru, che rappresenta una molto impegnativa variazione a un Piano Regolatore Generale Vigente, in un’area che diventa parte integrante di un nuovo Puc, rappresenta un fatto dirompente, sostanzioso e sostanziale che cambia le carte in tavola e fondamentalmente, lo diciamo con franchezza all’ingegnere Riccio, le trucca.

Gli standard di un Pru sono una cosa arci-seria e proprio perché questo strumento urbanistico è operazione intensiva (al punto che lo Stato, la Repubblica Italiana attraverso le regioni, ci inietta quattrini, ma proprio tanti quattrini), si crea un sistema di vincoli assolutamente invalicabili, inemendabili e non aggirabili.

A partire, caro ingegnere Riccio, dalla necessità di accompagnare la dinamica che porta a sfruttare una propria area per legittimi fini commerciali, come nel caso del suo terreno, da una cogente trasferta dal privato al Comune in uno studio notarile, dove il privato dovrà firmare un atto che rappresenta un vero e proprio passaggio di proprietà, della porzione standard destinata a servizi erogati alla collettività.

Questo avrebbe dovuto fare con 661 metri quadrati di standard su 1.890 complessivi che vanno classificati, in un cluster più ampio contrassegnato, in un intervallo che va da B1 a B10, come zona B6, dove si sviluppano attività ricettive, terziarie, uffici, negozi, sedi societarie e dove a scorporo degli oneri di urbanizzazione straordinari realizza parcheggi con verde attrezzato o anche solamente aree di verde attrezzato senza parcheggio.

Le particelle di terreno di proprietà di Riccio sono riunite in unum ma in realtà sono due, così come risulta dalla visura catastale nella parte in cui questa elenca gli immobili di proprietà dell’assessore.

Precisamente si tratta di 13 are e 11 centiare di seminativo, particella 7 del foglio 7, con un reddito dominicale di 30,47 euro e un reddito agrario di 13,54 euro. Poi c’è la seconda prospiciente: 8 are e 71 centiare, in pratica 8,71 are di seminativo, stavolta particella 309, contenuta nel già citato foglio 7.

Insieme i due terreni  si estendono, dunque, per 21 are e 82 centiare, in pratica 21,82 are. E si traducono esattamente nei 1.890 metri quadrati della proprietà complessiva di Pino Riccio.

Nella tabella ufficiale degli oneri di urbanizzazione, i 661 metri quadrati di standard comporterebbero 66.180 euro 80 centesimi per standard aggiuntivi, calcolo che mette insieme l’estensione e le destinazioni previste per la già citate area B6.

Questi erano gli obblighi, ripetiamo ineludibili, impossibili da aggirare, gravanti su Pino Riccio, qualora questo Puc scellerato non avesse assorbito e fondamentalmente depauperato il Pru, il quale, ricordatevelo bene, considera gli interventi commerciali del privato e quelli standard (pure operati dal privato prima del passaggio di proprietà formale al Comune) una sorta di super standard, rispetto ad una residenzialità già esistente, già insediata con lo strumento della legge 167.

Insomma, l’operazione a freddo dello stravolgimento delle aree a standard del Pru tra cui quella di Pino Riccio, incide e modifica pesantemente la struttura complessiva di un’area residenziale che i suoi servizi li avrebbe dovuti ottenere senza se e senza ma, ma soprattutto senza alcuna possibilità di manovre di aggiramento che invece si possono effettuare se quell’area è commerciale in un Puc che va a smontare pezzo pezzo quella parte del Piano Regolatore precedente sulla quale la Regione aveva scucito 2 milioni di euro e su cui, proprio rispetto agli interessi di decine e decine di famiglie che ci abitano, il Comune si era dovuto impegnare solennemente in sede di conferenza dei servizi.

Cambia la prospettiva. Un Pru ha una filosofia ben definita: ci sono le residenze, gli appartamenti della 167 a cui vanno necessariamente associati dei servizi. Alcuni erogati dai privati, che, per realizzare un legittimo business, devono a loro volta cedere la proprietà al Comune di uno spazio standard, dove verranno garantite attività diverse da quelli erogate dal privato e cioè direttamente identificati con l’interesse pubblico. Che so, un parcheggio, una scuola, eccetera.

Questo sistema di vincoli non esiste in un Puc per il semplice motivo che un’area inserita all’interno di un Piano Urbanistico Comunale, si perimetra come zona a se stante in cui gli standard si distinguono dagli spazi commerciali e rispondono ad una disciplina diversa, diventando funzionali all’insediamento del privato e non alle necessità collettive e pubbliche di una residenzialità garantita dalla legge 167.

Se un’area non fa parte più di un Pru, nel quale gli insediamenti residenziali devono essere, dunque, l’elemento cardine e centrale, salta il sistema dei vincoli almeno nella configurazione severa prevista dal Pru.

Al riguardo, aggiungiamo che quando, a suo tempo, fu pubblicato il bando per questo Pru di Marcianise, ad esso si allegarono alcune prescrizioni a carico dei privati che parteciparono al programma.

Rimandandovi ad una lettura più approfondita dell’intera struttura delle prescrizioni, per il momento sottolineiamo solo il contenuto dell’articolo 7, in cui i proprietari privati vengono ammoniti rispetto alla prospettiva di un loro eventuale ritiro dal programma.

Per tutti coloro che abbandoneranno – così è scritto nell’articolo 7 – vedranno il loro terreno tornare alla condizione iniziale e cioè allo status di zona bianca che sancisce l’inedificabilità assoluta.” Ecco perché, caro Riccio, inserire nel Puc aree super vincolate dal Pru si può chiamare solo in un modo: una porcata.

Ricapitolando, la superficie stabilita a standard in un Pru, deve, sottolineiamo deve, essere trasferita nella proprietà del Comune con tanto di atto notarile. Ma prima di questo trasferimento, a carico del privato, devono obbligatoriamente essere realizzati gli interventi di arredo previsti. Sulla tasca del privato graveranno le parcelle per la direzione dei lavori e anche per il professionista che eseguirà il collaudo in nome e per conto del Comune.

Riportando, invece, la proprietà nell’ambito del Puc, si ripristina lo schema classico. Se è vero, infatti, che quell’area rimarrà commerciale, cadrà l’obbligo di trasferire la porzione standard, nel caso di Pino Riccio i 661 mq, all’ente Comune. Inoltre, non ci sarà neppure più l’obbligo alla realizzazione materiale degli stessi interventi a destinazione pubblica con ulteriori oneri che dalla tabella già citata precedentemente, sono calcolati in circa 66mila euro.

Alla fine della storia, anche se la proprietà dell’assessore Pino Riccio ha un’estensione inferiore a quella da noi indicata nel precedente articolo, la sostanza, come abbiamo scritto prima, non cambia.

In pratica, un’area destinata alla collettività, senza se, senza ma e con tempi vincolanti, passa di fatto attraverso l’artifizio del Puc, nella disponibilità piena e molto più marcata del privato e diviene un’area commerciale ordinaria.