MARCIANISE. “T’ facc u buco ‘mbiett”, “T’ strascin’ per tutta Marcianise”. Queste alcune delle minacce formulate da Velardi nei confronti di Valentino in una ultima drammatica riunione. Nessun moralismo, ma questo è un linguaggio che usano i delinquenti, i camorristi

3 Ottobre 2022 - 10:20

Ciò non vuol dire assolutamente che consideriamo Velardi un delinquente o un camorrista. Ma significa che una persona che ritiene di dirimere le contese usando questo lessico, non può indossare una fascia tricolore. In tanti hanno ascoltato la registrazione di queste parole e se ne sono stupiti. Noi no, noi già sapevamo tutto, noi lo abbiamo raccontato dagli ultimi mesi del 2015 e se lo abbiamo combattuto, è solo e solamente perchè abbiamo assunto consapevolezza sin da allora di queste attitudini

MARCIANISE – (Gianluigi Guarino) Antonello Velardi, da ieri sera alle 19.36, ex sindaco di Marcianise, ha espresso ed esposto la quintessenza del proprio essere, nell’ultimo giorno di vita della sua seconda consiliatura, finita non a caso precocemente come successe con la prima, stavolta con ben 5 consiglieri della maggioranza i quali, letteralmente basiti dal suo comportamento, hanno deciso di correre dal notaio e di dare un taglio netto a quello che era diventato, per loro, un vero e proprio incubo.

Evidentemente, siccome non gli ha mai fatto difetto l’autostima, ha pensato, in una sorta di percorso (razionale?) di trasposizione storica, di aver compreso che, siccome lui era la reincarnazione del “Pelide Achille“, avrebbe avuto il diritto storico di trovare un Omero di questi giorni che raccontasse dello “strascino

che ha promesso di infliggere a Giovanbattista Valentino, uno dei 5 consiglieri che nel corso degli ultimi due anni hanno deciso di abbandonarlo.

Ora, il buon Gi.Bi. potrebbe anche essere attratto da una delle morti più gloriose della storia e della storia mescolata alla mitologia del genere umano, ma fino ad un certo punto, perchè lui è sempre stata una persona pratica e realista e quindi tutto sommato, non gli aggrada più di tanto la parte di Ettore il troiano “strascinato” , straziato dall’Achille, reso furioso dal fumo della vendetta nei confronti di chi gli aveva ucciso in duello Patroclo, cioè il migliore dei propri amici.

Per evitare di essere “strascinato per tutta Marcianise“, così come gli ha promesso davanti a testimoni il sindaco Antonello Velardi nel corso della ultima drammatica riunione tenuta con alcuni consiglieri di maggioranza, nella giornata di mercoledì, ha preferito salvare la pelle, andando dal notaio, imitato anche da uno stupefatto Francesco Lampitelli, sottufficiale della Guardia di Finanza e recente capolista alle elezioni politiche del movimento Italexit, di cui è anche coordinatore provinciale.

Lampitelli ha rimuginato a lungo, nei minuti immediatamente successivi al fattaccio cui aveva assistito, sui doveri di un pubblico ufficiale. Perchè è vero che quando Velardi ha utilizzato queste parole, e non solo queste parole, nei confronti di Gi.Bi. Valentino, lui non era in servizio, ma è pur vero che, se finanche un cittadino comune può fermare una persona ritenendo che questa abbia compiuto un reato, in attesa dell’arrivo delle forze dell’ordine da lui allertate, a maggior ragione, questo può e forse deve fare un rappresentante dello Stato, della pubblica sicurezza.

Ma Lampitelli non si aspettava di ascoltare quelle parole ed è rimasto spiazzato, spoetizzato, decidendo, da uomo dello Stato, di recarsi da un notaio a rassegnare le proprie dimissioni da consigliere comunale, persuaso, a quel punto, che Velardi avesse veramente passato il segno. Ma oltre allo “strascino“, quali altre espressioni ha utilizzato il sindaco nei confronti di Giovanbattista Valentino? Per tutto quello che ha vomitato addosso al sottoscritto e a questo giornale in 6 anni, CasertaCe non dovrebbe nemmeno formulargli questo invito di democrazia, di convivenza civile e di diritto alla replica e ad esprimere una propria opinione in dissenso. Ma siccome lui è stato sindaco di Marcianise fino a ieri e siccome noi nutriamo sacro rispetto anche per quel frammento, per quella frattaglia, per quel brandello di fascia tricolore sopravvissuta agli anni della violenza verbale, dell’arroganza, della prevaricazione, avvertiamo il dovere, anche questa volta, come abbiamo fatto (invano) tante altre volte, di renderci disponibili qualora Velardi volesse esprimere la sua ricostruzione dei fatti che ci impegnamo a pubblicare integralmente, riservandoci però di discuterla, integrarla con nuovi spunti di confronto su cui innestare, eventualmente, un ulteriore suo intervento chiarificatore.

T’ faccio u buco ‘mbiett’“, questa minaccia è stata sentita distintamente ed è impressa in una registrazione che ieri sera hanno ascoltato in almeno 30 persone, durante i minuti, tutto sommato non concitati, in cui 14 consiglieri comunali, senza agitarsi, in quanto consapevoli che la questione-Marcianise non è da tempo più una questione politica, hanno deciso di unire e contestualizzare formalmente le proprie comuni intenzioni di scappare il più lontano possibile da quelle stanze del comune divenute, secondo molti di loro, luoghi autenticamente pericolosi.

Qui nessuno, men che meno noi, vuole fare il cherubino e il puro di cuore. Chi scrive è sempre stato un amante dei film di Bud Spencer e anche di certi western che raccontavano di grandi scazzottate avvenute nei saloon, ad epilogo delle quali la pace, il chiarimento veniva sancito davanti ad una pinta di birra o al classico bicchierino di whisky.

Questa è la differenza tra noi di CasertaCe e Velardi. Chi scrive non è stato certo tenero, in passato, con Giovanbattista Valentino, mettendo in evidenza comportamenti che interpretavano una politica di tipo clientelare che noi non condividevamo e non condividiamo. Detto questo, però, se ci fosse capitato di incrociare Valentino in un locale, avremmo, magari, litigato, ci saremmo forse anche presi a schiaffi a viso aperto, colpendoci vicendevolmente come si colpiscono i pugili che appartengono alla migliore tradizione di Marcianise in quella che è la noble art, in un match che si sarebbe concluso, con ogni probabilità, con una risata e con una stretta di mano.

A noi piace la rissa reale, come quelle che si consumavano negli antichi pub irlandesi e negli antichi saloon del West della corsa all’oro, dove i cowboy o i minatori andavano a sgranchire le gambe e anche le mani, ingaggiando duelli rusticani che terminavano, però, senza rancore. Per cui, non è l’arrabbiatura, le parole grosse che possono incontrare la nostra riprovazione, nè mai avremmo strumentalizzato questo contatto tra Velardi e Valentino, se il primo, guardandolo negli occhi, avesse magari mollato un ceffone al secondo, ricevendo in cambio una reazione speculare.

La storia della politica, d’altronde, è piena di episodi di questo tipo e nel Parlamento ne abbiamo sentite e viste di tutti i colori. Il problema non è questo, ma è un altro ed è di pesantissimo rilievo. E mo’, ve lo spieghiamo: noi di CasertaCe non avremmo, infatti, mai usato espressioni ingaggiando una lite verbale con una o più altre persone o anche durante una scazzottata, del tipo “Ti faccio il buco in petto“, oppure “Ti strascino per tutta Marcianise”. Questa roba qui, rappresenta un atto di violenza molto più grave e molto più pericoloso di un ceffone mollato alla Sgarbi maniera, durante una concione politica o addirittura politico-culturale.

A me non viene in testa di dire ad una persona con cui sto litigando anche duramente, con cui sto addirittura per incrociare i pugni, che le farò un buco in petto, che la trascinerò per tutta Caserta o per tutta Marcianise. E non è che non mi venga in testa, in quanto pur agitato, conservo una lucidità per contenere la loro latenza in me. No, non le pronuncio, semplicemente perchè non mi vengono in testa. Per affermare, infatti, certe cose, per associare alla rabbia che può irrompere nella vita e nelle giornate di una qualsiasi persona, espressioni come queste, occorre avere una mentalità, occorre essere pregni di una cultura della violenza che prescinda dal contatto fisico fine a se stesso e si sviluppi in un perimetro che è tipico dei criminali incalliti.

Ora, non vogliamo certo dire, per carità, che Velardi sia un criminale incallito. Ma se un sindaco che si proclama uomo di legalità, che ha goduto per anni di una scorta armata, pagata dallo Stato, cioè dai contribuenti, in quanto lui assertivamente, dichiarava di essere stato minacciato e che poi gli è stata tolta anche troppo tardi, dice ad un suo rivale politico “Ti faccio un buco in petto” o “Ti strascino per Marcianise,” non significa che lo farà realmente, anzi sicuramente non lo farà.

Proprio per questo motivo, è inutile soffermarsi in analisi relative alla latenza, eventualmente produttrice e mediata dell’atto di violenza promesso. Bisogna, invece, ragionare sul brodo di coltura, sul retroterra su cui questo lessico è piantato e in cui si vivifica si alimenta. Sotto pressione, le persone escono fuori al naturale.

Dunque, di queste parole non ci stupiamo noi di CasertaCe che siamo stati in trincea sin dai mesi precedenti alla ufficializzazione della candidatura a sindaco di Velardi, nell’anno 2016, quando affinchè ciò accadesse, Matteo Renzi, allora segretario nazionale del Pd e presidente del consiglio, spalleggiato dai vari Graziano, Picierno eccetera, violava, con un colpo di mano, uno statuto in vigore in modo da consegnare manu militari, al suo pupillo di allora, una candidatura che i tesserati del Pd marcianisano, nella loro maggioranza, non avrebbero mai determinato ed avallato in un voto democraticamente espresso.

E nè contribuì ad una nostra visione e valutazione diversa di quei fatti, l’accettazione di quello che poteva diventare una sorta di compromesso, che, tra le altre cose, proprio in quei giorni, proprio in occasione di quella tornata elettorale, fu realizzato a Caserta capoluogo. Renzi, su cui pesa una responsabilità storica per agli eventi che hanno segnato duramente la vita della terza città della provincia di Caserta, negli ultimi 6 anni, non volle, in effetti, sentire ragioni nemmeno quando al suo ascaro, spedito da Roma, l’allora senatore milanese Franco Mirabelli, commissario provinciale del Pd, fu proposto di accettare quantomeno le elezioni primarie.

L’esperienza politica di Velardi è iniziata, dunque, con un atto di violenza, con un atto di sovvertimento delle regole, perchè lo statuto del Pd, che poteva piacere, poteva non piacere, che era buono oppure poteva anche essere considerato uno schifo, era comunque uno statuto in vigore, legittimo strumento di affermazione di una democrazia interna cioè di una parola che il Pd portava e porta nel suo brand, nel suo nome. Aver tradito quello statuto, ha dato l’idea a molti marcianisani e a molti casertani che le partite vere si giocavano dentro ai circoli dei poteri forti in cui al tempo, tra Barletta dell’Interporto, poi arrestato, e dintorni, tra Zigon, che con lui si recò ad una edizione della Leopolda renziana e dintorni, Velardi contava qualcosa, forte della sua funzione di redattore capo centrale di quel Mattino che poi lo avrebbe licenziato qualche anno dopo.

Ed è stato questo il motivo per cui sin da allora abbiamo assunto una posizione di contrasto duro ed intransigente che poi Velardi ha reso ancora più intransigente, usando sempre lo strumento dell’insulto obbliquo, della calunnia codina. Codina perchè non ha mai avuto gli attributi per fare nomi e cognomi, per affrancare, dall’allusione, le tante stupidaggini che pubblicava e ha continuato a pubblicare e che sta ancora pubblicando, un giorno sì e l’altro pure nei social, non essendo lui uomo leale, uomo virile da scazzottata fine a se stessa e chiusa con una bella bevuta pacificatoria.

Per cui, noi che siamo stati testimoni attivi e co-protagonisti di questo tempo pazzo della storia di Marcianise, non possiamo associare il nostro stupore a quello delle diverse persone che hanno ascoltato una registrazione che, al contrario, non toglie e non aggiunge, davanti ai nostri occhi, nulla di quanto non sapevamo già e di quanto eravamo consapevoli sin dai primi mesi di questa vicenda lunga 6 anni che di politico, ripetiamo, non ha mai avuto alcun connotato.

Non ci stupisce, perchè noi lo sappiamo da tempo. Ed è proprio perchè lo sappiamo che abbiamo assunto queste posizioni di contrasto che non erano contro la persona in se e per se, di cui non ci frega proprio nulla, ma erano orientate a combattere un modello di interpretazione aggressiva, pecoreccia, inconcludente, incolta, iper- clientelare della funzione di sindaco e più in generale della funzione di governo, espressa da una giunta e, infine, da una funzione di indirizzo espresso da una maggioranza consiliare che essendo considerata il nulla dal Velardi, si è trasformata in entrambe le consiliature, per un doveroso moto di dignità e di orgoglio di alcune sue componenti, in minoranza per giunta desiderosa di chiudere capitoli di impossibile convivenza umana.

In conclusione, per quanto riguarda la questione del Puc, la prima cosa su cui Velardi ha esternato pochi minuti dopo essere diventato un ex sindaco, ci torneremo lunedì perchè i nostri lettori più attenti avranno notato che ultimamente non ci siamo certo risparmiati per comprendere, per analizzare, per spiegare, con gli strumenti del ficcante approfondimento giornalistico, l’autentico stato dell’arte del Puc marcianisano, maturando, in questo modo, un grado di conoscenza che lunedì o martedì ci consentirà di spiegare, ci consentirà di argomentare la nostra tesi in totale dissenso rispetto a quella largamente inesatta, largamente sbagliata, errata, espressa da Antonello Velardi, il quale ha dichiarato che vedeva il traguardo del Puc a portata di mano e che partendo da questo presupposto, chi lo aveva mandato a casa, avrebbe inflitto, dice lui, un danno alla città.

Al contrario, il Puc di Marcianise, non è affatto a portata di mano, soprattutto con i numeri già risicatissimi del consiglio comunale, ben prima della decisione assunta da Gi.Bi. Valentino, da Francesca Tortora e da Francesco Lampitelli.

In una condizione del genere, di vera e propria guerriglia guerreggiata, questo Puc non sarebbe passato mai, perchè sarebbe stato difficilissimo gestire le tante incompatibilità che avrebbero impedito ad alcuni consiglieri soprattutto di maggioranza, di partecipare al voto e che avrebbe dunque imboccato la strada impervia di un’approvazione a pezzi, per comparti, parziale con esiti a dir poco incerti.

Un Puc si approva coinvolgendo anche la minoranza nel dibattito e accogliendo i suggerimenti dell’opposizione, dato che l’approvazione di un Puc, un tempo PRG, equivale a quella delle riforme costituzionali.

E’ un fatto di tutti, che non può essere imposto con un blitz e a colpi di risicatissime maggioranze.

Ma ripetiamo, su questo e sulla tesi esposta dall’ex sindaco, torneremo a discutere e a scrivere, a partire dall’inizio della prossima settimana.