MONNEZZA & MAZZETTE. Abile mossa di un avvocato e il sindaco imputato Carlo Marino si frega le mani contando già i giorni della prescrizione

7 Giugno 2023 - 20:58

Stamattina altro capitolo della lunga udienza preliminare sulle attività dell’imprenditore-faccendiere Carlo Savoia, che voleva far man bassa delle attività relative ai rifiuti, a partire da Caserta capoluogo, dove l’azienda da lui spinta, si era già provvisoriamente aggiudicata la gara da 116milioni di euro. Con una istanza azzeccata, l’avvocato Mario Griffo ha chiesto e ottenuto dalla gup Anna Tirone l’attivazione della procedura del rito abbreviato condizionato per il suo cliente Michele Oliviero, imprenditore liternese. Il giudice ha disposto al nomina di un Ctu e dunque…

CASERTA (gianluigi guarino) La complessità e la sostanziale eterogeneità dei capi di imputazione del procedimento imperniato sulla figura dell’imprenditore-faccendiere di Sant’Arpino, Carlo Savoia, sta trasformando l’udienza preliminare iniziata, se non andiamo errati da circa un anno, poco meno o poco più, una storia quasi infinita, con il risultato di rendere sempre più rarefatte, situazioni e condizioni giudiziarie degli imputati, tra cui, come è noto, spicca, il nome dell’attuale sindaco di Caserta, Carlo

Marino. Se è vero, infatti, che Carlo Savoia diventa il mastice attorno al quale la Dda si attribuisce la competenza che almeno all’inizio di un’indagine riguarda solo reati di camorra, o connessi con la camorra, è pure vero che Carlo Savoia, protagonista di quasi tutti i capi di imputazione, non riesce a creare quella omogeneità di temi e di strutture narrative, in pratica una connessione tra le varie aree di contestazione. E ciò finisce per aprire la strada a fatti come quelli capitati stamattina a Napoli, nel corso dell’ennesimo capitolo della citata udienza preliminare.

Al riguardo, si era pensato, almeno fino a ieri, ed era una convinzione maturata valutando le mosse del giudice per l’udienza preliminare, che la partita si sarebbe chiusa, con rinvio a giudizio di tutti e/o di una parte degli imputati oppure, ancora, a specchio, col proscioglimento di tutti e/o ugualmente di una parte degli imputati, entro e non oltre il prossimo 13 giugno, seconda data, immediatamente successiva a quella odierna, fissata dal gup per completare tutte le discussioni degli avvocati difensori dei molti imputati, in modo da consentire l’erogazione della decisione entro il giorno di Sant’Antonio, al massimo, entro il 14 o 15 giugno prossimi.

Ma stamattina, una mossa acuta dell’avvocato Mario Griffo, che difende l’imprenditore di Villa Literno Michele Oliviero e l’azienda di quest’ultimo, la Bema srl, ha creato le condizioni per un’ulteriore dilatazione dei tempi.

L’avvocato Griffo, che in questo procedimento rappresenta, sempre da difensore, anche gli interessi di un altro imputato, l’imprenditore di Casapesenna Michele Fontana e della sua Fontedil srl, ha chiesto al giudice l’accesso, per il momento solo per Michele Oliviero e per la Bema, al “rito abbreviato condizionato”.

COS’E’ IL RITO ABBREVIATO CONDIZIONATO

Abbiamo trattato raramente casi riguardanti questo particolare istituto della procedura penale. Per cui, qualche chiarimento di ordine generale va effettuato: non si tratta del molto più usuale rito ordinario, in cui la prova deve essere costituita in dibattimento e in cui, conseguentemente, tutte le risultanze di indagine del pubblico ministero devono essere ri-vagliate ed eventualmente confermate da testimoni chiamati magari a ripetere in udienza, sottoponendosi alle domande di esame dei pm, ma anche a quelle di controesame degli avvocati difensori ed eventualmente a quelle della parte civile, quando questa è costituita. Il tutto dentro ad un perimetro processuale che consente alle difese di presentare una propria lista di testimoni i quali depongono con le stesse modalità di quelli utilizzati per quelli convocati dalla lista presentata dal pubblico ministero e ammessa dal tribunale. Ma il rito abbreviato condizionato non è neppure il rito abbreviato classico, propriamente detto, che consiste in una rapida riconsiderazione, senza iniettare nel processo nessun elemento nuovo, nessuna testimonianza connessi agli atti istruttori del pubblico ministero e agli elementi depositati dalla difesa nel corso delle indagini preliminari o, anche, nel corso dell’udienza preliminare. In poche parole, il tiro abbreviato classico si riduce ad una rapida requisitoria del pubblico ministero, seguita dalle discussioni degli avvocati difensori, da eventuali interventi degli avvocati di parte civile e, facoltativamente, dall’eventuale replica dello stesso pm.

Il rito abbreviato condizionato somiglia, comunque, molto di più, al rito abbreviato classico che al rito ordinario. L’unica differenza con il primo è costituita da un fatto nuovo, un potenziale elemento di valutazione giudiziaria che la difesa chiede venga immesso nel processo. In poche parole, se il gup ammette il rito abbreviato condizionato, consente alla difesa di aggiungere qualcosa di nuovo, di non noto, o di non approfondito o al limite finanche non affrontato, non esplorato dalla pubblica accusa durante la fase delle indagini. In caso contrario, cioè se la sua richiesta di iniettare questo fatto nuovo dentro alla procedura di un abbreviato riceverà il diniego del giudice, la difesa rinuncerà alla sua istanza e incanalerà il destino processuale del proprio cliente dentro al rito ordinario.

Stamattina è successo che il gup, un po’ a sorpresa, ha detto sì alla richiesta di Mario Griffo e, conseguentemente, ha disposto la nomina di un Ctu, cioè di un consulente del tribunale, che dovrà vagliare la caratterizzazione fisica dei rifiuti sversati dietro al cimitero di Curti e che, in sostanza, costituiscono la base dell’accusa formulata nei confronti di Michele Oliviero e della Bema srl che avrebbero violato l’articolo 452 quaterdecies, (traffico illecito di rifiuti) in concorso (articolo 110 cp) con il già citato Michele Fontana, naturalmente insieme all’immancabile Carlo Savoia, con Igino Faiella, al tempo comandante dei vigili urbani di Curti, con Salvatore Merola, anche lui vigile urbano nello stesso comune, con Angelo Egisto, vecchia conoscenza di Casertace, in quanto titolare del famoso fondo, terreno prospiciente alla zona industriale di Marcianise, dove per anni ha insistito la Lea srl, (stoccaggio dei rifiuti), per la quale, dopo averle concesso di tutto e di più, il prode Antonello Velardi, in quel tempo sindaco di Marcianise, mise in piedi una sorta di circo estivo, attraverso un presidio con tanto di ombrelloni, sedie a sdraio, melonate e rutti liberi a go go.

Il capo d’accusa contrassegnato nell’ordinanza emessa ed eseguita nel 2021, con la lettera I, disegna il quadro di una sorta di organizzazione che muoverebbe quantità ingentissime di rifiuti urbani (1100 tonnellate), tra i quali vanno annoverati, ricorrendo alla classificazione del Codice europeo dei rifiuti, o Cer che dir si voglia, contrassegnati con il codice Cer 20 00 00, quelli prodotti da rifiuti domestici e assimilabili prodotti da attività commerciali o industriali, nonché dalle istituzioni, inclusi i rifiuti della raccolta differenziata (rifiuti urbani), in un’area di discarica, come già detto prospiciente al cimitero di Curti, attribuendo, sempre secondo l’accusa, a questa tipologia di rifiuto effettivamente sversato, codici di comodo, precisamente il Cer 17 00 00 (rifiuti delle costruzioni o demolizioni compreso il terreno proveniente da siti contaminati) e il Cer 19 00 00 , ovvero, potremmo definirli così, i “rifiuti dei rifiuti”, in quanto il codice appena citato li definisce testualmente “i rifiuti prodotti da impianti di smaltimento dei rifiuti o impianti di trattamento delle acque reflue”.

Ora, il Ctu dovrà mettersi al lavoro per verificare l’esatta natura di quella “munnezza”, per poi rendicontare il tutto al giudice, il quale ha compreso già oggi che la sua decisione porterà alla modifica del calendario prestabilito. Ed è per questo motivo che ha deciso che mercoledì prossimo, 13 giugno, dovranno concludersi tutte le discussioni degli avvocati difensori degli imputati non implicati nella vicenda specifica di Curti, costituita, quest’ultima, da due capi di imputazione, sui 9 complessivi dell’ordinanza. A quel punto, presumibilmente, il gup, dopo essersi consultato con il Ctu, stabilirà una nuova data che potrebbe essere scelta tra i giorni di metà luglio, ma a questo punto anche tra quelli dell’ultima decade di settembre, cioè alla ripresa dell’attività dopo la lunga e tradizionale “feriale”, acquisendo in quell’occasione le risultanze del lavoro periziale. Va sottolineato, però, che se l’esito dell’attività del Ctu dovesse convincere il gup ad attivare il processo con rito abbreviato, dunque con acquisizione agli atti degli elementi nuovi costituiti dalla perizia del Ctu, gli avvocati difensori degli altri imputati del capo I potrebbero chiedere a loro volta, l’accesso al rito abbreviato, essendosi modificata la condizione di partenza costituita dalle strutture relative ai mezzi di prova, presentati dall’accusa e dalla difesa, con la conseguenza di una valutazione nuova e soprattutto relativamente alla strategia processuale da adottare. E magari questo potrebe anche comportare un’ulteriore coda, forse un’altra udienza ancora, che però, dopo la feriale, seguirebbe comunque di pochi giorni quella che sarà quasi sicuramente aggiunta al calendario che ad oggi arrivava fino alla data del 13 giugno.

Naturalmente i vari Carlo Marino, Marcello Iovino, Pippo D’Auria, Pasquale Vitale, l’aversano Paolo Galluccio, oltre, a Carlo Savoia e ai suo dipendenti Cardone, Scamardella, ecc., potranno usufruire di almeno un altro paio di mesi, magari arrivando ai primissimi giorni di ottobre, prima di incassare il prevedibile rinvio a giudizio. Il che pure utile è, naturalmente per tutti questi qua, visto e considerato che, nonostante si tratti di un’indagine della Direzione distrettuale antimafia, questa ha formulato solo richieste di rinvio a giudizio per reati ordinari, non accompagnati dall’aggravante costituita dall’articolo 416 bis comma 1, fino a qualche tempo fa art. 7 della legge 152 del 1991. Ad esempio a Carlo Marino viene contestata la turbativa d’asta in concorso, per la mega gara da 116 milioni di euro, che il Comune di Caserta aveva già provvisoriamente attribuito alla Energetikambiente, soistenuta da Carlo Savoia e perorata da Pasquale Vitale. E, trattandosi di reati ordinari, seppur gravi, questi sono sottoposti alla discriminante temporale della prescrizione, che poi andremo a calcolare con calma. Ciò sarà doveroso fare anche in funzione dell’applicazione di una eventuale sanzione, o di un’eventuale misura cautelare di tipo amministrativo, visto e considerato che l’articolo 353 bis, cioè la turbativa d’asta contestata a Carlo Marino, non è compresa nell’elenco dei reati per i quali la legge Severino prevede la sospensione dalla carica elettiva ricoperta da sindaci ed altri amministratori locali, dunque anche il presidente della Provincia, gli assessori comunali e provinciali ed i consiglieri parimenti comunali e provinciali.

CARLO MARINO RISCHIA POCO E NULLA PER LE “SCEMENZE” DELLA LEGGE SEVERINO

Che dire, da quando teniamo davanti a noi, fisso il post it di questa legge, datata 31 dicembre 2012, abbiamo reso ancor più forte, se non addirittura granitica, la nostra convinzione relativa alla stupidità e dell’incompetenza, per noi ormai conclamate, che ammorbano gli uffici legislativi dei ministeri, del Parlamento, non ne parliamo poi neppure di quello che succede nelle aule parlamentari e delle commissioni. Perché la signora Severino sarà anche un grande avvocato, ma nella stesura della sua legge non l’ha dimostrato affatto. Al contrario, anche uno studente del primo anno di Giurisprudenza, appena avveduto, si rende conto che la formulazione di alcuni articoli, soprattutto il combinato tra l’articolo 11 e l’articolo 10 comma 1 lettere a, b, c, un concentrato di illogicità e di incompetenza. La signora Severino dovrebbe, al riguardo, spiegare per quale motivo il peculato barra peculato d’uso barra peculato mediante profitto dell’errore altrui, l’indebita percezione di denaro o di altre cose mobili, la concussione, la corruzione variamente connotata dagli articoli che vanno dal 318 al 322 del codice penale e poi, ancora, l’abuso d’ufficio, l’indebito profitto patrimoniale, l’interruzione di un servizio pubblico costituiscono reati tanto caratterizzati sulla pubblica amministrazione da determinare una sospensione cautelare già dopo una qualsiasi condanna di primo grado, in effetti la definizione precisa è quella di “condanna non passata in giudicato”, anche inferiore ai due anni, pena quest’ultima che conta, invece, per le sospensioni relative agli altri reati (ma solo dopo un verdetto di secondo grado, cioè della Corte di Appello), mentre non fanno parte di questo gruppo, cioè, ripetiamo, di quelli che comportano la sospensione già per effetto di una condanna di primo grado, il reato di turbativa d’asta, ai sensi dell’articolo 353 e/o 353 bis, quest’ultimo relativo a gara d’appalto costruita su misura per un vincitore già deciso a monte, come nel caso del capo di imputazione di Carlo Marino, ma anche i reati di falso materiale e falso ideologico, che esistono in quanto esiste almeno un pubblico ufficiale, un componente della pubblica amministrazione elettiva o non elettiva che lo compie, a prescindere da eventuali concorrenti (articolo 110) che possono anche non appartenere alla pubblica amministrazione.

Ed è per questa follia della Severino che Carlo Marino potrà attendere eventualmente con la massima tranquillità l’arrivo della prescrizione, visto che, ammesso e non concesso, fosse condannato in primo grado ad una qualsiasi pena, non scatterebbe per lui, per i motivi appena detti, la sospensione dalla carica, che poi comporterebbe, di fatto, anche un’incandidabilità, visto e considerato che uno non si va a candidare, ad esempio a presidente della Provincia o a consigliere regionale, sapendo di avere una condanna in primo grado che renderà immediata la sua sospensione. E sempre per questa follia della Severino, oggi, in questi giorni, in questo tempo, può altresì continuare a ricoprire la carica di sindaco di Casapesenna Marcello De Rosa, condannato circa un mese fa a tre anni di reclusione, per falso materiale, cioè per aver confezionato, in concorso con altri, un documento ufficiale farlocco riguardante la conformazione nominale del plenum del consiglio comunale di Casapesenna, cioè per aver falsificato il documento delle dimissioni in realtà mai presentate, fino ad allora, del consigliere comunale in carica Cilindro il quale, dopo aver denunciato il sindaco De Rosa, ha deciso di mollare il suo seggio, letteralmente schiacciato dalle pressioni che in un posto come Casapesenna sono pressioni che si declinano con la p maiuscola.

Questa è l’Italia e così ce la dobbiamo tenere.